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ULTRACORPO di Michele Pastrello

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Lo scorso 3 Giugno, era stato presentato, in concorso al Fantasy Horror Award di Orvieto, Ultracorpo di Michele Pastrello [32, 2008]. Ieri, 15 Giugno, in occasione della penultima giornata del Fantafestival, il mediometraggio è stato nuovamente proiettato, dimostrando ancora una volta che Pastrello ha stoffa da vendere.

Ultracorpo, che rimanda al celebre L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel, del 1959, è un lavoro assolutamente stimabile, meritevole, perciò degno dei buoni riscontri che sta suscitando.

Si tratta di un thriller psicologico travolgente, di quelli che vanno fino in fondo, con l’obiettivo mirato di studiare la personalità non di chi, a detta della società, è diverso, ma proprio di chi, nella routine quotidiana e nell’andazzo generale, viene definito normale, e perciò compatibile con i comportamenti che lo stato delle cose ci indicano come ordinarie.

Ma come nasce l’omofobia? La paura del diverso, di colui che le classiche regole di comportamento le smonta, per vivere secondo le proprie scelte, è tipica dei nostri tempi, e così ingombrante da essere sottaciuta per secoli. Anche Umberto [Diego Pagotto], come tanti al mondo, ha paura di rapportarsi all’altro, e quando gli viene chiesto di andare a riparare il lavandino di un ragazzo [Felice C. Ferrara]probabilmente omosessuale, ha come un fremito di timore. Ma può racimolare qualcosa, quindi sempre meglio non farsi vincere dalle emozioni e dai tabù. Lui, che non ha una ragazza, con la quale sfogare i propri istinti sessuali, trascorre molta parte delle sue serate in compagnia di una prostituta, o masturbandosi davanti ad un canale porno. La sorte, e insieme la volontà dell’omosessuale dagli occhi magnetici e molto espressivi, di rivedere Umberto, fanno in modo che, dopo quel primo incontro, fatto di sguardi timidi e imbarazzanti, avances e pianti disperati, ci sia un approccio, stavolta più diretto. Ma il contagio che è avvenuto, e da allora Umberto è sconvolto. L’attrazione non si lascia esiliare, e il giovane non può fare a meno di rivestire i panni da idraulico, e attraversare quel lungo corridoio, dove poster, foto, oggetti e immagini di ogni tipo rimandano alla minaccia degli ultracorpi. Tanto farà subito, e non verrà importunato, o almeno così spera.

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Umberto è vittima di un’educazione rigida, che si proietta spesso nella sua mente, attraverso un campo d’erba, che rappresenta la fuga verso la libertà, e una madre scalpitante che lo richiama ai suoi ordini. Ma se Umberto ha già scardinato le regole, ad esempio finanziando il mercato della prostituzione, perché prova tanta paura immaginandosi nel mezzo di un rapporto omosessuale? Non certo per la specifica indole sessuale sua o dell’altro, ma per puro pregiudizio, il male dei mali. Umberto soffre di un blocco psichico notevole. 

Se ha già sgarrato, non può certo aumentare la dose, generando deviazioni, sconvolgendo così anche le “regole sessuali”. Bombardanti sono le notizie alla radio delle violenze perpetuate dai soliti bulli in città, e anziché avere paura di questi delinquenti, la gente ha paura delle loro vittime. È un mondo al contrario.

A fare da cornice alla storia, strade buie lievemente illuminate, isolate e silenziose, che rendono bene l’apatia che vive il protagonista.  Pastrello fa uscire davvero una bell’anima dal film, accostando l’horror ad una introspezione psicologica per certi tratti aliena, che è bene tratteggiata nella sceneggiatura. Il finale, poi, provoca lo sbottare della rabbia di Umberto, che si macchia di un atto violento nei confronti del quale non ha colpe. Dopotutto, era andato solo a riparare un lavandino.

Il corpo di Ferrara, bravissimo nel suo ruolo, magrissimo e maltrattato alla schiena, chiude il tutto, lasciando spazio solo alla riflessione.

Gilda Signoretti

 

Regia: Michele Pastrello

Con: Diego Pagotto, Felice C. Ferrara

Sceneggiatura: Michele Pastrello

Produzione: Michele Pastrello

Anno: 2010

Durata: 29’

Trailer:

InGenere Cinema

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