999 in questo caso non ha rimandi demoniaci, ma rappresenta il numero di copie che va a comporre, cadauna, la tiratura limitata messa a disposizione dalla Mosaico Media per riportare nel mercato home video nostrano alcuni titoli di Genere del ventennio Sessanta-Settanta, pressoché sconosciuti al grande pubblico e meritevoli per questo di una riscoperta a decenni di distanza dalla loro realizzazione. Per lo più siamo al cospetto di prelibatezze e chicche rimaste all’ombra dei capolavori intramontabili che, una volta entrati a far parte degli sterminati filoni di appartenenza, non hanno trovato la giusta visibilità se non l’apprezzamento di qualche appassionato o addetto ai lavori dell’epoca. A ridare una vetrina a queste pellicole ci pensa la suddetta etichetta con una collezione molto interessante, che vede tra i titoli in catalogo due western firmati rispettivamente da Paolo Bianchini e William A. Graham: Lo voglio morto [1967] e Apache [1974].
Certo la qualità audiovisiva proposta dai DVD non rende giustizia all’effettivo valore fotografico e registico dei due film, ai quali spettava senza alcun dubbio un’operazione di restauro delle pellicole prima della loro digitalizzazione, ma bisogna comunque riconoscere il merito alla Mosaico di averli ripescati dalla soffitta impolverata di qualche sciagurato archivio.
In entrambi i casi, si tratta di opere che per caratteristiche narrative e natura dei personaggi che le animano vanno a incanalarsi nella seconda strada percorsa dal western durante il processo di revisione critica che il Genere in questione ha affrontato a partire dalla metà degli anni Sessanta, ossia quella che ha visto una decisa conversione cultural-ideologica – conseguente alla riflessione post-Vietnam e all’influenza degli spaghetti-western italiani – che ha spinto i nuovi autori a mostrare la reale violenza del West in film dall’atmosfera cruda e spietata [da Il mucchio selvaggio di Sam Peckinpah a L’uomo dalla cravatta di cuoio di Don Siegel, da Impiccalo più in alto di Ted Post al più recente Gli spietati di Clint Eastwood], o a raccontare storie di antieroi come il giocatore d’azzardo e la prostituta de I compari di Robert Altman. Dall’altra parte c’è invece un filone “crepuscolare” e malinconico, in cui gli eroi solitari sono ormai vecchi e stanchi, come nel capolavoro da Oscar che risponde al titolo di L’uomo che uccise Liberty Valance di John Ford.
Lo voglio morto da parte sua sposa in pieno la via delineata da Siegel e Peckinpah, dove a dominare è un mood di violenza diffusa nell’aria come un virus che contagia l’uomo e guida negativamente le sue gesta, catapultando lo spettatore al seguito di un cowboy del Texas, tale Clayton, mentre è ancora in corso la guerra di Secessione. Egli scopre, per caso, l’esistenza di un complotto per far fallire le trattative di pace fra nordisti e sudisti. Chi tira le fila è un mercante d’armi che vedrebbe i propri affari compromessi dalla fine delle ostilità, ma il protagonista dagli occhi di giaccio interpretato da un convincente Craig Hill manderà a monte la macchinazione. Un plot esile ma ben delineato, lanciato da un prologo fulminante sospeso tra lo spirare del vento e l’esplosione del piombo dalle pistole fumanti in un irreale silenzio di rocce e sabbia. Quanto basta per mettere subito in chiaro il tono e il registro di un film diretto con sagacia tecnica dal nostro Paolo Bianchini che, nel suo pellegrinare schizofrenico tra i Generi, avvalendosi anche dello pseudonimo di Paul Maxwell, non ha sferrato altri colpi di coda degni di nota come questo. Qui mette in scena il masochismo imperante e la brama di potere dell’uomo all’interno del conflitto bellico, passando attraverso momenti di stallo e altrettanti di azione, dove alle parole, ai silenzi e alle vessazioni, si sostituisce la dura legge del piombo come nel caso di due scene di grande fattura: la scazzottata nell’ufficio dello sceriffo e l’imboscata con tanto di inseguimento alla diligenza della delegazione. A dare il ritmo al tutto ci pensa la colonna sonora di Nico Fidenco e l’uso spasmodico dello zoom voluto del regista romano. Da non perdere i titoli di testa su una sequenza di fotogrammi virati di grande impatto visivo.
Di ben altro spessore drammaturgico e di elevato tasso di violenza è la pellicola diretta dal collega statunitense. Con Apache, Graham firma una vera e propria caccia all’uomo che raggela il sangue per la crudezza di alcune sequenze: una su tutte lo stupro di massa della co-protagonista femminile, l’apache del titolo di cui si innamora follemente un cacciatore di taglie. Da qui lo spirale di violenza si innesca come una bomba a orologeria che porterà l’uomo a compiere la sua vendetta fino ad andare verso un triste epilogo colorato di rosso sangue [come lo splendido tramonto con il quale si apre il film] che sovverte la consuetudine dell’happy end. La storia si va a incastonare a meraviglia in questa pellicola indipendente a basso costo, con attori poco noti ma di grande efficacia espressiva [bravissima Xochitl nei panni della bella apache], capace di inattesi guizzi d’autore da parte di un regista apprezzato soprattutto per alcuni suoi lavori per il piccolo schermo [da Congratulazioni è un maschio a Police Story]. Un cupo western, ma alla luce accecante del sole, al tempo stesso classico e moderno, sul tema della violenza che è alla radice della società americana, animata al tempo dalla lotta per la sopravvivenza e dall’astio razziale nei confronti dell’altro. Lo script si destreggia abilmente tra i cambi di registro, offrendo, negli intervalli di quiete, momenti altrettanto significativi in chiave di malinconica elegia sul tramonto di un’epoca e di dolci scambi di effusioni tra la natura.
Francesco Del Grosso
LO VOGLIO MORTO
Regia: Paolo Bianchini
Con: Craig Hill, Lea Massari, Andrea Basic
Durata: 84’
Formato: 16:9 – 1.78:1
Audio: Italiano Dual-Mono
Distribuzione: Mosaico Media [www.mosaicomedia.it]
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APACHE
Regia: William A. Graham
Con: Cliff Potts, Xochitl, Harry Dean Stanton
Durata: 87’
Formato: 4/3 – 1.33:1
Audio: Italiano Dual-Mono
Distribuzione: Mosaico Media [www.mosaicomedia.it]
Extra: /