Gotham deve essere distrutta. Il messaggio più esplicito di così non avrebbe potuto essere.
L’essere umano e il sistema chiamato società da egli creato vive di cicli: nascita, crescita, riproduzione e morte fanno parte del ciclo vitale di ogni individuo. Ogni volta che un modello di società arriva al suo vertice poi, inesorabilmente, comincia il suo declino.
Come tutte le piccole vite contenute nel corpo dell’essere umano concorrono alla crescita e allo sviluppo,morte.
La trilogia di Cristopher Nolan dedicata al Cavaliere Oscuro volge al termine e, con essa, anche il messaggio sociale che Nolan ha voluto diffondere attraverso ognuna delle sue pellicole.
Da una parte abbiamo l’ineluttabilità del declino, che aspetta il nostro modello di società e dall’altra abbiamo l’ostinazione, la rabbia, il desiderio di vendetta di un uomo che, poi, diviene simbolo, bandiera che il popolo sventola quando non riesce più a sopportare i soprusi e le ingiustizie e decide che è venuto il momento di intervenire.
In entrambi i casi, sia mettendo in atto una rivoluzione che accettando remissivamente il proprio destino, la fine risulta inevitabile.
Essa è congenita nella stessa vita, e in qualche modo Batman costituisce quella cellula matta che sovverte le regole del gioco, cambia le carte in tavola regalando una speranza, un’alternativa al degrado, ma in realtà atro non è che un’illusione.
Nel primo capitolo avevamo assistito ad una vera e propria genesi del personaggio Batman. Il rampollo Bruce Wayne è un giovane viziato che ha sempre vissuto all’ombra di un cognome molto più importante di lui e, per affrancarsi da esso, per trovare una via che rispondesse a quella che è la sua vera essenza, dove lasciare il tetto paterno per tuffarsi nel degrado e nella miseria.
Bruce deve affrontare la peggiore feccia del genere umano per scaricare il suo odio, la sua collera, ma ben presto si rende conto che tutta la violenza del mondo non lo avrebbe reso immune dalle sue paure e che, se avesse voluto andare avanti nel suo percorso evolutivo, avrebbe dovuto affrontarle.
Il suo mentore/nemico portava il nome di Ra’s al Ghul personaggio enigmatico capo della setta delle ombre; dei rivoluzionari che da secoli ristabiliscono il “giusto equilibrio” all’interno di quel macro-ecosistema che si chiama società, aiutandola nel percorso di nascita, crescita e inesorabile morte.
Bruce Wayne non è d’accordo, l’uomo non è Dio e non può decidere quando far spegnere un’esistenza, inoltre egli vede sempre una speranza di salvezza anche negli animi più turbati.
Il secondo capitolo è un’esplosione di colori, sempre dalle tonalità scure, espresse dal pennello di quello che forse è uno dei villain più belli della storia dei fumetti, Joker.
Joker l’artista, Joker il pittore, Joker l’esteta del caos. Di lui non abbiamo una storia personale, e questo ci viene ribadito da Nolan nel momento in cui gli fa raccontare differenti versioni circa l’origine del suo sorriso sfigurato.
Che Joker sia un’artista lo capiamo non solo dalla capacità di escogitare torture e crimini, espletati nella maniera più cinica e morbosa mai concepita, ma anche dalla capacità di prendere un simbolo di rigore, modernità e giustizia e trasformarlo nel peggiore degli uomini sulla terra.
Parliamo di Harvey Dent, un uomo abituato a creare il suo futuro sempre assumendosi la responsabilità delle proprie azioni un eroe senza maschera il cavallo vincente sul quale Bruce Wayne puntava per appendere definitivamente il suo costume al chiodo e condividere finalmente una normale esistenza con Rachel Dawes, la donna da lui amata.
Il destino è beffardo, soprattutto se a veicolarlo è uno come Joker che ha uno spiccato senso dell’ironia e in un colpo solo fa morire Dent, che vede degradata la sua morale affidando il suo destino e quello degli altri alla sorte dettata dal lancio di una monetina, e uccide definitivamente Rachel, che soccombe con in sottofondo la sua perfida risata.
Due facce ha la prima morte di Harvey Dent, la morte della sua morale, del simbolo che salverà Gotham dal degrado,e poi c’è la sua morte vera e propria, che distrugge ogni speranza di quelli che, come il Commissario Gordon, credono ancora nella legge e nel suo valore.
Il terzo capitolo comincia otto anni dopo gli eventi del secondo, con Bruce Wayne ritirato nei suoi alloggi sotto il consiglio paterno del maggiordomo Afred, che lo vede sfiorire ogni giorno di più nel ricordo di Rachel e con una nuova minaccia all’orizzonte, il suo nome è Bane.
Un semplice nome, ma che reca dentro la rivoluzione di un popolo che chiede vendetta, che non ce la fa più a subire ogni giorno le angherie di pochi potenti.
Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno è permeato della sua arroganza, e come un terremoto egli arriva inesorabilmente. Come ogni forza della natura è impossibile da arrestare; è possibile tentare solo di mettersi in salvo.
Nel terzo capitolo della saga su Batman firmata Nolan vediamo finalmente chiudersi il cerchio e ritornare ad alcuni fondamentali concetti espressi nel primo film, e dietro il volto mascherato di Bane altri non c’è che l’ombra di Ra’s al Ghul e il suo folle piano di distruggere Gotham.
Nei suoi 165 minuti Nolan da sfoggio di tutte le sue capacità tecniche ed artistiche, ordendo un castello, un costrutto, un teorema che poi distruggerà con autentici colpi di teatro.
Arrivati alla fine di questo percorso, possiamo affermare che Nolan ha dato una forte impronta autoriale al personaggio di Batman, intendendo per “autoriale” proprio il concetto che la parola esprime letteralmente, cioè rivedere il personaggio secondo quello che è il gusto di chi ne scrive la sceneggiatura, magari distanziandosi massicciamente da quello che è il fumetto originale, però non snaturandone mai i concetti cardine di fondo.
La critica più grossa che si può fare è questa: si ha come l’impressione che l’universo di Nolan non ceda il passo a quello di Batman per cui tutto quello che è attinente al Cavaliere Oscuro è poco interessante, rispetto ai messaggi di fondo più o meno velati che Nolan vuole trasmettere, eccezion fatta per la psicologia di Bruce Wayne e soprattutto delle sue fobie.
Confermato anche qui il cast stellare delle due altre pellicole precedenti compresa la new entry di Tom Hardy [Bane] che riesce ad essere espressivo nonostante abbia solo gli occhi visibili e Marion Cotillard, stupenda nel ruolo di Miranda Tate e, infine, un Joseph Gordon-Levitt giusto e calibrato nel suo personaggio.
Nolan ha dichiarato “avendo girato più della metà delle scene con macchine da presa IMAX in grande formato, è per me molto importante che il film venga visto in strutture IMAX quanto più possibile.”.
Il regista, infatti, si è opposto fermamente all’uso del 3D per il suo ultimo film, andando contro le attuali consuetudini di mercato.
Paolo Corridore
Regia: Christopher Nolan
Con: Christian Bale, Anne Hathaway, Tom Hardy, Michael Caine
Uscita in Italia: mercoledì 29 agosto 2012
Sceneggiatura: Johnathan e Christopher Nolan
Produzione: Syncopy in associazione con Legendary Pictures
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Durata: 165
Anno: 2012