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CONTEST: I documentari fuori concorso

Un solo erroreTre sono stati i film fuori concorso [di quelli in concorso vi avevamo parlato qui] presentati alla terza edizione di Contest – Il documentario in sala, tenuto al Nuovo Cinema Aquila dal 6 al 9 giugno: Un solo errore – Bologna 2 agosto 1980, di Matteo Pasi; Suicidio Italia, di Filippo Soldi; Per mano ignota – Peteano una strage dimenticata, di Cristian Natoli. Il filone che lega questi tre documentari, presentati da Massimo Vattani, direttore artistico del Nuovo Cinema Aquila,  alla presenza dei registi, è il tema delle stragi irrisolte in Italia,  che ammontano a 26, delle quali troppo poco si parla e troppo poco si sa.

Partiamo dalla strage avvenuta a Bologna il 2 agosto 1980, giorno in cui saltò in aria la stazione ferroviaria della città, come conseguenza dell’esplosione di un ordigno. Nell’esplosione morirono 85 persone e 200 rimasero ferite. È su questa triste tragedia, per fortuna non dimenticata, ma sulla quale c’è stata e c’è ancora poca informazione [tanto da creare confusioni tra la gente, di ogni età, alla quale il regista-autore del film chiede cosa sappiano della strage], che Matteo Pasi ha incentrato il suo Un solo errore – Bologna 2 agosto 1980, del 2012.

Era estate, e, come dimostrano le prime immagini d’archivio che costituiscono i primi minuti del documentario, le spiagge emiliane si riempivano di bagnanti in cerca di mare. Parallelamente, però, a queste sequenze si frappongono immagini che riprendono le rotaie di un treno, fino ad arrivare alla stazione centrale di Bologna, luogo del massacro. Come per la strage di piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969 a Milano, anche per la strage di Bologna, almeno nei primi momenti, si attribuì il disastro allo scoppio di una caldaia. È struggente la voce che, in Un solo errore – Bologna 2 agosto 1980, per ben due volte, grida, nei minuti immediatamente successivi alla tragedia, che c’è bisogno di una bombola di ossigeno, ed è urgente.

A raccontare la loro condizione di vittime, alcuni sopravvissuti, come Tonino Braccia, Sonia Zanotti, Paolo Sacratt, Giuseppe Soldano, e Ines Basso, parente di una delle vittime, che descrivono la forza invasiva di quello scoppio, che li aveva sbattuti da una parte all’altra come se non avessero massa corporea, e il “dopobomba”, quando cioè urla, macerie, fumo e dolori strazianti li avevano colpiti, mentre, poco tempo dopo, si sarebbero chiesti il motivo per il quale il destino aveva lasciato in vita proprio loro.

È davvero encomiabile il film di Pasi, scritto a quattro mani con Gabriele Nicoletti, Christian Nasi, Massimo Venieri, perché Un solo errore – Bologna 2 agosto 1980, che ha inaugurato la terza edizione di Contest – Il documentario in sala, non è solo il lavoro documentaristico, inteso come raccolta di materiali e testimonianze a prevalere, ma una volontà precisa e accorta di parlare, con modalità diverse, come testimonianze, immagini d’archivio, considerazioni sulla vicenda da parte di illustri giornalisti [come Roberto Scardova, Gigi Marcucci e Carlo Lucarelli], e confessioni degli stessi accusati, di quella giornata così scioccante per i bolognesi, perché la strage del 2 agosto li ha colpito tutti, indifferentemente. Inoltre, nonostante la vastità del materiale, il documentario ha una particolare ritmicità, dovuta ad un ottimo montaggio [di Paolo Marzoni (a.m.i.), Davide Rizzo e Christian Nasi] e all’apporto delle musiche. Ed è proprio la fratellanza e l’unione che i bolognesi dimostrarono in quell’occasione ad aver fatto da collante, spingendo le vittime e i parenti delle vittime a manifestare e chiedere giustizia, quella giustizia ostacolata dai depistatori, quali Licio Gelli e Valerio Fioravanti, che compaiono nel film [le agghiaccianti affermazioni di Fioravanti sono doppiate dall’attore Bruno Cappagli], e alla istituzione dell'”Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 Agosto 1980″, che promosse in qualità di direttore Torquato Secci, fino al 1996, carica ora ricoperta da Paolo Bolognesi. Un solo errore, secondo Lidia Piccolini, moglie di Secci, compirono i mandanti della strage di Bologna, quella di aver scelto Bologna come vittima, perché, come è orgogliosa di dire, la sua Bologna non abbassò mai il capo di fronte al terrorismo, dimostrando di non avere paura.

