All’alba del 1987, quando ancora il signor Tarantino cercava sovvenzioni per le sue scopiazzature d’autore, il regista teatrale Nello Rossati discuteva insieme a Franco Nero della possibilità di riportare sul grande schermo uno dei personaggi più iconici del nostro cinema western, quel Django ideato da Sergio Corbucci nel 1966.
Una figura solitaria, un vendicatore di poche parole ed estremamente violento nei confronti dei “cattivi”: a quel film parteciparono parecchi nomi altisonanti del cinema nostrano, a partire dai fratelli Corbucci, Rossetti, Vivarelli e Di Leo alla sceneggiatura, fino alla fotografia di Enzo Barboni, il montaggio di Baragli e Montanari e le musiche di Bacalov, ma l’incredibile successo di pubblico decretarono una conferma decisiva nelle carriere del regista e del suo interprete principale.
Detto fatto. Si parte alla volta del Sudamerica, in un convento dove Django si è ritirato dopo gli eventi del primo episodio, abbandonando le vesti di pistolero per quelle di monaco sotto le spoglie di Padre Ignacio. Ma la sua clausura è destinata a durare poco, in quanto il suo spirito combattente viene risvegliato dalla notizia del rapimento della figlia Marisol, di cui neanch’esso sospettava l’esistenza, da parte del principe Orlowsky, un ungherese soprannominato “il Diavolo” che sfrutta i suoi prigionieri come schiavi per le miniere d’argento di cui è proprietario.
Django parte quindi alla volta del battello di Orlowsky, ma viene catturato e fatto prigioniero: nella miniera dove verrà mandato farà la conoscenza del professor Gunn, il quale lo aiuterà nel suo piano d’evasione al fine di salvare la figlia da una pericolosa tratta di bambine-schiave destinate allo sfruttamento in un bordello.
Girato in Colombia, il film ha un ritmo veloce e una cura visiva particolare, rispetto alla media dei prodotti italiani di quel periodo, che si affidavano per lo più a sceneggiature ricalcanti i modelli americani di Genere action, di gran moda all’epoca.
Rossati dirige un western atipico, dai toni crepuscolari, contestualizzato in un sotto-Genere che con il western puro, in realtà, ha poco con cui spartire.
Per Django 2, infatti, l’abito non fa il monaco: rispetto al primo episodio, questo nuovo film – l’unico seguito ufficiale – si concentra su una sceneggiatura saldamente impiantata su basi avventurose, in cui l’elemento violento è presente in buona parte, anche se appena mitigato per evitare divieti, unitamente ad una buona dose d’ironia e ad un ritmo decisamente sostenuto.
La bella fotografia di Sandro Mancori spazia dalle bellissime penombre del convento iniziale alle assolate aree desertiche e fluviali delle sequenze centrali, coadiuvata dal montaggio curato di Adalberto Ceccarelli, che gioca tra rallenty ben incastrati nelle scene d’azione e riuscite dissolvenze di raccordo.
Sulla bravura del protagonista e dei suoi comprimari è inutile soffermarsi, mentre una piccola menzione la merita il divertente ruolo dell’indimenticabile Donald Pleasance, entomologo qui come in Phenomena.
La qualità del DVD distribuito da CG Home Video non è eccelsa, ma probabilmente questo è dovuto ai non eccellenti materiali di partenza, ma la visione è comunque buona. Nel comparto extra un’interessante intervista al montatore Ceccarelli e allo scenografo Rossati, che anelano storie e aneddoti sulla genesi del progetto. Se volete vedere il vero Django, rifuggite dalle americanate copia e incolla: l’autentico e unico spaghetti-western è qui.
Luca Servini
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DJANGO 2 – IL GRANDE RITORNO
Voto film
Voto DVD
Regia: Nello Rossati
Con: Franco Nero, Licinia Lentini , Christopher Connelly, Donald Pleasance
Durata: 88’
Formato: 1,85:1
Audio: Italiano Dolby Digital 2.0
Distribuzione: CG Home Video – CineKult [www.cghv.it]
Extra: “Due più due non fa quattro”, interviste a Toni Rossati e Adalberto Ceccarelli