Nel pieno del boom economico cambiò la società tutta in tutta Europa; i giovani di varie parti del vecchio continente vengono ritratti mentre gozzovigliano brindando alla vita e si divertono sotto svariate forme.
Chissà cosa direbbe oggi il matematico e filosofo Bertrand Russell riflettendo sul mondo di questi ultimi anni. E’ proprio lui ad aprire, in mezzo a un simposio di giovani, la terza fatica di Paolo Cavara, I malamondo. Russel sostiene che la società non ha mai vissuto un periodo tanto buio come quello allora attuale.
Con queste premesse Cavara delinea questa pellicola dal titolo molto orientato ai mondo movies ma che di fatto è opportuno annoverare fra i film di inchiesta. Sono analizzati i costumi per lo più bizzarri dei giovani europei di 20-30 anni nati sotto il segno della ripresa economica post bellica. Quindi un mondo fatto di opportunità, libertà, ricchezza, forse illusione di divertirsi per sempre, dopo i vent’anni di tormento precedente.
Cavara firma il suo primo lungometraggio in solitaria dopo Mondo cane e La donna nel mondo [concepiti con Jacopetti e Properi e finanziati da Angelo Rizzoli]. Particolare la sua carriera: fedele
alla linea fino alla fine nel filone B [e sia detto ancora una volta con rispetto], ha poi flirtato con il giallo, il western, il documentario per poi terminare con la televisione.
I malamondo venne prodotto dalla notissima Titanus, musicato da sua maestà Ennio Morricone e gode della voce narrante di Riccardo Cucciolla. Da sottolineare come il montaggio sia del tutto cinematografico; Cavara rifugge l’anelito al finto documentario senza prendere in giro il pubblico per reinterpretare, mettere in scena fatti forse reali. Lontanissimo da certi shockumentary dell’epoca, qui siamo dalle parti dell’indagine sociologica e si descrive con disincanto e senza giudizio una generazione di giovani che non hanno ancora voglia di prendere in mano seriamente la vita. Costoro si concedono alle stranezze dell’istinto, ma il regista pare porre un’ideale mano sulla loro spalla, compartecipando alle loro libido. Insomma questi tardo-adolescenti che sfidano la morte e non hanno ancora imparato a sfidare la vita, vanno accolti, non per forza capiti, ma accolti.
Si va dunque a perlustrare un “poppy day” degli studenti di Cambridge tutti mezzi nudi, degli artisti francesi in un’orgia intellettuale, delle cliniche motivazionali il cui personale è fatto di donne in abiti discinti, degli scapestrati che si contendono le grazie di una commessa tramite una gara in motocicletta, lo sfregio inferto in faccia ai novizi dell’università tedesca di Heidelberg.
Vi è spazio anche per l’Italia: Adriano Celentano, con membri del suo clan tra cui Don Backy, arringa un’improvvisata platea con la canzone “Sabato triste”, oppure un bagno nel mare di operai di una fabbrica romagnola, scena che ricorda certa corte dei miracoli di felliniana memoria.
Cavara convince, non incanta, ma compie un’operazione onesta, accattivante, pruriginosa senza volgarità e voyeurismo puro. Il suo lavoro non sembra troppo distante da certi documentari televisivi degli anni ’50 e ’60, con la differenza che in questo caso sono le cose strane ad essere proposte e non quelle che vanno per la maggiore.
I malamondo procede a buon ritmo con la canonica scansione in capitoli brevi; certa tensione, pur creata ad arte, appare dallo schermo con potenza e l’autenticità viene sacrificata alla voglia di rendicontare che cosa accadeva allora in certe parti del mondo. Senza voler stupire a tutti i costi, magari anche per informare.
Nella moralista Italia di 50 anni fa il film fu inizialmente ritirato per poi essere ridato al pubblico.
Oggi lo stesso è fruibile grazie al DVD edito alla fine del 2011 dalla 01 Home entertainment con la distribuzione di Rai cinema.
Alessio Bacchetta
Regia: Paolo Cavara
Anno: 1964
Distribuzione: 01distribution [www.01distribution.it]
Video: 1,85:1 letter box
Audio: 1.0 dolby digital italiano
Extra: /