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DELLAMORTE DELLAMORE di Michele Soavi

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Dellamorte Dellamore [1994] è un gran film, uno tra i migliori titoli di Genere prodotti in Italia negli ultimi trent’anni e, di certo, quello che è riuscito meglio ad ibridare, all’interno di una storia tipicamente horror, elementi d’assurdo e toni da commedia.

Il film, per la regia di Michele Soavi e la sceneggiatura di Gianni Romoli, è l’adattamento di un romanzo di Tiziano Sclavi, e viene presentato in patria con un blando, ma incisivo, riferimento in locandina: “dal romanzo di Tiziano Sclavi, l’autore di Dylan Dog”. A questa frase di lancio, però, faceva seguito la tangibilissima foto di Rupert Everett [nei panni di Francesco Dellamorte], con giacca nera, camicia e pistola infilata nei pantaloni. Insomma, a un Dylan Dog citato in testa al cartellone, faceva eco il Dylan Dog in carne e ossa che guardava di sbieco lo spettatore, ed ecco partire l’erroneo 1+1.

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Dellamorte Dellamore non ebbe il successo che meritava, vuoi, appunto, perché gli appassionati del fumetto di Sclavi si presentavano in sala credendo di trovarsi ad un incontro galante con l’indagatore dell’incubo, vuoi proprio perché questa operazione di ibridare l’horror con la commedia lasciava stranito il pubblico. A questo va aggiunto un nonsense e uno humour tipicamente sclaviano che permea il film come il romanzo, grazie al rispettoso adattamento di Romoli che, pur modificando l’impianto narrativo con un taglia e cuci molto libero e personale, riesce a ricostruire una storia perfettamente in linea con quella originale.

Quelli che, in partenza, sarebbero dovuti diventare i suoi punti di forza, insomma, si rivelarono, purtroppo, dei punti di rottura con un pubblico impreparato. Dico purtroppo perché, come spesso accade, non si riesce ad essere profeti in patria, e Michele Soavi pagò lo scotto di aver voluto firmare un film troppo avanti, rispetto ad un pubblico, quello italiano, che stava già disimparando [se non lo aveva già fatto] a digerire i film di Genere, figurarsi se gli veniva proposta la via dell’ibridazione e del nonsense!

Il romanzo di Tiziano Sclavi, in realtà, qualcosa a che fare con Dylan Dog lo aveva. Oltre che essere farcito con la stessa cupa ironia, tipica del suo autore, infatti, Francesco Dellamorte era stato, in qualche modo, un avo di Dylan, in quanto rappresentava la prima proposta di fumetto horror che Sclavi aveva presentato all’editore Bonelli. Insomma è proprio dalle pagine di Dellamorte Dellamore che, successivamente, vedrà la luce l’indagatore dell’incubo, che si rivelerà un fenomeno di costume.

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Guardiano del cimitero di Buffalora, Francesco Dellamorte si trova a dover vegliare, assieme al suo assistente Gnaghi, su una strana epidemia, un virus o qualcosa di simile, che fa ritornare i morti in vita, a qualche giorno dal decesso. Stando così a stretto contatto con la morte, però, Francesco inizia a domandarsi se ci siano reali differenze tra i suoi “ritornanti” e gli altri abitanti di Buffalora, i vivi, da cui si è sempre tenuto debitamente a distanza. Il suo carattere solitario e la difficoltà che da sempre ha caratterizzato il suo rapporto con il mondo femminile lo porta a metabolizzare un senso di insofferenza verso il mondo esterno, fino a scoprire, in un finale [quello cinematografico] che ha del poetico, che il resto del mondo non esiste o che, per lo meno, ha smesso di esistere per lui.

Non dimentichiamo che in Dellamorte Dellamore, su idea del regista Soavi e grazie alla mano dell’effettista Sergio Stivaletti, si lavorerà anche per modificare l’ideale classico di morto vivente: i “ritornanti” di Soavi sono degli strani ibridi cadavere/pianta [intarsiati di radici di mandragora], non hanno sangue, e le pallottole fanno fuoriuscire dalle loro teste solo sabbia. In più parlano e dimostrano di avere senso dell’umorismo.

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Un prodotto atipico, insomma, quello di Michele Soavi che, cospargo il capo di cenere, inizialmente ingannò anche me, che me ne innamorai anni dopo, in una visione notturna, televisiva.

Mi sono spesso interrogato sul perché capiti di cambiare radicalmente idea rispetto ad un film [o ad un autore] e, probabilmente, le interviste contenute nell’edizione DVD e Blu-Ray di Dellamorte Dellamore distribuita da CG Home Video per la collana CineKult, curata da Manlio Gomarasca, può avermi schiarito le idee. Il film di Soavi è stato costruito, assieme a Romoli, come una metafora dell’adolescenza [il protagonista vive nel suo personalissimo mondo e rifiuta di entrare in contatto con “l’altro”, rimanda al periodo dell’adolescenza persino il suo conflittuale rapporto con le donne e il suo essere innamorato dell’Amore, il suo ricorrere una giunonica ed inesistente donna, che in realtà è un ideale]. Nel 1994, coi miei tredici anni, probabilmente guardare il film poteva essere, inconsciamente, come mirarsi in uno specchio deformante.

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Il doppio DVD distribuito da CG Home Video è un pezzo da collezione, perché ad accompagnare il film ci sono più di cinque ore di contenuti speciali, che vanno da due serie di interviste a regista e crew per ricostruire le dinamiche che portarono alla realizzazione di Dellamorte Dellamore [Conversando Dellamore e Conversando Dellamorte], per poi allargare il discorso con interventi su Tiziano Sclavi e sul suo Dylan Dog. Completano il tutto una retrospettiva sul Dylan Dog Horror Fest, storico festival horror milanese purtroppo defunto, e un lungo estratto di interventi e ospiti del suddetto. Senza dimenticare un making of del film. Un’edizione definitiva, per un film da riscoprire.

Luca Ruocco

 

Regia: Michele Soavi

Con: Rupert Everett, Anna Falchi, Francois Hadji-Lazaro

Anno: 1994

Durata: 105’

Formato: 16:9 – 1.85:1

Audio: Italiano Dolby Digital 2.0

Distribuzione: CG Home Video – CineKult [www.cghv.it]

Extra: Conversando Dellamore [interviste a Michele Soavi, Gianni Romoli, Tilde Corsi, Barbara Cupisti], Conversando Dellamorte [interviste a Michele Soavi, Gianni Romoli, Tilde Corsi, Antonello Geleng, Sergio Stivaletti], Galleria foto, Tiziano Sclavi raccontato da Luca Crovi, Quel fenomeno di Dylan Dog, Dylan Dog Horror Fest – Una retrospettiva [interviste a Stefano Marzorati, Sergio Bonelli, Maurizio Colombo], Dylan Dog Horror Fest On Stage, Making of

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