Un ex criminale, inserito nel programma federale di protezione testimoni, è stato collocato in Sud America. Dopo che il luogo in cui si è rifugiato è stato identificato e distrutto, l’uomo è costretto a darsi alla fuga insieme a un giovane agente della CIA che ha il compito di proteggerlo. A giudicare dal plot, Safe House – Nessuno è al sicuro non lascia presagire nulla di nuovo e di originale sul fronte della storia narrata, dei fatti che la compongono e dei personaggi che la vanno ad animare. Così il rischio di inciampare sull’ennesima pellicola di spionaggio e controspionaggio, nata sotto il segno dell’Intelligence a stelle e strisce, che tanta carne al fuoco ha messo a disposizione del cinema d’Oltreoceano negli anni passati e, soprattutto, nell’ultima tragica decade segnata dalla psicosi post-11 settembre e dall’ombra sempre più minacciosa del terrorismo mediorientale, è costantemente dietro l’angolo. In tal senso, l’enorme mole di titoli partoriti da Hollywood, non sempre meritevoli di attenzione, possono servire da campanello d’allarme. Ma non è il caso del quarto film diretto da Daniel Espinosa, svedese classe 1977, che in barba a qualsiasi sfavorevole pronostico porta sullo schermo un solido, coinvolgente e adrenalinico action-thriller vestito per l’occasione da spy story.
Alla sua prima esperienza nordamericana, dopo tre apprezzabili performance dietro la macchina da presa in madre patria, Espinosaregala alla platea una combinazione ben assortita di forma e contenuto che si riversa sul grande schermo per la gioia degli occhi e delle orecchie degli amanti del cinema di genere e non solo. Il tutto reso possibile dallo script di David Guggenheim, al quale va riconosciuto il merito di aver affiancato alla massiccia dose di azione, altrettante scene che spezzano l’accumulo cinetico e fanno rifiatare lo spettatore di turno. Un lusso che la stragrande maggioranza degli sceneggiatori, che affidano i propri copioni a registi come Micheal Bay, Tony Scott o Simon West, non concedono praticamente mai. Al contrario, quello offerto da Guggenheim a Espinosa è un approccio alla componente dinamica della storia, fondato su un equilibrio piuttosto raro nei titoli appartenenti al suddetto filone.
Per chiarire: in Safe House non sono tanto le evoluzioni o gli snodi narrativi a sorprendere, né tanto meno lo spessore drammaturgico del plot, quanto la capacità della scrittura di giocare con i piani temporali, di cambiare repentinamente il registro e il genere o quello di passare in un battito di ciglia dalla stasi all’azione. Questo indubbiamente ha messo nelle condizioni Espinosa di realizzare un film con il piede piantato sull’acceleratore, capace di far coesistere scene dal ritmo frenetico e tachicardico a decelerazioni dove è la tensione a tenere incollate le persone alla poltrona.
A giovarne è in primis il regista che dimostra di saper dirigere gli attori anche quando ai fatti si sostituiscono le parole. La coppia Washington–Reynolds fa scintille nelle parti dialogiche quanto in quelle dinamiche, riportando alla mente l’ottimo sodalizio che vide protagonista lo stesso attore afroamericano con Ethan Hawke nel folgorante Training Day di Antoine Fuqua.
Lo forza dello script risiede proprio in questa attenzione rivolta non solo all’azione, ma soprattutto alla costruzione dei personaggi e alle dinamiche interne che si vanno via via manifestando, in un’infinita caccia all’uomo che sovverte e ribalta le parti in campo.
Il cast viene messo nelle condizioni di interpretare ruoli credibili, che si evolvono, animati da spiriti e atteggiamenti cangianti. Non appaiono mai burattini e corpi gettati nella baraonda caotica per portare avanti la narrazione. Quando, invece, dalle parole si ritorna nuovamente ai fatti, il campionario messo in vetrina da Safe House attraverso il lavoro tecnico-stilistico di Espinosa è davvero notevole, con una mezza dozzina di scene dall’alto tasso spettacolare che da sole valgono il prezzo del biglietto: dall’inseguimento tra la folla di manifestanti in quel di Johannesburg a quello tra i tetti delle baracche della bidonville di Llosa, dalla sparatoria nello stadio di Città del Capo, all’efficacissimo inseguimento automobilistico sulla superstrada con tanto di conflitto a fuoco, incidenti mortali, per chiudere in bellezza con un corpo a corpo tra i due protagonisti all’interno dell’abitacolo della macchina.
Francesco Del Grosso
Regia: Daniel Espinosa
Con: Denzel Washington, Ryan Reynolds, Vera Farmiga, Brendan Gleeson
Uscita in sala in Italia: venerdì 2 marzo 2012
Sceneggiatura: David Guggenheim
Produzione: Intrepid Pictures, Moonlighting Films, Stuber Productions
Distribuzione: Universal Pictures
Anno: 2012
Durata: 115’