“L’uomo è il più pericoloso tra gli animali” pronuncia il cattivo del film [un efficacissimo Leslie Banks] durante uno dei suoi lunghi sermoni disseminati in tutto il primo atto della pellicola.
Una frase che riassume alla perfezione il concetto che sta alla base dello splendido esordio alla regia del duo Pichel–Schoesack.
Una coppia di cineasti che, l’anno successivo, otterrà il successo planetario con il primissimo King Kong della storia del cinema, girato praticamente in contemporanea a questa pellicola, sfruttando lo stesso set, le stesse scenografie, lo stesso musicista [Max Steiner], buona parte del cast [tra cui la protagonista Fay Wray] e della troupe tecnica.
La pericolosa partita [distribuito anche come Caccia fatale] prende spunto dal racconto The most dangerous game [che è anche il titolo originale del film] di Richard Connell, negli anni saccheggiato a più non posso da una miriade di registi [due almeno i successivi rifacimenti ufficiali: Game of death del ’46 e La preda umana di dieci anni successivo].
La storia vede un famoso cacciatore che scampa ad un naufragio e si ritrova su un’isola tropicale abitata dal Conte Zarloff, che ha restaurato un immenso castello dove vive con pochi servitori. In quel luogo il cacciatore fa la conoscenza di un’altra coppia di naufraghi, un uomo e una donna in attesa da giorni di poter ripartire. Ben presto scopriranno di essere passati dalla padella alla brace, dato che il Conte è in realtà un sadico assassino che provoca intenzionalmente naufragi al fine di accogliere i superstiti nella propria dimora e trasformarli nelle prede delle sue personali battute di caccia.
Questa volta troverà però un degno avversario, abile conoscitore dei vari trucchi del mestiere e disposto a tutto pur di sopravvivere. Autentico antesignano dei successivi B-movies dedicati al filone della caccia all’uomo, il film, rivisto oggi, è un perfetto esempio di cinema exploitation delle origini: momenti di semplice e godibilissima avventura alternati con altri prettamente orrorifici, atmosfera lugubre e ritmo tesissimo [escludendo la prima parte dove si introducono i personaggi], con la sequenza della caccia finale che è ancora oggi da manuale per fotografia e montaggio.
Cinema semplice ma intelligente, che, in poco più di un’ora, mette le basi per tutta una serie di cliché che si ritroveranno a più non posso nel moderno cinema horror [e fantastico in generale]. A livello di violenza esplicita non ci si può certo aspettare grandi effetti e sangue a profusione, ma la scena in cui il Conte mostra ai naufraghi la misteriosa stanza dei trofei [ovvero dove conserva le teste delle proprie vittime] all’epoca deve aver fatto il suo bell’effetto.
Probabilmente omaggiata da Eli Roth nel secondo capitolo di Hostel, è la scena che provocò alla pellicola delle noie con la censura inglese, che tagliò tutte le inquadrature in cui appunto venivano messe in bella mostra le teste mozzate.
In ogni caso, è proprio l’idea alla base del soggetto [fondata sulla bieca depravazione dell’essere umano] che rende questo titolo un caposaldo del cinema Estremo del periodo. Da vedere e rivedere.
Lorenzo Paviano
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LA PERICOLOSA PARTITA
Regia: Irvin Pichel, Ernest B. Schoedsack
Con: Joel McCrea, Leslie Banks, Fay Wray, Noble Johnson, Martin Trowbridge
Sceneggiatura: James Ashmore Creelman
Produzione: Merian C. Cooper, David O. Selznick per RKO
Distribuzione: Anonima Pittaluga
Anno: 1932
Durata: 63′ c.a.