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Poker Generation di Gianluca Mingotto

PokerGeneration1Poker e cinema: un binomio che ha portato sul grande schermo, ieri come oggi, pellicole memorabili e clamorosi flop. Se Oltreoceano e nel resto d’Europa il mix ha generato un discreto numero di pellicole, in Italia i tentativi si contano davvero sulle dita di una mano: da Il passato è una terra straniera di Daniele Vicari ad Asso di Castellano & Pipolo, da Tris di donne e abiti nuziali di Vincenzo Terracciano a Regalo di Natale e Rivincita di Natale, entrambi firmati da Pupi Avati. Da parte sua, Gianluca Mingotto prova ad andare a rimpinguare con un titolo di più recente produzione la filmografia nostrana dedicata alla disciplina regina del tavolo verde, ma con un occhio rivolto più agli esempi anglosassoni e statunitensi che a quelli realizzati tra le mura amiche. In tal senso, Poker Generation prende da essi più i vizi che le virtù, anche se a conti fatti il risultato resta con tutti i limiti riscontrati [e non sono pochi purtroppo] un divertissement senza pretese e smanie autoriali. E questo non è un limite, piuttosto un atto di sincerità concesso alla platea da chi vuole provare semplicemente a raccontare una storia.

La storia in questione è quella di due fratelli, l’uno l’opposto dell’altro. Il più grande, Tony è un fanatico dei film sulla mala americana e sogna di diventare un giocatore di poker professionista, l’altro, Filo è un genio introverso e scontroso, la sua sindrome semi-autistica lo porta ad analizzare l’ambiente che lo circonda in modo ossessivo e meccanico. I due ragazzi si ritroveranno uniti nella missione di trovare i soldi necessari per pagare le cure della sorellina Maria. Portando alla mente l’incontro con il professionista di poker Joyce, decidono di andare da un piccolo paesino siculo a Milano per cercarlo con la speranza di essere in seguito introdotti nel “giro” che porterebbe a loro i soldi necessari per curare la sorella. Col tempo gli ingenti guadagni e le gelosie contribuiranno a spezzare l’equilibrio fra i due fratelli che litigheranno e si separeranno. Le loro strade si incroceranno nuovamente al Malta Poker Dream.

PokerGeneration3L’opera prima di Mingotto si presenta come il più classico dei game movie, calato nel “mondo” del poker e della sua fauna, i players. Trae ispirazione da una storia vera [quella di Filippo Candio, il primo pokerista italiano a raggiungere il tavolo finale a uno dei più importanti tornei mondiali], per poi distaccarsene e portare sul grande schermo una vicenda che intreccia sport, dramma, passione e sentimento. Cavalcando la moda del momento [solo in Italia si contano più di quattro milioni tra praticanti, professionisti e appassionati], il film ci introduce nella disciplina pokeristica del Texas Hold’Em, delineandone con le traiettorie di un vero e proprio manuale d’istruzione, regole, trucchi, mosse, segreti, tecniche e soprattutto comportamenti. Allo stesso tempo, ha il merito e il demerito di rendere la lettura dei contenuti accessibile a tutti e non solo ai fomentati addetti ai lavori, ma per rendere possibile tutto questo è costretto a semplificare le cose e a ricorrere agli stereotipi del filone. Preferisce concentrare l’attenzione unicamente sul fattore agonistico, mettendo da parte quello ludopatico che in film come quelli di Vicari e Terracciano assume un ruolo fondamentale per il destino dei rispettivi protagonisti , anche se in più di un’occasione alcune derive drammaturgiche, sviluppate attraverso i personaggi di Pannofino e Montovoli, rischiano di oltrepassare la linea di confine che separa la componente sportiva da quella malata. Nonostante i rischi corsi, riesce a mostrarci il lato pulito di uno sport che con il passare degli anni continua a calamitare a sè adepti da ogni parte del globo anche attraverso l’uso dei media, dei canali tematici e del gioco on line. Lo fa mescolando le carte in fase di scrittura in più di un’occasione, ma purtroppo il risultato sfiora appena la sufficienza a causa di un impianto dialogico e di snodi narrativi piuttosto fragili che pesano moltissimo sul voto in pagella. Per non parlare dell’uso verboso e ingombrante del voice over in soggettiva che richiama alla mente quello più efficace utilizzato in Rounder di John Dahl che, a braccetto con una colonna sonora troppo invasiva, finiscono con l’affossare le potenzialità del plot.

PokerGeneration2Il tutto si riversa sulla recitazione degli interpreti che, fatta eccezione per qualche performance degna di nota [Galbiati e Castrogiovanni da una parte e la bellissimaFioretti dall’altra, soprattutto con la scena della lap dance che è gioia per gli occhi del pubblico maschile], lascia non pochi punti interrogativi.

La messa in scena al contrario risulta abbastanza credibile, aiutata in questo dalla partecipazione alla fase di scrittura e di produzione da chi quel “mondo” lo frequenta attivamente. Per fortuna a pagare il conto più salato non è il fattore spettacolare legato alle divertenti ed energiche scene di gioco [vedi il torneo finale], che non raggiungono per qualità, tattica e adrenalina, quelle viste nel già citato Rounder, ma risultano comunque ben coreografate e messe in quadro. Dal punto di vista tecnico-stilistico, il look dell’operazione strizza l’occhio al più celebre Lock and Stock, dal quale prende in prestito l’estetica e il ritmo frenetico del videoclip. Peccato che Mingotto non sia Guy Ritchie e che la gavetta nei video musicali non gli basti a saperla gestire senza che questa non le scappi di mano nella stragrande maggioranza dei casi, quando non è alle prese con una scena al tavolo di gioco. Ok gli split screen e il jump cut, ma le accelerazioni davvero sono troppo dure da digerire.

Francesco Del Grosso

 

Regia: Gianluca Mingotto

Con: Andrea Montovoli, Piero Cardano, Francesca Fioretti, Francesco Pannofino

Uscita in sala in Italia: venerdì 13 aprile 2012

Sceneggiatura: Gianluca Mingotto

Produzione: Bros Group Holding Ltd

Distribuzione: Iris Film

Anno: 2012

Durata: 105’

InGenere Cinema

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