I registi de La Progenie del Diavolo e Amores sono al lavoro su una serie incentrata sul tema della clown terapia. Li abbiamo incontrati per parlarne insieme…
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[Luca Ruocco]: Su InGenere vi abbiamo già ospitato con il vostro primo lungometraggio: “La progenie del diavolo”. E poi anche con progetti solitari come i due episodi del progetto “P.O.E.”, firmati da Giuliano. Con “Clown T.” ritornate alla regia a 4 mani [o 2 menti]… A cosa avete lavorato nel frattempo?
[Giuliano Giacomelli]: Tra La Progenie del Diavolo e Clown T. ne è passata di acqua sotto i ponti, effettivamente. Eppure in tutto questo tempo non ci siamo mai realmente fermati, né io e né Lorenzo, e anche se torniamo solo adesso a firmare una co-regia in realtà non abbiamo mai smesso di collaborare. Quando sono stato coinvolto nel progetto P.O.E. – Project of Evil lui mi ha dato una mano fondamentale e poi, nel frattempo, abbiamo anche realizzato insieme [e con noi altri due registi, Lucio Zannella e Francesco Chiatante] un lungometraggio ad episodi molto singolare che risulta però ancora inedito e che, vuoi o non vuoi, è stato determinante in questo drastico passaggio dall’horror alla commedia.
[Lorenzo Giovenga]: E già… Questi anni, da La progenie del Diavolo a Clown T. ci sono serviti per capire bene quale direzione intraprendere e maturare una maggiore consapevolezza registica sia come singoli che come “coppia”. Nel mezzo ci sono stati alcuni cortometraggi e Amores, il film a episodi di cui ha parlato Giuliano, passaggio decisivo, che ci ha permesso di confrontarci con Generi diversi. Il film, infatti, parte in horror e finisce in commedia… Credo che i limiti di Genere siano solo nella mente di chi guarda: il fascino del cinema risiede proprio nella sua sconfinata libertà e intertestualità.
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[LR]:Come nasce il progetto “Clown T.”? Come vi siete avvicinati alla clown terapia?
[GG]: La clown terapia è una tematica che ho sempre avuto molto a cuore e mi ha sempre sorpreso il fatto che attorno a questo Servizio, così nobile, ci sia ancora così tanta ignoranza. L’idea di Clown T. nasce più o meno un anno fa quando vengo contattato dall’associazione ADO [Associazione Dipendenti Ospedalieri] di Sora con la chiara richiesta di poter realizzare un prodotto audiovisivo, di qualunque tipo, per valorizzare la struttura ospedaliera del SS. Trinità di Sora. Ho subito pensato che questa poteva essere la volta buona per fare qualche cosa di interessante circa proprio la clown terapia. Appurata dall’ADO e dalla ASL di Frosinone la possibilità di poter adibire alcune corsie dell’ospedale a set, ne ho subito parlato con Lorenzo Giovenga e in poco tempo ci siamo ritrovati a pensare e scrivere situazione e personaggi.
[LG]: L’idea iniziale è stata appunto di Giuliano, e subito dopo ci siamo messi a pensare al modo di raccontare un mondo così poco conosciuto e variegato come quello della clownterapia… Crediamo che sia interessante scoprire il mondo dei clown dottori sia dentro che fuori dall’ospedale, cercare di comprendere i motivi che li hanno spinti a fare quello che fanno e il modo in cui vivono la loro quotidianità, fatta come tutte le persone “normali” di impegni, lavoro, stress… Quello che si scoprirà è che ognuno di loro ha scelto questa strada per i motivi più disparati. Greta, Damiano e Teodoro, i protagonisti della serie, sono l’uno diverso dall’altro e il bello sarà comprenderli, capire quanto e come il servizio abbia influenzato le loro vite e il modo di affrontare i problemi. Questa attività è così forte che non può non modificare lo stile di vita di chi la pratica. Siamo partiti da questo presupposto e ci siamo documentati il più possibile per offrire un’immagine veritiera del clown dottore cercando al contempo di far ridere e riflettere, evitando inutili toni melodrammatici, tipici di certa fiction nostrana.
