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APACHE di Thierry de Peretti

apaches1Agli occhi di molti la scelta della Kitchen Film di distribuire Apache a partire dal 14 agosto, per lo più in versione originale con sottotitoli, potrebbe già di per sé apparire come il frutto di una strategia kamikaze, capace di mettere seriamente in discussione la sopravvivenza nelle sale e nelle arene estive della pellicola scritta e diretta da Thierry de Peretti, reduce dai buoni riscontri di pubblico e critica raccolti alle recenti edizioni di Cannes e Giffoni. Si tratta in linea di massima di una strategia senza alcun dubbio rischiosa per qualsiasi film, specialmente in un periodo nel quale arrancano al box office persino i blockbuster, figuriamoci per un’opera, la prima dietro la macchina da presa per l’attore di origini corse, fortemente autoriale e priva di qualsiasi germe commerciale. Nonostante i numeri impietosi e poco incoraggianti, tuttavia riteniamo che non sia giusto parlare di follia o autolesionismo, piuttosto di coraggio – “merce” sempre più rara nel nostro Paese – quello dimostrato dalla Società capitolina nel volere distribuire il film di de Peretti proprio in una settimana così proibitiva, rinunciando per scelta anche al doppiaggio.

Che la si condivida oppure no, tale scelta ha permesso di fatto ad Apache di approdare nelle sale nostrane, traguardo che per un film simile è già una bella conquista. L’esordiente regista corso porta sul grande schermo un fatto di cronaca nera realmente accaduto una decina di anni fa nel sud della Corsica, in quel di Porto Vecchio.

apaches2Ispirandosi alle fasi salienti di una drammatica vicenda di sangue che ha segnato in maniera indelebile il passato di quella terra e dei suoi abitanti, de Peretti ha deciso, con la speranza di esorcizzare un dolore da tempo soffocato, di girare il film proprio lì dove quei fatti hanno avuto luogo, tra la gente che li ha vissuti sulla propria pelle e che ancora oggi fa fatica a scrollarsi di dosso l’angoscia e il senso di colpa che si trascina dietro.

Pur rimanendo attaccato saldamente alla realtà di quei momenti, la pellicola e il suo autore puntano sull’oggettività, escludendo a priori qualsiasi tipo di coinvolgimento empatico nei confronti della storia e dei suoi protagonisti. Sguardo e prospettiva restano di conseguenza saldamente distanti da ciò che viene mostrato e raccontato, così da non lasciare trasparire sullo schermo nessun tipo di posizione del narratore a riguardo e permettere allo spettatore il lusso di giudicare con i propri occhi.

apaches3Sta in questo approccio così gelido e diretto, ingabbiato in un 4:3 primitivo [altra scelta controcorrente e rischiosa] che limita la profondità e la larghezza del quadro per aumentare l’enfasi del fuori campo, la forza espressiva di un racconto fatto di immagini spesso scarne ed essenziali, che non hanno bisogno di tante parole e descrizioni per comunicare alla platea un crescente senso di disagio e conflitto morale e legale, etnico e sociale. Un conflitto che in Corsica, ieri come oggi, continua ad essere presente nelle vecchie come nelle nuove generazioni.

Il tutto confluisce in una narrazione essenziale che fa del film una cronaca cruda e soffocante, costruita su dilatazioni estenuanti che cedono il passo a brevi lampi di violenza che tolgono il fiato. Thierry de Peretti punta tutto sulla bravura dei suoi giovani interpreti e su un realismo anti-documentaristico che strizza l’occhio al cinema di Garrel e Assayas. Ne viene fuori un plot narrativamente e drammaturgicamente ridotto, quanto basta per disegnare sullo schermo le linee temporali di un delitto che si poteva evitare.

Francesco Del Grosso

APACHE

3.5 Teschi

Regia: Thierry de Peretti

Data di uscita in Italia: Mercoledì 14 agosto 2013

Sceneggiatura: Thierry de Peretti, Benjamin Baroche

Produzione: Igor Alexis Wojtowicz, Ferris & Brockman, Stanley White

Distribuzione: Kitchen Film

Anno: 2013

Durata: 82’

InGenere Cinema

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