“I crimini di guerra vengono definiti dai vincitori”. È così che la pensa Anwar Congo, tra i più sadici criminali che la storia dell’Indonesia ricordi, che, con un folto esercito composto da fanatici estremisti di destra, il 30 settembre 1965 eseguì un colpo di stato rovesciando il governo comunista a Jakarta, ed ebbe così inizio la dittatura, il cui capo supremo era il generale Suharto. Si diede così inizio ad una vera e propria guerra contro i comunisti, che sfociò in una vera e propria carneficina, e ad essa, si aggiunsero una serie di atti criminosi che sono a tutt’oggi rimasti impuniti: violazione dei diritti umani, controllo delle imprese statali, frode fiscale, e non solo.
Congo continua il suo pensiero osservando che, dopotutto, anche gli americani [ma con loro altre potenze colonizzatrici europee] trucidarono gli indiani d’America, e dunque tra lui e i suoi complici e i colonizzatori americani non c’è poi tanta differenza.
È da questo soggetto che trae spunto Joshua Oppenheimer, di origini texane ma danese d’adozione [di cui attendiamo il prossimo documentario Il look del silenzio, che tratta un’altra storia audace, ovvero l’incontro tra una famiglia di sopravvissuti e i loro carnefici che ne hanno ucciso la figlia], per The act of killing, che dirige con Christine Cynn [con la quale aveva diretto Land of Enchantment, 2001] e Anonymous, e che è in programmazione al Nuovo Cinema Aquila [http://www.cinemaaquila.com/film/the-act-of-killing-latto-di-uccidere/].
In realtà, in questo agghiacciante documentario, a restare anonimo non è solo uno dei tre registi, ma anche parte del cast tecnico, come mostrano i titoli di coda. A distribuirlo è I Wonder Pictures, divenuta celebre in seguito alla distribuzione del pluripremiato Searching for Sugar Man di Malik Bendjelloul, e che vede tra i produttori esecutivi nientemeno che il maestro Werner Herzog [con il produttore e antropologo André Singer, il regista e produttore Joram Ten Brink, i documentaristi Torstein Grude e Bjarte Mørner Tveit]. Anche stavolta siamo di fronte ad un documentario di forte impatto, assolutamente agghiacciante e profondamente turbativo.
L’ingiustizia è un elemento che unisce Searching for Sugar Man e The act of killing, ma la proporzione è assolutamente diversa, poiché qui si racconta uno sterminio di massa nel quale hanno perso la vita oltre un milione di comunisti. Anwar Congo, a distanza di 48 anni, torna nei luoghi della tortura, in particolare nell’ufficio paramilitare, battezzato “l’ufficio del sangue”, nel quale i prigionieri comunisti venivano sottoposti a sconvolgenti torture per poi morire. È proprio l’allegria e la superficialità con la quale Congo e i suoi compagni di allora [come Herman Koto, o il leader paramilitare Safit Pardede, che si pavoneggia per il potere con il quale estorce i mercanti cinesi e minaccia di abbattere palazzi, in cambio di denaro, candidatosi a vicepresidente dell’Indonesia, o Jusuf Kalla, vicepresidente della nazione] raccontano e descrivono le sevizie commesse che turba e sciocca lo spettatore, come quando, servendosi di un cuscino, spiegano come misero in piano una delle tante torture, nelle quali la vittima veniva posta sotto una panca, con una delle quattro gambe in corrispondenza della gola del condannato, che, a causa del peso degli aguzzini seduti sopra la panca, moriva orribilmente nel giro di qualche minuto.
Ai racconti diretti dei protagonisti, si alternano le immagini del film di propaganda politica [che si compone anche di scene ridicole, come quelle nelle quali Koto è vestito da donna] che Congo e la sua squadra girano con i permessi del governo e l’ausilio degli indonesiani stessi, bambini compresi, che devono interpretare il ruolo delle vittime, e che, al termine dei ciak, sono visibilmente scioccati dalla violenza delle scene girate. Ad aiutare la sadica squadra, e “fare piazza pulita dei comunisti”, furono, tra gli altri, il glaciale Ibrahim Sinik, un editore di quotidiani che portò avanti una durissima campagna, piena di invettive, contro i comunisti, che interrogava in redazione egli stesso, per poi pubblicare, falsandole, le loro risposte alle sue domande, e la Gioventù di Pancasile, i cui membri si definiscono tutt’ora servi della nazione.
Oppenheimer, Cynn e Anonymous dirigono un documentario cruento e unico nel suo genere, indubbiamente coraggioso nell’intento, che ha già ottenuto meritati riconoscimenti in diversi festival e apprezzamenti di pubblico e critica. Nonostante la lunga durata, The act of killing non annoia perché immerge pienamente lo spettatore in questa storia agghiacciante, scuotendolo e portandolo a psicanalizzare il carattere dei protagonisti del film, Congo in particolare, così contradditori e controversi, fortemente esaltati in Indonesia anche dai media. Però, se Congo e i suoi compagni mostrano una certa ostentazione, proprio Congo comincia a sentirsi tormentato, anche per via degli incubi notturni, dal suo passato e invaso dal senso di colpa, continuando a dire a sé stesso, per giustificarsi, che doveva usare violenza per difendere la sua patria.
Gilda Signoretti
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THE ACT OF KILLING- L’ATTO DI UCCIDERE
Regia: Joshua Oppenheimer, Anonymous e Christine Cynn
Con: Anwar Congo, Herman Koto, Safit Pardede, Jusuf Kalla,Haji Anif, Syamsul Arifin, Sakhyan Asmara, Ibrahim Sinik, Adi Zulkadry, Yapto Soerjosoemarno, Soaduon Siregar, Haji Marzuki
Uscita in sala in Italia: giovedì 17 ottobre 2013
Produzione: Final Cut For Real
Distribuzione: I Wonder Pictures
Anno: 2012
Durata: 159′