«C’è del marcio a New York» direbbe una nostra vecchia conoscenza se avesse avuto la possibilità di vedere un film come Broken City. L’ultima fatica dietro la macchina da presa di Allen Hughes, orfano in questa occasione del gemello Albert con cui ha collaborato a più di una pellicola, a cominciare dal fortunato esordio del 1992 Nella giungla di cemento, è un torbido thriller a cui fa da sfondo una cupa New York, che nelle mani del regista di Detroit si tramuta in una cloaca dove si annidano tradimenti e inganni, corruzione e affari illeciti. Qui si consuma un pericoloso triangolo che coinvolge un rappresentante delle forze dell’ordine non più in servizio, un importante politico e la sua bellissima moglie. L’ex poliziotto Billy Taggart, ora detective privato, viene ingaggiato dal sindaco della Grande Mela Nicholas Hostetler per scoprire se la consorte Kathleen lo tradisce. Le indagini confermeranno una relazione extra-coniugale della donna. Successivamente, però, l’amante viene assassinato e l’investigatore si troverà invischiato in una brutta vicenda riguardante gli affari sporchi del suo datore di lavoro.
Dunque “il triangolo si”, parafrasando il titolo di una nota canzone del Renatone nazionale, ma coinvolge solo due degli angoli che lo compongono, con il terzo incomodo che come si può constatare dalla sinossi non è Taggart. Il gioco di corna va così in scena, ma è solo la miccia che innesca la detonazione e la conseguente rottura del climax, con l’attenzione che si sposta da un caso di adulterio a qualcosa di molto più grosso che riguarda i loschi affari legati a presunte speculazioni edilizie gestite dal primo cittadino in carica, quest’ultimo impegnato nella difficile campagna elettorale per la rielezione alla poltrona di sindaco contro un agguerrito avversario. Calate tutte le carte in tavola diventa di fatto più semplice rintracciare nello script firmato da Brian Tucker il tentativo, a nostro avviso parzialmente riuscito a causa di qualche scricchiolio nella concatenazione drammaturgica, di far confluire in un’unica storia una serie di filoni di natura mistery, appartenenti alla tradizione del giallo old style.
Si transita così in modalità random attraverso un graduale passaggio di testimone dal poliziesco al revenge movie, passando per il dramma della gelosia [che richiama alla mente l’intrigante La femme infidèle di Chabrol e il suo scialbo rifacimento a stelle e strisce diretto da Lyne, dal titolo Unfaithful] e il vero cuore pulsante del plot che ruota intorno all’intrigo di potere portato avanti dall’intoccabile di turno, che ha illustri predecessori nell’immenso Volontè di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e nel superbo Gene Hackman di Potere assoluto.
L’Hostetler di Broken City ha nel proprio dna i loro stessi geni di cattiveria e astuzia, ma a differenza dei protagonisti dei film di Petri e Eastwood, quello guidato da Hughes non è il baricentro del male dal quale si irradia il tutto, piuttosto una parte di esso, di quella società malata e corrotta che rappresenta ed è chiamato a governare.
Lui è una vite dell’ingranaggio di un Sistema più vasto, non il Sistema. Per questo tutte le figure che gli gravitano intorno sono “infette” almeno quanto lui, con un detective privato, una First Lady e un candidato a Sindaco che hanno ognuno i rispettivi scheletri nell’armadio. In questo modo, la linea che separa abitualmente il bene dal male si assottiglia, e nell’intero corpus umano che anima la storia nessuno ha la coscienza apposto, perché anche il più pulito, come si dice, ha la rogna, e il vestito non fa il monaco. Questa “fauna” assetata di potere, denaro e vendetta, si agita impaziente in una New York notturna che è allo stesso tempo testimone oculare che osserva i fatti nonché figura attiva che vi partecipa, come quella innominata di Seven. Tucker e Hughes ci ambientano una partita a scacchi, con i personaggi che muovono e vengono mossi come pedine. Una partita che purtroppo non appassiona, ma neanche distoglie lo sguardo dello spettatore.
Così, se lo script traballa, alternando momenti di alta tensione dialettica [il faccia a faccia tra Taggart e Hostetler nell’ufficio di quest’ultimo che precede il finale] e fisica [inseguimento automobilistico e corpo a corpo di Taggart con il responsabile della sicurezza] a frequenti passaggi a vuoto che abbassano il tasso adrenalinico, in compenso viene alla ribalta l’ottimo lavoro davanti e dietro la macchina da presa del cast e del regista. Infatti, da una parte Allen Hughes sembra non risentire della mancanza del fratello, rispolverando lo stile aggressivo ed eclettico di From Hell e Codice Genesi, unita alle atmosfere dei noir metropolitani degli esordi [il già citato Nella giungla di cemento e il successivo Dollari sporchi], dall’altra il terzetto formato da Mark Wahlberg [Taggart], Russell Crowe [Nicholas Hostetler] e Catherine Zeta-Jones [Kathleen Hostetler], supportato da comprimari di qualità come Jeffrey Wright [capitano Fairbanks] e Barry Pepper [Jack Valliant], sfornano una prova corale davvero maiuscola.
Francesco Del Grosso
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BROKEN CITY
Regia: Allen Hughes
Con: Mark Wahlberg, Russell Crowe, Catherine Zeta-Jones
Uscita in sala in Italia: giovedì 7 febbraio 2013
Sceneggiatura: Brian Tucker
Produzione: Furla Films, New Regency Pictures
Distribuzione: 20th Century Fox
Anno: 2013
Durata: 110’