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UN GIORNO DEVI ANDARE di Giorgio Diritti

un-giorno-devi-andare-1Come si dice: non c’è due senza tre; ma purtroppo non è sempre così. A confermarcelo ci pensa Giorgio Diritti che, alle prese con la sua terza prova dietro la macchina da presa sulla lunga distanza dopo gli apprezzati e pluri-premiati Il vento fa il suo giro e L’uomo che verrà, porta sullo schermo un’opera che, come un secolo e passa di storia della Settima Arte ci ha insegnato, può anche non reggere il passo delle precedenti, deludendo quelle attese giustamente riposte nell’ultima fatica di un cineasta di indubbie capacità. Eppure in Un giorno devi andare, presentato alla scorsa edizione del Sundance e che arriverà nelle sale nostrane a partire dal 28 marzo grazie alle cento copie messe a disposizione dalla Bim, è possibile scorgere le tracce evidenti di una continuità nelle tematiche affrontate, a cominciare dalla maternità e dal senso di comunità che finiscono con il confluire ancora una volta nelle pagine dello script e nella loro trasposizione. Una continuità che non è bastata a quanto pare a garantire quella solidità drammaturgica e narrativa necessaria a sorreggere l’intera architettura di una pellicola così proiettata verso l’alto come quella che ci accingiamo ad analizzare.

In questo modo, la storia di Augusta, una giovane donna italiana, costretta a causa di una dolorosa perdita familiare a mettere in discussione le certezze su cui aveva costruito la sua esistenza, diventa il veicolo per riproporre quelle tematiche così care al regista bolognese.

un-giorno-devi-andare-2Su una piccola barca e nell’immensità della natura amazzonica, la protagonista interpretata da Jasmine Trinca inizia un viaggio fisico ed empatico accompagnando suor Franca, un’amica della madre, nella sua missione presso i villaggi indios, scoprendo anche in questa terra remota i tentativi di conquista del mondo occidentale. Augusta decide così di proseguire il suo percorso lasciando la comunità italiana per andare a Manaus, dove vive in una favela. Qui, nell’incontro con la gente semplice del luogo, torna a percepire la forza atavica dell’istinto di vita, intraprendendo il “suo” viaggio fino ad isolarsi nella foresta, accogliendo il dolore e riscoprendo l’amore, nel corpo e nell’anima. In una dimensione in cui la natura assume un senso profetico, scandisce nuovi tempi e stabilisce priorità essenziali, Augusta affronta l’avventura della ricerca di se stessa, incarnando la questione universale del senso dell’esistenza umana.

un-giorno-devi-andare-3Bastano queste poche righe per comprendere la portata delle questioni sollevate nello script e soprattutto l’estrema difficoltà nel renderle cinematograficamente. In molti ci hanno provato e in molti hanno fallito, con quelle poche eccezioni rappresentate da Malick, Olmi o Herzog chiamate a dimostrare che di certe cose si può e si deve parlare solo quando si ha a disposizione un “bagaglio” per poterlo fare. Diritti dal canto suo, quel “bagaglio” lo possiede, ma non è ancora abbastanza pieno da consentirgli di esplorare così in profondità una serie di temi che necessitano di uno scavo piuttosto impegnativo. Forse per questo, sia il regista emiliano, sia l’attrice alla quale è stato affidato il delicato ruolo di Augusta, sembrano dal primo all’ultimo fotogramma utile nient’altro che pesci fuor d’acqua, tanto spaesati quanto in soggezione nei confronti di un plot così stratificato.

un-giorno-devi-andare-4Temi come il credere o non in Dio, la ricerca della spiritualità e la sua messa in discussione, il consumismo e il progresso come fonti di minaccia, la lotta per la sopravvivenza, il superamento di un dolore legato alla perdita, il senso della comunità e la maternità negata, presi singolarmente avrebbero bisogno di km di pellicola e di centinaia di pagine per essere sviscerati. In Un giorno devi andare, invece, vengono erroneamente condensati e mescolati senza soluzione di continuità. Il loro peso specifico non permette il raggiungimento di un equilibrio drammaturgico, fondamentale per rendere la fruizione e la trasmissione dei vari messaggi di facile accesso, così da provocare nello script una evidente saturazione del senso e del significato delle cose e delle azioni. La narrazione ellittica sembra tagliata con l’accetta, resa attraverso un palleggio insistito tra i due luoghi [il Brasile e un paesino del Trentino] nei quali si sviluppano parallelamente, esclusi sporadici punti di intersezione [il collegamento internet tra Augusta e sua madre, l’arrivo in Italia di Janete], tutte le fasi salienti di questa non storia. Si, perché a conti fatti di storia c’è n’è davvero poca, a fronte di una consistente quantità di suggestioni. Dall’altra parte, decisamente più interessante è il contrasto stilistico e cromatico offerto dalla pregevole fotografia firmata da Roberto Cimatti, studiata per rendere al meglio la distanza tra il mood freddo e distaccato dell’Italia e la calda e ricca gamma di colori del Brasile.

un-giorno-devi-andare-5Quello che scorre davanti ai nostri occhi è un film fatto di immagini e parole, ma sono la bellezza e la ricchezza intrinseche delle prime a sovrastare di gran lunga l’apparente potenza delle seconde. Peccato che lo sfondo e il modo in cui Diritti mette in quadro il tutto non è abbastanza, perché il cinema ha il compito di raccontare e non solo di mostrare. Così come non è abbastanza il lavoro che Trinca fa davanti alla macchina da presa, più attenta a interpretare le cose che dice e che fa, piuttosto che a sentirle veramente per poi trasferirle sullo schermo. Ciò che resta è un’opera che ha il merito di allargare il proprio orizzonte ben oltre gli steccati dell’orticello dove siamo abituati ad attingere a piene mani; che offre uno sguardo su un’area geografica senza scivolare negli stereotipi per provare a mostrare altro che non sia solamente criminalità e morte, bensì orgoglio e desiderio di sopravvivenza. Ciò che resta è un’opera che non ha il fiato corto, ma un respiro internazionale, e il coraggio di essersi spinti in una terra così complicata e complessa è un pregio che va sottolineato. Il demerito sta, al contrario, nell’aver fatto sì che prendesse forma e sostanza un film che ferisce ma non lascia segni nella mente e nel cuore di chi la guarda. Quanto basta per restare indifferenti.

Francesco Del Grosso

 

UN GIORNO DEVI ANDARE

2 Teschi

Regia: Giorgio Diritti

Con: Jasmine Trinca, Anne Alvaro, Pia Engleberth, Sonia Gessner

Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Fredo Valla, Tania Pedroni

Produzione: Lumière & Co., Arancia Film, Rai Cinema

Distribuzione: Bim

Anno: 2012

Durata: 110’

InGenere Cinema

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