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GOOD MORNING AMAN di Claudio Noce

aman1Aman [Said Sabrie] è un giovane originario della Somalia che è emigrato a Roma all’età di 4 anni; vive al quartiere periferico del Corviale e lava le macchine di lusso per sbarcare il lunario. Conduce una vita frugale ma sogna il successo e la felicità fantasticando su un fantomatico fratello andato in Canada e sentendosi al telefono con un amico in Inghilterra [Amin Sour]. L’incontro con Teodoro [Valerio Mastandrea], pugile depresso, sarà capitale per fargli scoprire un punto di vista diverso sul mondo e nuove prospettive; e intanto Aman si invaghisce di Sara [Anita Caprioli], coatta in crisi di relazione con il suo ragazzo.

Il giovane regista Claudio Noce arriva al suo primo appuntamento in lungo dopo varie esperienze di pubblicità, documentario e cortometraggio. E lo fa con coraggio e ambizione, poiché la realtà degli immigrati di seconda generazione è materia complessa, intricata e da trattare con mano prudente e occhio sensibile. Non solo: Noce si permette di aggiungervi altri temi come l’incontro fra due universi diversi ma simili al contempo, l’anelito al cambiamento e ai sogni, la difficoltà di risollevarsi dopo le sconfitte.

Good morning Aman [2009] si configura pertanto come un romanzo di formazione in questa metropoli, Roma, che accoglie i propri figli come la lupa, madre e matrigna, munifica e prodiga di generosità ma all’occorrenza caina e avara.

aman2In questo sfondo vengono a baciarsi le esistenze di Aman, che corre come un dannato per inseguire i propri sogni con l’ingenuità e la potenza degli adolescenti e Teodoro, dimesso ex pugile quarantenne che non esce di casa da tre anni e in cui si è estinta la fiammella del benessere. Proprio la vitalità del primo attrarrà il secondo in questo rapporto duale equilibrato dal regista con efficacia e in cui spiccano le recitazioni di un Mastandrea perfetto [le capacità dell’attore romano sguazzano del tutto in parti di questo genere] e di un sorprendente Sabrie, il cui italiano, anzi romanesco, è senza sbavature. Intorno a loro la cecità e l’algido tenore di una grande città, che attrae con le sue luminarie per poi non offrire il pane da mangiare; in tal senso riusciti gli approfondimenti sugli ex amici di Teodoro legati all’ambiente del pugilato e dei parenti di Aman.

I due amano guardare Roma da una terrazza dell’Esquilino e le parole non sanno sgorgare in modo copioso; la pellicola non fa dei dialoghi un suo presupposto, anzi Noce se la gioca tutta sugli sguardi, i silenzi, le sillabe spezzate dal malessere del mal di vita. Un film duro questo, non necessariamente per le scene di violenza che, anzi, sono istillate con il contagocce, ma per l’acre disamina dei demoni interiori, pozzi neri limacciosi e tracimanti scorno e dolore in cui affacciarsi diventa problematico.

Per dipingere tale clima il regista utilizza un’ampia presa diretta che pare ben bilanciata per l’audio e segue i suoi personaggi con una macchina da presa perennemente traballante e incline in modo sistematico a ritrarre i volti, come se lo spettatore dovesse per forza filtrare tutta la storia tramite la sofferenza erogata da quei quattro occhi tetri e mesti.

aman3La scelta di Noce è particolare, vi sono momenti in cui altri personaggi collaterali non vengono nemmeno presi in faccia; alla lunga appare anche esagerata, reiterata, troppo ostentata, anche se in alcuni casi sembra l’unica possibile.

Aman viene accompagnato nella sua vita tardo-adolescenziale capitolina verso fantasmi che non credeva esistessero, lui già di per sé così falcidiato nell’intimità dai dolori della guerra e dalla fuga che insieme alla famiglia fece da Mogadiscio. L’impatto con il misterioso e folle Teodoro lo sgomenta da un lato ma dall’altro lo attrae poiché quel solitario e autarchico personaggio sembra comprenderlo, sostenerlo e dargli in qualche modo una chance. Pian piano la verità viene a galla e si crea un livello di tensione atmosferica che taglia l’aria.

Noce non fa tutto in modo perfetto: alcune scelte andavano limate, la lentezza di base è funzionale e discretamente consegnata ma talvolta pesante, la fotografia appare troppo affetta da eccessiva tetraggine, il legame fra Aman e Sara [una brava Anita Caprioli] è solo abbozzato [anche se è contestualizzato nell’effimero desiderio del ragazzo di evadere con l’amore]. Ma il suo è un esordio del tutto positivo, dal taglio virtuosamente europeo, che non è da reputarsi valido solo per gli amanti di certo cinema italiano, ma che parla vari sottotesti e può essere apprezzato da più persone. Le sue mosse sono da seguire nel futuro con vivo interesse.

Alessio Bacchetta

 

Regia: Claudio Noce

Con: Valerio Mastrandrea, Said Sabrie, Anita Caprioli

Sceneggiatura: Claudio Noce, Heidrun Schleef, Diego Ribon, Elisa Amoruso

InGenere Cinema

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