In un periodo in cui il cinema aveva da poco accettato il nudo sul grande schermo, due dei più astuti artigiani dell’exploitation, Herschell Gordon Lewis e David Friedman [regista il primo e produttore il secondo, già affermati entrambi nell’ambito dell’erotico in salsa trash], pensarono di aggiungere un ulteriore tassello al concetto di mostrabile, virando questa volta verso la rappresentazione esplicita del sangue e della violenza.
Per stessa ammissione di Lewis, questa scelta fu un qualcosa di estremamente ponderato a livello di marketing, basato su tutta una serie di immagini e tematiche che le Major hollywoodiane avrebbero ritenuto proibite a prescindere.
Con più di una strizzata d’occhio al teatro francese del grand guignol, la nostra coppia di maniaci progettò e realizzò nel 1963 Blood Feast, ovvero il titolo che è ufficialmente riconosciuto come il primo film splatter della storia del cinema. Gli intenti erano chiarissimi: mostrare il dettaglio gore in tutta la sua nitidezza grafica, soffermandosi in modo insistito su ogni immagine estrema.
La vicenda [un semplice pretesto sviluppato in uno script che si aggirava intorno alle quindici pagine] ha per protagonista Faud Ramses, un pazzo maniaco che trucida giovani ragazze [asportandone organi o parti anatomiche] come rituale per far reincarnare la dea egizia Ishtar. Scoperto nel finale dalla polizia, morirà in un cassonetto della spazzatura, orribilmente triturato da un auto-compattatore.
La pellicola fu girata in appena nove giorni con un budget ultrarisicato [neanche trentamila dollari]… e si vede: regia dilettantesca, interpreti risibili [una delle protagoniste, Connie Mason, era stata scelta in per aver lavorato come coniglietta di Playboy], scenografie squallide e montaggio ai limiti dell’amatoriale. Nonostante questo, grazie anche ad una massiccia operazione pubblicitaria, il film sbancò in tutti i circuiti di Drive-In [ovvero le cosiddette sale di seconda categoria] dove venne distribuito. Pare che addirittura venissero forniti appositi sacchetti per vomitare, con l’avvertenza che sarebbero potuti risultare utili durante la visione!
A curare gli effetti gore [poverissimi ma per l’epoca sicuramente d’impatto e disturbanti] è lo stesso Lewis, che si sbizzarrisce in una vasta gamma di atrocità, tra cui una lingua e un cuore strappati e una serie di varie amputazioni. Ovviamente, dati i mezzi a disposizione, non vediamo mai il maniaco all’opera durante gli omicidi, ma la sola vista dei cadaveri martoriati bastò a far drizzare le antenne delle varie commissioni censura, che in alcuni casi [tra cui alcune zone della Germania e dell’Inghilterra] arrivarono anche a bandire il film dal loro territorio.
In Italia, invece, arrivò in versione integrale [sottotitolata] solo nella metà degli anni Novanta.
In generale, comunque, la pellicola non riscontrò grossi problemi nella circolazione e ottenne in tempo brevissimo un successo strepitoso, spingendo il duo Lewis/Mason a mettersi subito al lavoro con un nuovo progetto ultragore [il divertente 2000 Maniacs!], dove si nota un piccolo sforzo per migliorare [leggermente] il loro standard qualitativo. In soldoni, difficile assegnargli una votazione: è sicuramente un titolo visionabile per cultura, ma per il resto… siamo davvero vicini a quel cinema spazzatura che viene simpaticamente richiamato alla fine del film, quando si assiste all’orrenda morte dell’assassino in mezzo ad un ammasso di rifiuti.
Secondo le parole dello stesso Lewis: “Non è bello, ma è il primo nel suo genere”.
Lorenzo Paviano
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BLOOD FEAST
Regia: Herschell Gordon Lewis
Con: Mal Arnold, Connie Mason, William Kerwin, Lyn Bolton, Scott H. Hall
Sceneggiatura: David F. Friedman, Herschell Gordon Lewis
Produzione: Friedman-Lewis Productions
Distribuzione: Eagle Pictures
Anno: 1963
Durata: 67′ c.a.