Suicidio ItaliaSuicidio Italia, 2013, di Filippo Soldi [regista di Case chiuse, 2011, qui la recensione https://www.ingenerecinema.com/case-chiuse-di-filippo-soldi/], presentato venerdì 7 giugno al Nuovo Cinema Aquila. alla presenza del produttore Alessandro Tartaglia Polcini, è dedicato ad un tragico “fenomeno” dell’attuale storia drammatica d’Italia: il suicidio, al quale si aggrappano disperatamente molti italiani senza un lavoro o appena licenziati, e in particolare gli imprenditori andati in fallimento. Solo nell’ultimo anno i dati reali parlano di 852 morti suicidi, che Giorgia, una delle persone intervistate nel documentario, attribuisce allo Stato, che considera un socio occulto degli imprenditori, ai quali è imposta una tassazione molto elevata, a causa della quale, nell’impossibilità di pagare il debito, suo padre si è ucciso con un colpo di pistola. Stessa sorte è capitata al marito di Tiziana, che si è cosparso di benzina, riportando delle gravissime ustioni sul 95% del corpo, o al marito di Lucilla, già segnato dalla morte del figlio.

Sono troppe le storie, negli ultimi anni, di imprenditori che, impossibilitati a mandare avanti la propria azienda, invasi da un senso di incapacità e disperazione, decidono di togliersi la vita.

Quel che è certo è che, soprattutto negli ultimi dieci anni, complice la crisi economica, in Italia c’è stato un incredibile aumento del tasso di disoccupazione, e sempre più numerosi sono i lavoratori in cassa integrazione, ironicamente, in Suicidio Italia, battezzata “cassa di disintegrazione”. Siamo poi lieti di annunciarvi la candidatura di questo originale lavoro di Filippo Soldi nella terna dei documentari finalisti alla 53esima edizione del Globo d’Oro, con il quale la stampa straniera premia la cinematografia italia, e la cui cerimonia di premiazione si terrà il 3 Luglio a Palazzo Farnese, Roma. Ci fa piacere sottolineare tra l’altro la presenza, nella triade dei documentari in concorso, di Lo stato della follia, di Francesco Cordio, del quale vi abbiamo ampiamente parlato.

Suicidio Italia, che è il secondo capitolo di Tutti giù per aria, 2009, di Francesco Cordio, dedicata alla grave crisi Alitalia nel biennio 2008-2009, non è solo una riflessione su storie umane di estrema dignità, ma anche un apprendimento, attraverso gli esaurienti interventi di Gianni Dragoni, in particolare, e poi di Paolo Barnard, di quella che è stata la politica italiana negli ultimi anni, della sua totale incompetenza a risolvere i problemi del Paese uccidendo le classi medie sulle quali ha imposto condizioni pesanti, privando inoltre settori come la sanità o la scuola dei sussidi di cui ha bisogno. Si interseca poi, all’interno del film, la lettura da parte dell’attrice Eugenia Costantini delle lettere e dei pensieri dei cassintegrati [“Io ho paura di questo Stato”, scrive una donna] , disoccupati e imprenditori, alcune di una grande profondità, ma anche di grande lucidità e disperazione, come chi auspica il ritorno alla lotta armata come unico strumento di difesa. Tra gli interventi va citata la presenza del sempre esuberante Dario Fo, che ci racconta di come la gioventù del dopoguerra, della quale ha fatto parte, difendeva i propri diritti, e Marco Travaglio, diretto e acuto. Filippo Soldi dirige un documentario, scritto con Andrea Cancellario e Maria Teresa Venditti, con molta abilità, evitando di calcare la mano sul pietismo e cercando, di contro, di trarre un disegno quanto più preciso possibile, sulla purtroppo taciuta o sbrigativamente giustificata ma molto sentita, crisi italiana, intesa non solo dal punto di vista economico.

