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IL CIGNO NERO di Darren Aronofsky

Thomas Leroy [Vincent Cassel], direttore artistico e coreografo della compagnia di balletto classico della città di New York, decide di mettere in cantiere, per la stagione teatrale successiva, una rivisitazione de Il lago dei cigni.

Il primo passo da compiere sarà quello di rimpiazzare la prima ballerina Beth Macintyre [Winona Ryder], ormai troppo in là con gli anni per poter ricoprire il ruolo di protagonista. Leroy vuol proporre una versione molto personale del balletto e, per fare questo, ha bisogno di una danzatrice che riesca ad interpretare i due personaggi principali: il Cigno Bianco, [Odette], candida e pura ragazza trasformata in uccello da un incantesimo, che potrà ritrovare la sua forma originaria solo dopo aver incontrato il vero amore, e la sua gemella cattiva, il Cigno Nero [Odile], che ne rappresenta l’esatta antitesi, nel rappresentare senza pudori sensualità, spregiudicatezza e oscurità.

Nina [Natalie Portman] è la candidata ideale a ricoprire il ruolo di prima ballerina della compagnia, tanto grandi sono il suo impegno e la sua determinazione, ma sembra che Il lago dei cigni riesca a crearle seri problemi interpretativi.

Nina è una ragazza realmente pura, acqua e sapone, fin troppo seria e posata; sembra essere nata appositamente per interpretare il personaggio di Odette, il Cigno Bianco, ma proprio questa sua reale somiglianza al primo, la mette in condizione di non riuscire a calzare i panni dell’altro Cigno.

In questo momento entra in gioco una seconda danzatrice, Lily, personificazione di Odile, il Cigno Nero, e, quindi, cosciente del suo lato oscuro e padrona della propria sessualità.

Come è prevedibile, tra le due ballerine nascerà un legame morboso, che le porterà a completare il cammino di ricerca del proprio ruolo [nella vita e nella compagnia], rimodellando, in maniera definitiva, l’idea del proprio “Io”.

Il cigno nero è un thriller psicologico a tinte forti, che Aronofsky decide di costruire, ancora una volta [dopo il drammatico The wrestler del 2008], attorno alla figura di un atleta. Una danzatrice, stavolta, ma sempre un corpo performante, qualcuno che vive la propria fisicità in maniera extra-quotidiana, in qualche modo “estremizzandola”. E proprio il vivere in modo estremo il rapporto con la propria fisicità è la linea guida di tutto il film, anche volendo tralasciare il fatto che la protagonista sia profondamente legata al mondo della danza [assieme a tutto il mondo che le ruota attorno, e che sembra non accorgersi di vivere in una coreografia che è lo specchio de Il lago dei cigni].

Nina è una persona sola, insicura, che nasconde l’odio verso sé stessa proprio dentro l’estrema dedizione nutrita per la danza. La ragazza continua a vivere un’adolescenza mai conclusa, all’ombra di una madre ossessiva e depressa, che la opprime soffocandola con un mix di troppo amore e senso di colpa.

Ma la cosa che la rende più insicura, e che più la allontana da Odile, è il fatto di aver rinunciato totalmente alla propria sessualità. Nina vive rintanata dentro sé stessa, completamente ostile al contatto con l’Altro. Ma la sua fisicità si ribella alla censura di una mente plagiata: la sua vendetta è sottile, s’incarna in una bellezza che non può prescindere dal ri-conoscere la propria sensualità. Una bellezza che la giovane cerca di tenere a bada con le continue “graffianti” torture auto-inflitte fin dalla tenera età.

Il sangue [reale e immaginato] che fuoriesce dalle ferite è eros che spinge per uscire da un corpo prigione, linfa corporea che scorre, fuori, calda e rossa.

Ma Il cigno nero è anche il racconto della trasformazione del “corpo-Nina”, che lotta per trascendere da Odette e mutare in Odile; per fare questo il Cigno Bianco dovrà avvicinarsi alla rivale, amarla, dopo averla accettata e, soprattutto, riuscire a liberarsi dai freni inibitori che tengono imprigionato il suo corpo e che sono stati, sinora, i pilastri su cui costruire un’identità pubblica e privata.

Superare i propri limiti, “liberarsi da sé stessa” [come le consiglia di fare il coreografo interpretato dal sempre efficace Cassel], scoprire la propria sessualità [e abbandonarsi ad essa con fiducia], porterà Nina a trasformarsi nell’agognato Cigno Nero ma, parallelamente, anche a percorrere un cammino impervio che potrebbe portarla a perdersi per sempre nel buio di quelle piume.

Aronofsky si diverte a giocare con la parziale a-temporalità del suo film, ingannando pubblico e personaggi con un’intricata ragnatela di fatti reali e onirici, tutti legati all’ossessiva importanza rivestita dall’apparire: Il cigno nero è un monumento al doppio, vissuto alla maniera dei grandi gotici italiani con Barbara Steele, alla metà malvagia che può liberarsi, pretendere una fisicità a sé stante e muoversi autonomamente di specchio in specchio [ossessione dei danzatori e per questo terra florida per lo spettro di Odile].

Il cigno nero sembra, in questi momenti, scegliere di sdoppiarsi in film horror, citando il Genere anche nelle oniriche sequenze della trasformazione di Nina in Cigno Nero, che sembrano citare le più famose sequenze di mutazione dei film licantropici.

Il cigno nero è un film complesso, metafora spinosa del periodo liminale e spietato della costruzione di una propria identità personale, ma anche sogno nel sogno, meta-cinema: realtà e coreografia sono palesemente due facce della stessa medaglia, e non resta che abbandonarsi alla perfetta coreografia di attrice e macchina da presa.

Luca Ruocco

Regia: Darren Aronofsky

Con: Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Barbara Hershey, Winona Ryder

Anno: 2010

Uscita in sala in Italia: venerdì 18 febbraio 2011

Sceneggiatura: Darren Aronofsky, Mark Heyman, John McLayghlin

Produzione: Cross Creek Pictures, Phoenix Pictures, Protozoa Pictures

Distribuzione: 20th Century Fox

InGenere Cinema

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