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[LR]: A livello di studi preventivi, quanto siete entrati nel mondo dei clown dottori?
[GG]: Molto… e confesso che quella è stata la parte più stimolante del lavoro. Come dicevo prima, c’è ancora moltissima ignoranza attorno al mondo dei clown dottori e quando eravamo in fase di scrittura anche io e Lorenzo ci siamo resi conto di saperne davvero molto poco. Erroneamente si tende ad assimilare troppo i clown dottori con i clown circensi, ma sono due cose completamente differenti. Noi tutto questo l’abbiamo colto grazie al preziosissimo aiuto che ci è stato offerto dalla Onlus ANTAS [Associazione Nazionale Terapie Alternative e Solidali] che ci ha offerto consulenza durante tutta la fase di scrittura, ci ha fatto conoscere dei veri clown dottori che ci hanno raccontato le loro storie e le loro motivazioni. Era nostra intenzione realizzare una serie che potesse dare un’immagine molto veritiera della clown terapia e grazie all’ANTAS credo che siamo riusciti nel nostro scopo.
[LG]: …Senza contare l’illuminante incontro che abbiamo avuto con il “fondatore” della clown terapia [anche se a lui non piace chiamarla così], ovvero Hunter “Patch” Adams. Stralci dell’intervista che abbiamo avuto con lui si possono vedere nel sito www.clownt.it. L’abbiamo incontrato all’interno di un festival chiamato Clown&Clown organizzato nel grazioso paese di Monte San Giusto situato nelle Marche. Siamo partiti da Roma senza sapere se avremmo potuto anche solo stringergli la mano, e invece, grazie alla gentilezza di Luigi Piga, addetto stampa dell’evento, e alla fortuna favorevole siamo riusciti a stare con Patch per ben 45 minuti, a parlare del più e del meno e della nostra serie. E’ stata un’esperienza meravigliosa con una persona unica…
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[LR]: Avete realizzato anche un lungo ad episodi rimasto ancora inedito. Quali sono, secondo voi, le differenze che hanno fatto in modo che questo vostro nuovo progetto potesse interessare a nomi noti dello spettacolo e potesse trovare il supporto di strutture ospedaliere?
[GG]: Già, lo scorso anno abbiamo realizzato il lungometraggio Amores che risulta tutt’ora inedito. Si trattava di un progetto abbastanza anomalo, un lungometraggio ad episodi forse troppo autoriale e sperimentale intento a riflettere contemporaneamente sia sull’amore che sul concetto stesso di cinema. Con Clown T. abbiamo voluto mettere totalmente da parte qualunque pretesa autoriale, abbiamo abbracciato a tutto tondo la sfera del commerciale per realizzare qualche cosa che potesse avere un pubblico quanto più ampio possibile, un prodotto che potesse piacere a tutti e non solo a chi lo fa. Anche perché c’è sempre questa malsana tendenza a guardare con sufficienza i prodotti dichiaratamente commerciali. Io non ci trovo nulla di male, invece, nel commerciale. Il cinema, in questo caso la tv [o il web], è un arte commerciale che si rivolge ad un pubblico e per funzionare o meno ha bisogno del consenso proprio del pubblico. Se si sanno fare con intelligenza, non c’è nulla di male ad approcciare un prodotto commerciale… anche perché sono i prodotti che più facilmente ti consentono anche di avere il “benestare” di grandi nomi dello spettacolo o il supporto di determinate strutture.
