Ancora una volta il RIFF si dimostra attento alle produzioni indie italiane con un’interessante propensione verso il Genere. Tra i titoli made in Italy più attesi dell’edizione 2012 c’era Canepazzo [2012], primo lungometraggio del regista David Petrucci: un thriller – poliziesco dalle tinte fosche che ruota attorno ad una serie di omicidi apparentemente slegati l’uno dall’altro, per tipologia di vittime e modus operandi che, però, sono in realtà tutti parte del macabro carnet dell’omicida efferato che si nasconde dietro lo pseudonimo che fa da titolo al film.
Il lungometraggio tira le fila della carriera omicida dell’assassino, attraverso le risposte che un famoso criminologo, che seguì dal vivo le gesta di Canepazzo, fornisce al giovane figlio della sua diciassettesima vittima, bambino all’epoca dei fatti e ora, a sua volta, studente di criminologia.
Canepazzo di David Petrucci si srotola secondo uno schema abbastanza regolare: domanda dello studente, principio di risposta del criminologo [entrambi nel “tempo presente” della drammaturgia filmica] e lenta dissolvenza che riporta lo spettatore indietro nel tempo, per vivere in prima persona le mattanze dell’assassino.
Fuoriescono dalla schematizzazione spazio-temporale, l’incipit ambientato negli anni ’80, che racconta l’omicidio del padre del giovane studente, e il finale, che però poco regala in fatto di suspense thrilling o tensione emotiva.
Proprio sul piano di lettura della buona costruzione thrilling, poi, Canepazzo paga gli errori di una strutturazione approssimativa, che spesso non sceglie i giusti tempi drammaturgici, per generare nello spettatore il giusto grado di pathos, ma tenta la via della fredda ricostruzione, probabilmente non adatta ad un titolo fiction.
Nonostante la buona prova registica di Petrucci [che si affossa davvero in pochi punti, come nella lunga sequenza musicale che manda all’aria una serie di omicidi, in potenziali efferati, ma che infine non si discostano dal semplice elenco], il film prende la piega della buona prova tecnica.
I personaggi, visivamente molto caratterizzati [uno per tutti il trafficante interpretato da Tinto Brass] chiedono giustizia, davanti alla regolare e immediata auto-distruzione a cui li destina l’autore, abbandonandoli, immediatamente dopo la presentazione, nelle mani di Canepazzo.
Differente è il caso di Franco Nero, altro cameo importante del film, a cui è affidato il monologo colto, dal sapore citazionista, di un pittore sopra le righe, unica vittima-non vittima dell’omicida seriale.
Molto riuscito il connubio dei due protagonisti della tranche degli anni ’80: il giornalista David Moiraghi [Giuseppe Schisano], fragile e ossessionato dai delitti, e il poliziotto in borghese, burino e insensibile.
Il motto su cui si fonda l’intero film è il classico nietzschiano “Quando guardi nell’abisso, l’abisso guarda in te.”: forse non originalissimo [come non originale è l’indagine appena accennata che fa annusare l’odore del vero omicida già nella prima parte del film], ma di certo meritevole di visione.
Luca Ruocco
Regia: David Petrucci
Con: Giuseppe Schisano, Gian Marco Tavani, Marco Bonetti, Franco Trevisi
Sceneggiatura: Igor Maltagliati
Produzione: David Petrucci Films
Distribuzione: /
Anno: 2012
Durata: 82’
Trailer: