Roberto Benigni, in un estroso omaggio a Federico Fellini del 1994, a un anno dalla morte, ricorreva a numerosi paragoni tra il regista riminese e artisti nazionali e internazionali: “buffo come Peppino De Filippo”, “maledetto come James Dean”, o addirittura “intelligente come Rin Tin Tin”.
Oggi, che da quel triste 31 ottobre 1993 son trascorsi trent’anni, uno dei capostipiti del cinema italiano del ‘900, Ettore Scola [C’eravamo tanto amati, 1974, I nuovi mostri, diretto con Mario Monicelli e Dino Risi, 1977 Brutti, sporchi e cattivi, 1976, nonché sceneggiatore, con Risi e Ruggero Maccari di Il sorpasso, 1962], omaggia il suo amico Federico in un film per molti aspetti originale: Che strano chiamarsi Federico – Scola racconta Fellini.
Presentato alla 70esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, Che strano chiamarsi Federico è una ricostruzione dell’inizio della carriera di Fellini [interpretato da Tommaso Lazotti], a partire da quel giorno del 1939 in cui, all’età di 19 anni, lasciò Rimini per raggiungere Roma, dove aveva un appuntamento con Vito De Bellis [interpretato da Sergio Pierattini], direttore del famoso giornale satirico Marc’Aurelio [fondato a Roma con Oberdan Cotone nel 1931].
Fellini fu assunto per un periodo di prova, per poi essere confermato, e lì, al Marc’Aurelio, conobbe personalità che avrebbero contribuito a fare la storia del cinema, come Steno, Ruggero Maccari [interpretato da Emiliano De Martino], Age e Scarpelli, Pipolo, e dieci anni dopo, avrebbe stretto amicizia con Ettore Scola [interpretato da Giacomo Lazotti], che giunse in redazione timidamente, all’età di sedici anni. Quando Scola, nel 1948, fu assunto al Marc’Aurelio, Fellini lavorava anche come sceneggiatore, ed era molto noto nell`ambiente della rivista, ma nessuno dei due avrebbe mai immaginato che avessero così tanti punti in comune, né che la loro amicizia non si sarebbe mai spezzata.
La passione per il cinema, in primis per il disegno e la satira, l’insonnia, l’insofferenza per lo sport, erano alcuni dei punti in comune che legavano i due registi. A parte l’esperienza al Marc’Aurelio, Scola e Fellini non avrebbero piu` lavorato insieme, fatta eccezione per la partecipazione di Fellini a C`eravamo tanto amati [Fellini accettò dopo molte insistenze, a patto che non venisse mai ripreso di spalle, per via della calvizie], ma avrebbero continuato a viaggiare insieme di notte per Roma, in macchina, per combattere l`insonnia. Insieme poi avrebbero stretto amicizia con due fondamentali attori del nostro cinema, e cioe` Alberto Sordi e Marcello Mastroianni. Ed è di notte che i due avrebbero conosciuto molte persone, per strada, che avrebbero caricato in macchina per fare lunghe chiacchierate, come il madonnaro [Sergio Rubini] o la prostituta [Antonella Attili].
Che strano chiamarsi Federico, raccontato dalla voce di Vittorio Viviani, è un film indubbiamente interessante, che alterna, al film vero e proprio, alcune immagini di repertorio scelte tra gli archivi delle Teche Rai e set ricostruiti dei fim di Fellini e Scola negli studi del Teatro 5 di Cinecittà. Di una certa rilevanza sono le immagini esclusive dei provini che Fellini fece a Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni per Casanova, 1976 [anche Gian Maria Volontè si sottopose al provino, ma per ora il filmato non e` stato ancora recuperato], per il quale poi la produzione scelse Donald Satherland. Nonostante però Che strano chiamarsi Federico abbia dei meriti, perché alterna in modo originale immagini di repertorio con il film vero e proprio, e rappresenta uno specchio autentico e a suo modo originale di un periodo storico che, cinematograficamente parlando, è stato molto florido di talenti e di capolavori, ha però il difetto di essere troppo autocelebrativo.
Ad una prima parte coinvolgente e ben ritmata, infatti, se ne aggiunge una seconda un po’ troppo enunciata e statica, come le lunghe sequenze che vedono Scola e Fellini chiacchierare in auto con comuni mortali, per poi arrivare ad un finale con una chiusa sì divertente, ovvero l’inseguimento di Fellini da parte di due carabinieri, ma esageratamente sospesa nel tempo, per ripetere poi alcune situazioni tratte dai film Fellini, e concludere con le sequenze di alcuni capolavori del regista, come La dolce vita o Amarcord. Dunque, se si era partiti con il piede giusto, rievocando, in una prima parte, il passato artistico di Fellini e Scola, si finisce poi per cadere in circolo vizioso che sa di pretestuoso, proprio perche` si perde quella freschezza iniziale per dare invece spazio a autocelebrazioni dalle quali prende corpo una certa pretestuosità. La nostalgia è un sentimento costante nel film: per la giovinezza passata; per il cinema di allora, libero dalle restrizioni di oggi; per la creatività di quel periodo; o, più semplicemente, per quell`amicizia tra Scola e Fellini, da Scola stesso definito il più grande Pinocchio di tutti i tempi, che riteneva che, come una bella donna sia truccata dal suo truccatore in modo tale da farne risaltare i lineamenti, cosi il cinema deve guardare la realtà con occhi diversi, modificandola per renderla fantasiosa e quasi perfetta.
Gilda Signoretti
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CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO – SCOLA RACCONTA FELLINI
Regia: Ettore Scola
Con: Tommaso Lazotti, Marco Lazotti, Vittorio Viviani, Emiliano De Martino, Vito De Bellis, Sergio Rubini, Antonella Attili, Francesco Brandi
Uscita in sala in Italia: giovedì 12 settembre 2013
Sceneggiatura: Ettore Scola, Silvia Scola, Paola Scola
Produzione: Payper Moon srl, Palomar, Cinecitta Luca, Direzione Generale Cinema
Distribuzione: BIM
Durata: 93`
Anno: 2013