Siamo agli inizi degli anni Trenta quando la maestosa industria cinematografica di Hollywood decise di stipulare una sorta di mappatura genetica di quello che doveva essere il cinema americano classico [specchio, ovviamente, di una società pulita e puritana].
Nasce così nel 1931 il Codice Hays, una sorta di trattato con le linee-guida per la buona riuscita di un film per tutte le età e per tutte le classi sociali.
Dunque durata standard di circa novanta minuti, proibite scene di sesso o di violenza, happy end obbligatorio e via dicendo. Questa massa di prodotti si strutturava poi in una serie di Generi, ognuno di questi fortemente codificato e uniforme. Tra i più quotati era sicuramente il gangster-movie, caratterizzato da personaggi loschi e senza scrupoli che si muovono all’interno di ambientazioni urbane e notturne.
Il Genere ebbe il trampolino di lancio con un trittico di pellicole ormai leggendario. Si inizia con Piccolo Cesare [1930] di Mervyn LeRoy, seguito l’anno successivo da Nemico Pubblico di William A. Wellman e Scarface di Howard Hawks.
Quest’ultimo girato in poco più di un mese ma uscito solo l’anno successivo per le numerose noie con la censura, che, oltre all’accenno di incesto [soprattutto nel finale] tra il protagonista e la sorella, riscontrava nella pellicola una marcata esaltazione della figura del gangster.
Senza contare che nella versione originale si susseguivano più o meno una ventina di omicidi, di conseguenza un tasso di violenza quasi impensabile per i canoni hollywoodiani.
La vicenda è tratta dall’omonimo romanzo di Armitage Trail, a sua volta ispirato alla biografia del famigerato Al Capone. Nel film, ambientato nella Chicago degli anni Venti, il nostro prende il nome di Tony Camonte, un gangster spietato ed efferato che, in breve tempo, diventa il boss supremo della criminalità organizzata.
Fino a che non commetterà un fatale passo falso per amore della sorella.
Sceneggiato da cinque autori diversi con la revisione della stesso Hawks, è un prodotto che, per molti versi, si distacca totalmente dagli schemi del cinema classico: niente eroi, niente sentimentalismi, niente lieto fine.
Al loro posto un universo di crudeltà e perversioni [anche sessuali]. Il tutto accompagnato da un ritmo quasi forsennato per gli standard dell’epoca.
Ineccepibile l’interpretazione di un istrionico Paul Muni, capace di sorreggere sulle proprie spalle l’intera carica emotiva del film.
Alcune scene, come la sparatoria finale o il piano sequenza nei primi minuti, rimangono dei momenti da antologia del cinema. L’epilogo originale [con il protagonista che muore sopra un mucchio di sterco] circolò solo al di fuori degli Stati Uniti, dove invece venne distribuita una versione con un finale in cui Tony viene impiccato.
Il sottotitolo The Shame of a Nation [La vergogna di una Nazione] venne imposto dal produttore Howard Hughes come contentino per i censori e i benpensanti. Rifatto nel 1983 da Brian De Palma con un vero e proprio kolossal affidato all’estro di uno straordinario Al Pacino.
Lorenzo Paviano
–
SCARFACE – LO SFREGIATO
Regia: Howard Hawks
Con: Paul Muni, Ann Dvorak, Karen Morley, Vince Barnett, Boris Karloff, George Raft
Sceneggiatura: Ben Hecht, John Lee Mahin, Seton I. Miller, William R. Burnett, Fred Pasley
Produzione: Howard Hawks e Howard Hughes per The Caddo Company
Distribuzione: United Artists
Anno: 1932
Durata: 93′ c.a.