Il dottor Kruger [Aurélien Recoing] dirige una clinica davvero sui generis, ubicata in luogo isolato, fra montagne innevate ed estese zone boschive. La cosa che rende speciale l’istituto è che, contrariamente alla media delle cliniche, la gente si rivolge a Kruger, chiedendo di poter usufruire dei servizi della sua struttura sanitaria, non per guarire, bensì per abbandonare questa vista, con tutti i confort del caso, con dignità, come ama ripetere il medico.
Malati terminali con aspirazione al suicidio che non riescono a compiere il passo decisivo, per non arrendersi ad una fine triste e indecorosa, richiedono, attraverso una video-confessione, la possibilità di recarsi in clinica. Una volta lì, dopo aver attraversato un percorso di visite specializzate e psicologiche [per chiarire la reale entità della malattia che si dichiara di avere e per ben scandagliare la sanità mentale del paziente e la fermezza della sua scelta], ci si potrà affrancare dolcemente dalle sofferenze della vita: un ultimo gaudente desiderio e il “bicchiere d’acqua” [debitamente corretto con un veleno mortale].
Tutto trascorre nella più assoluta armonia, e i pazienti del dottor Kruger sono più che soddisfatti dell’aiuto che lo staff medico mette a loro disposizione per riuscire ad affrontare la morte con coscienza e amor proprio. Ma qualcosa inizia ad incrinarsi: un suicidio di un paziente tutt’altro che malato, fulmine a ciel sereno che scardina l’equilibrio che Kruger era riuscito a creare nella sua mortifera dimora, sembra coincidere, stranamente, con la ribellione armata degli abitanti del centro urbano che circonda la clinica, che sopportano davvero mal volentieri la presenza della struttura, e con la successiva perdita di ogni freno inibitorio dei suoi improbabili pazienti.
Kill me please, secondo film del regista Olias Barco [Snowboarder, 2007], è una commedia dai toni marcatamente neri, cupi, che ha il coraggio innanzitutto di affrontare un tema davvero non facile, e ancora meno commerciale, come quello della morte assistita e, in secondo luogo, perché per farlo decide di utilizzare le carte del grottesco, trasformando la commedia in dramma e il dramma in nonsense surreale.
Olias Barco dirige Kill me please nella più totale indipendenza e con una crew davvero ridotta al minimo, ma riesce comunque a confezionare un’opera d’eccezione, filmata in un bianco e nero ossessionante quanto il lusso che, in ogni angolo della villa, fa mostra di sé, posticcio, a guarnire la macabra torta che la Nera Signora consuma con gli invitati all’ultimo banchetto.
La regia è fredda e realistica, tutta puntata sull’utilizzo della camera in movimento, i cui piccoli sussulti, il continuo traballare, supportano perfettamente il bianco e nero, nell’opera di straniamento.
L’uso della violenza, notevolmente presente, è inaspettatamente funzionale allo stravolgimento del regime del film: tagliente e macabra, tutt’altro che compiaciuta e vezzosa, sterza con forza il volante, facendo per molti versi dimenticare la vena umoristica che percorre l’intera opera. Inquinandone l’indole, marchiando a fuoco i corpi degli attori, oscurando ancora di più la visuale e accrescendo il valore di un film anomalo, incontrollabile.
Kill me please, vincitore del Marc’Aurelio d’oro durante l’ultima edizione del Festival del Cinema di Roma, è appena entrato nel catalogo home video della CG.
Luca Ruocco
Regia: Olias Barco
Con: Aurélien Recoing, Virgile Bramly, Daniel Cohen, Virginie Efira, Bouli Lanners
Durata: 90’
Formato: 16:9 – 1.85:1
Audio: Italiano Dolby Digital 2.0, Originale Dolby Digital 2.0
Distribuzione: CG Home Video [www.cghv.it]
Extra: Trailer