Peteano una strage dimenticataUna strage purtroppo dimenticata è quella avvenuta a Peteano, dalla quale Cristian Natoli ha tratto Per mano ignota – Peteano una strage dimenticata, che ha presentato, in compagnia del produttore Alberto Sorge e del montatore Matteo Serman, nella serata finale di Contest – Il documentario in sala.

“Non ho affetti. Ne ho, ma non verranno mai al primo posto […]. Sono inumano. Ma lo sono più nei miei confronti che in quello degli altri”. È così, freddamente, che si esprime il terrorista e attivista neofascista Vincenzo Vinciguerra, reo-confesso per la strage, compiuta con Caro Cicuttini e Ivano Boccaccio, della quale non sembra, ancora oggi, provare alcun rimorso. Era il 31 maggio 1972, quando, in tarda serata, al centralino dei carabinieri di Gorizia chiamò una voce anonima che, con distacco, invitava la squadra mobile a recarsi in un punto preciso, nella frazione di Peteano, in Friuli-Venezia Giulia, dove era parcheggiata una Fiat 500 bianca colpita da due fori di proiettili. Quando la pattuglia arrivò, non appena si aprì il cofano, un ordigno provocò l’esplosione dell’auto e sancì la morte di Antonio Ferraro, Donato Poveromo e Franco Dongiovanni, e ferendo due uomini dell’arma dei carabinieri. Era, la strage di Peteano, uno dei primi passi di quella che venne definita strategia della tensione, messa in atto con lo scopo di atterrire gli italiani con degli atti terroristici e mettere le mani sull’opinione pubblica, falsando alcune notizie. È da quella telefonata che parte Natoli parte per poi presentarci gli sfortunati protagonisti di allora, ovvero gli indiziati, Furio La Rocca, Giorgio Budicin e Maria Mezzorana, accusati, senza prove né veri indizi di essere i mandanti della strage.

Dovettero aspettare il 7 giugno 1974 per essere prosciolti, per insufficienza di prove, e alla corte, senza esitazione, e con la schiettezza che le riconosciamo nel documentario, Mezzorana urlò, in romanesco, e in un grido di liberazione: “Macché insufficienza de prove, semo innocenti”. Poco credibile dovette sembrare agli inquirenti di allora l’alibi dei sospettati, che dichiararono di essere, la sera del 31 maggio, davanti alla tv a vedere la partita Inter – Ajax. Sono trascorsi quarantuno anni da allora, e se purtroppo gran parte dello stivale ha dimenticato, o ricordo confusamente quella strage, non la dimenticano i friulani, che hanno anche quest’anno commemorato l’anniversario.

Natoli è attento a descrivere filologicamente quella tragedia oggi così lontana, come anche il legame la Svizzera, dalla quale sarebbero stati preparati conti correnti bancari per pagare gli esecutori, non dimenticando poi le lunghe fasi del processo, e la forza di questo documentario sta nell’assemblaggio di materiale più che altro orale, che viene fuori tanto dalle vittime di allora quanto dagli avvocati degli imputati ingiustamente accusati, come  Nereo Battello o Roberto Maniacco, o dalle astute riflessioni di alcuni giornalisti, come Giorgio Cecchetti.

Quel che viene fuori da tutti e tre i documentari è la presenza costante, in questi tragici eventi narrati, dell’omertà, che non è solo da attribuire alla gente, ma prima di tutto allo Stato, uno Stato che, come afferma Giorgio Cecchetti, non ha cercato a fondo la verità.

Gilda Signoretti

 

InGenere Cinema

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