[LG]: A differenza di Amores, Clown T. ha una destinazione e una fruizione totalmente diversa. Abbiamo cercato di unire argomenti delicati e socialmente importanti con un linguaggio agile, dinamico e frizzante, un po’ alla Scrubs per intenderci. Io credo sempre che l’utilizzo del Genere nel cinema e nell’audiovisivo in generale, deve servire per veicolare con maggiore forza certi concetti e certe tematiche. A volte una commedia può essere più drammatico di un film drammatico, ma arriva a un pubblico maggiore, perché ha più appeal, fa ridere, divertire… E in questo non c’è nulla di sbagliato. Credo che Clown T. abbia colto l’interesse di nomi noti dello spettacolo per queste sue caratteristiche, nel fatto di essere un prodotto seriale per il grande pubblico, ma di qualità e originale.
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[LR]: Ci snocciolate qualche nome? Come avete scelte le speciale guest da contattare? E che risposte avete ottenuto?
[GG]: Tra le special guest contattate e che hanno aderito con entusiasmo al progetto possiamo sicuramente citare il duo comico Lillo & Greg, Marco Messeri, Renato Scarpa, Giulio Scarpati e Stefano Natale. Alcuni di loro li abbiamo contattati perché, oltre ad essere dei grandi artisti, sono dei miti indiscussi con i quali o io o Lorenzo siamo cresciuti. Stranamente abbiamo ricevuto sin da subito un ottimo riscontro da tutti, il progetto ha subito catturato l’interesse e l’entusiasmo da ognuno di loro. Proprio in merito a ciò, però, voglio ringraziare l’attore Fabrizio Mineo che, oltre a recitare nella serie nel ruolo del “cattivo”, ci ha dato un fondamentale aiuto nella fase di casting della serie.
[LG]: I nomi delle guest li avevamo già in testa fin dal principio, ma non avremmo mai pensato di poterli raggiungere per presentargli il progetto. Ogni volta che ci piegavamo dalle risate per uno sketch di Lillo ci guardavamo e dicevamo: “il dott. Ferrarotti DEVE essere lui!”. Ma tra dire e il fare… E invece poi proprio grazie a Fabrizio Mineo, che si è appassionato fin dall’inizio nel progetto, diventando praticamente il “terzo autore”, abbiamo scoperto che molti nomi non sono così inarrivabili. Alla fine abbiamo dovuto semplicemente incrociare i nostri desideri con la realtà, anche se quasi tutti quelli che avevamo pensato siamo riusciti a contattarli e a farli interessare nella serie. Senza contare poi la conferma di due nomi che ci siamo portati da Amores, ovvero Lina Bernardi [Pane e Tulipani, Baciami Ancora] e Emanuel Bevilacqua [L’odore della notte], attori di eccezionale bravura!
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[LR]: Parliamo, invece, del cast della serie. Chi saranno i protagonisti di “Clown T.”?
[GG]: A vestire i panni dei tre clown dottori protagonisti abbiamo scelto tre giovanissimi attori, secondo me molto bravi e tutti e tre con una formazione totalmente differente alle spalle. Stefano Cavanna ha una grande formazione da conduttore di programmi per bambini, Elena Misti ha una formazione teatrale più classica, mentre Marco Arata è un simpaticissimo ed irriverente youtuber [il suo canale youtube è Mark the Hammer]. Sarà molto divertente vederli interagire, ne sono convinto.
[LG]: Abbiamo deciso di prendere tre protagonisti giovani ma di talento, dei volti freschi a cui il pubblico possa facilmente identificarsi. Come ha ricordato Giuliano li abbiamo presi da ambiti diversi e credo che, senza modestie, siamo riusciti a comporre un bel trio assortito!
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[LR]: Ci sono film o opere di riferimento [“Patch Adams” escluso] a cui vi siete ispirati nell’ideazione?
[GG]: Ovviamente si. Impossibile non avere un modello di riferimento. Paradossalmente Patch Adams non rientra assolutamente nelle opere che abbiamo preso in esame, perché rientra in quella tipologia di film ospedalieri strappa-lacrime intenti solo a far risultare patetiche determinate realtà ospedaliere. La serie che maggiormente ci ha influenzato ad inizio percorso è stata sicuramente Scrubs, serie che amo poiché è riuscita a trovare il giusto modo di suscitare risate pur facendo riflettere trattando tematiche serie e delicate.
