A distanza di otto anni dal suo Tears of Kali [2004], Andreas Marschall torna dietro la macchina da presa con Masks, lungometraggio che rappresenta una doppia conferma: quella della visionaria e magnetica vena creativa del regista tedesco, e quella della sua fascinazione nei confronti del cinema di Genere italiano, con una predilezione per il thriller anni ‘70.
Se già in Tears of Kali, Marschall non aveva fatto mistero della sua passione nei confronti del thriller-horror italiano, omaggiando visivamente i suoi maestriMario Bava e Dario Argento, in Masks il legame si fa ancor più solido, organico, incoronando Argento come fonte d’ispirazione assoluta, e andando a toccare le atmosfere morbose e malate del nostro thriller erotico degli anni ’70.
Stella [Susen Ermich] è una giovane aspirante attrice che, dopo essere stata respinta da numerose accademie d’arte drammatica, finalmente riesce ad entrare a far parte degli studenti di un prestigioso istituto, fondato dal mistico Mateusz Gdula, il trapassato ideatore di un metodo di tecnica dell’attore sui generis, estremo.
Il suo oscuro “metodo” era stato bandito in seguito ai numerosi e inspiegabili suicidi avvenuti fra i suoi giovani allievi ma, una volta entrata a far parte del nuovo gruppo di studi, Stella avrà modo di sondare da vicino l’effettiva eliminazione delle regole dettate da Gdula dagli insegnamenti dell’accademia.
La giovane, e inizialmente poco dotata [ma solo nella finzione filmica] attrice, si trova catapultata all’interno della morbosa micro-società della scuola, con gli altri allievi arroccati nella loro arrogante posizione da “primi della classe”, con eccezion fatta per Cecile, l’unica che si dimostrerà pronta ad accettare la nuova arrivata. Il percorso di Stella all’interno del limbo accademico, diventa quasi subito deleterio: la giovane inizia a subodorare che i suoi colleghi siano a conoscenza di qualcosa che a lei deve rimenare nascosto, e i suoi dubbi sembrano concretizzarsi con la scomparsa di Cecile.
Le indagini porteranno Stella a scoprire che il metodo Gdula è tutt’altro che accantonato e, assaporata la sacralità dell’arte che sarebbe riuscita a raggiungere solo attraverso l’estremizzazione dell’uso del corpo attoriale attraverso la violenza fisica, la giovane attrice decide di immolarsi al metodo.
Il suo infernale percorso verso l’arte la porterà alla dolorosa scoperta di una scomoda verità: solo attraverso violenza, droga e abusi psicologici, l’attore potrà realmente raggiungere il più alto grado dell’arte dell’interpretazione, potrà realmente usare il suo corpo, come altro da sé, e scavare all’interno della sua anima uno spazio da fare abitare ai demoni dei personaggi da interpretare. Un processo ossessivo, malato e dannatamente organico.
Marschall gioca, all’interno del film, con lo stesso significato di “maschera”: Stella si troverà, durante uno degli esercizi teatrali, a provare ad abbandonarsi completamente ai suggerimenti della maschera indossata [che non a caso le mostrerà una scena di omicidio], ma scoprirà ben presto che la maschera più difficile da ascoltare è proprio quella fatta di carne che ricopre il suo viso, e ne protegge l’anima.
Masks non è semplicemente una rivisitazione germanica del Suspiria di Dario Argento, anche se troppi sarebbero i corretti parallelismi da poter fare tra i due titoli. Il film di Marschall, ammantato di esoterismo e razionalità, è un viaggio nella sacralità dell’io. Il viaggiatore perfetto [un’attrice, un individuo che al suo interno sa contenere più di un “io”], è anche cavia di un personale percorso di ricerca che fa della violenza perpetrata un mezzo di conoscenza o di raggiungimento di un sapere “altro”, inspiegabile ai profani.
Capolavoro!
Luca Ruocco
Regia: Andreas Marschall
Con: Susen Ermich, Michael Balaun, Licyna Bialy, Lisa Blaschke, Franziska Breite
Sceneggiatura: Andreas Marschall
Produzione: Anolis Entertainment
Distribuzione: Anolis Entertainment
Anno: 2011
Durata: 105’
Trailer: http://www.youtube.com/watch?v=3eDtrsuTwoU