La donna scimmia è un film grottesco di Marco Ferreri, del 1964, un periodo in cui le sperimentazioni erano molto in voga, in ogni campo artistico, in Italia, ma soprattutto all’estero. Eppure non trovò il gradimento della critica dell’epoca, disgustata dalla peluria che la protagonista, interpretata da Annie Girardot [Rocco e i suoi fratelli, 1960, di Visconti], mostrava. Immeritatamente, considerando non solo il brio che lo riveste, ma anche la spigliatezza con cui è stata affrontata una tematica stravagante, se vogliamo, ma molto affascinante.
Antonio Semola [Ugo Tognazzi ] è un uomo che vive di espedienti, e che, grazie alla sua furbizia, ha evitato di cadere in bassa fortuna. Un giorno, in una casa di riposo per anziani, incontra Maria [Annie Girardot], una donna che, a causa della folta peluria che ha su tutto il corpo, evita il contatto con la società e che, perciò, ha un carattere schivo.
Antonio annusa subito l’affare, e convince Maria a diventare la protagonista dei suoi spettacoli, in veste di ultimo esemplare di donna scimmia, scoperto proprio da lui in una foresta africana. La donna accetta, e da questo momento il caso della donna scimmia interesserà chiunque. Gli affari vanno bene, e se inizialmente Antonio ha un po’ di rispetto per Maria, dopo inizia a rivelarsi per quello che è: un affarista, alla ricerca di denaro e fama. Eppure Antonio si innamora realmente di Maria, ma il suo modo di amare è un po’ anomalo, eppure riuscirà a sposarla, e puntare ancora più in alto, paventando l’idea di mostrare sua moglie anche all’estero.
Quando fu presentata alla 17esima edizione del Festival di Cannes, i critici lo trovarono di cattivo gusto, e lo stesso avvenne con L’ape regina [che vede come protagonista Ugo Tognazzi], anno 1963, altro film grottesco di Ferreri, bollato dalla censura come opera “decisamente contraria al buon costume”, dunque in contrasto “con la moralità media del nostro paese”, e che, per ottenere il visto nel nostro paese, sarà soggetto a pesanti tagli e alla imposizione di cambiare titolo, che verrà infatti registrato come Una storia moderna: l’ape regina.
Ne La donna scimmia, Ferreri dimostra come la sua concezione di fare film sia lontana dal realismo, che infatti non cerca mai, e ciò che vuole mostrare è privo di descrizioni forzate e ridotto all’essenziale. Poco gli interessa spiegare i come e i perché di scelte e azioni dei protagonisti, e questa caratteristica vien fuori anche in questo film. I protagonisti, poi, vengono mostrati per quello che sono, pur nella loro mostruosità.
Il film si avvarrà di un unico premio, ma molto importante, infatti vincerà il Nastro d’Argento nel 1965 come miglior soggetto, di Ferreri e Rafael Azcona, che firmano anche la sceneggiatura, scritta con indiscussa modernità, ma con altrettanto buon gusto, perché Ferreri non vuole scandalizzare, ma ritrarre un mondo, finto e reale insieme, in modo coerente imparziale.
C’è chi colloca La donna scimmia nel genere comico, chi invece sostiene che sia a metà tra commedia e dramma. È certo che qui l’elemento grottesco supera di gran lunga il dramma. Tognazzi, ironico e geniale come sempre, si muove qui liberamente, e sembra assumere le movenze di domatore di tigri feroci, preferendo Maria, interpretata da una sorprendente Girardot, molto brava nel rappresentare una donna spenta, indifferente a tutto, tranne che alla gravidanza, che le regala espressioni gioiose. Ama Antonio, ma più per solitudine che per vero amore, e soprattutto perché lui è l’unico a mostrarle affetto.
Gilda Signoretti
Regia: Marco Ferreri
Con: Ugo Tognazzi, Annie Girardot
Durata: 92’
Formato: 16:9
Distribuzione: CG Home Video [www.cghv.it]
Extra: Galleria fotografica; Biografia e filmografia di Marco Ferreri e Ugo Tognazzi; Locandina originale; Crediti