[LG]: Oltre a Scrubs l’altro nostro punto di riferimento è stato Modern Family, soprattutto per una certa originalità nello stile e nel linguaggio. Da questa serie abbiamo ripreso per esempio l’uso delle interviste, ibridandole con il mondo ospedaliero di Scrubs.
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[LR]: Avete ultimato le riprese e il montaggio dell’episodio pilota. Da qui in poi quali saranno le vostre mosse?
[GG& LG]: Grazie al sostegno produttivo fondamentale di Cineama, che ha fortemente creduto nel nostro progetto, le riprese sono ultimate e adesso stiamo ultimando la post produzione con musiche e color correction. Le prossime mosse, ora, sono le più delicate di tutte poiché dobbiamo mostrare il pilota ad alcuni grossi investitori che si sono detti molto interessati al progetto. Quindi speriamo di poter trovarci al più presto di nuovo sul set per realizzare tutte le restanti puntate di Clown T..
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[LR]: I toni su cui avete costruito personaggi e storie sono quindi molto più vicini ai toni della commedia che a quelli del dramma?
[GG]: Assolutamente la commedia, è stato il primo vero punto su cui abbiamo posto fermezza io e Lorenzo. Purtroppo quando si fanno prodotti audiovisivi legati all’ospedale, soprattutto per ciò che riguarda le fiction italiane, si tende sempre a realizzare drammoni insostenibili dove sono tutti tristi, tutti arrabbiati e alla fine ci scappa sempre il morto. Ovviamente l’ospedale è tutto fuorché un luogo “felice”, ma se è vero che la missione dei clown dottori è quella di portare colore all’interno delle grigie camere d’ospedale noi abbiamo voluto fare lo stesso e così abbiamo accantonato il lato “drammatico” per privilegiare quello irriverente da commedia.
[LG]: La parte più divertente è stato proprio costruire il mondo di Clown T. costellato da personaggi assurdi e sopra le righe che ruotano attorno ai tre protagonisti. Attraverso questi personaggi sarà possibile sdrammatizzare molte situazioni, evitando inutili toni melodrammatici, tipici della serialità ospedaliera italiana, che non fanno altro che ammorbare lo spettatore. Allo stesso modo di un vero clown dottore anche Clown T. deve portare gioia e colore all’interno di un ospedale, senza glissare sui reali problemi, ma semplicemente trattandoli in modo diverso. Si può riflettere anche sorridendo.
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[LR]: Come pensate che riuscirete a diffondere la vostra serie? Web? Tv?
[GG]: Web o Tv… un dilemma che ci portiamo dietro da diverso tempo, ormai. In realtà vedremo le cose come andranno. Quando il progetto è nato l’abbiamo subito inquadrato come serie televisiva, ma questo semplicemente perché sia io che Lorenzo conosciamo molto poco il mercato delle web series. Poi, appena abbiamo iniziato a scontrarci con la realtà produttiva, ci è stato consigliato da più fronti di guardare maggiormente al mercato web che si sta imponendo come nuova frontiera. Io ritengo che il campo della web serie, in Italia, sia ancora molto acerbo e in via di definizione. Ad ogni modo non intendiamo precluderci nessuna strada e non è detto che entrambe le realtà [web e tv] possano convivere come è successo per la fortunata serie di Cotroneo, Una mamma imperfetta.
[LG]: Ne parliamo praticamente tutti i giorni. Credo che concretamente produrre prodotti come Clown T. per la tv italiana presenta delle difficoltà oggettive, anche perché ora come ora non esistono precedenti… Il web in effetti è la nuova frontiera, credo che, però, deve essere sfruttata nel modo giusto per evitare di gettare una goccia in un oceano…
Luca Ruocco
Roma, dicembre 2013