Si è concluso domenica 11 maggio la terza edizione del Road to Ruins, la kermesse musical-cinematografica tra le più interessanti d’Italia, ospitata presso il Nuovo Cinema Aquila a Roma, nel cuore del Pigneto. Film, musica dal vivo e presentazioni di libri hanno caratterizzato una tre giorni interessante e ricca di eventi, organizzata in modo impeccabile.
La collaborazione del festival con il Goethe-Institut e con l’Istituto Polacco di Roma ha permesso di portare in sala alcune produzioni che difficilmente il pubblico italiano potrà reperire e vedere in altro modo.
Underground e marginalità è stato il tema di questo festival ma, se vogliamo, possiamo abbinare dei sotto-temi alle singole giornate.
Nella giornata di venerdì 9 maggio sono stati inseriti documentari come Twende Berlin, Comrade Coutue, Art War, e i nostri Viva le Rock e Situazione. Tutti film che focalizzano il concetto dell’arte al servizio della società; documentari che mostrano come grazie all’arte si possano risolvere problemi o di come attraverso l’arte si possano esprimere le proprie idee e non ultimo di come l’arte può essere motore di coesione sociale.
La kermesse è iniziata con la proiezione del documentario di Upendo Hero & Dr Farasi, Twende Berlin, del 2011. Grazie alla collaborazione del gruppo musicale keniano degli Ukooflani e di Upendo Hero [una sorta di supereroe dalla testa a forma di cuore che diffonde il suo messaggio di amore per gli spazi pubblici], il regista esplora Berlino alla ricerca dei quartieri e degli spazi creativi occupati, interagendo con artisti, attivisti e anche semplici cittadini, cercando di capire come è perché il fenomeno della gentrification [traducibile come imborghesimento] è dannoso per le città e come potrebbe essere risolto.
Un documentario divertente per un viaggio, scandito dalle melodie degli Ukooflani, nelle svariate facce di Berlino.
Comrade Couture è stato il primo dei due documentari di Marco Wilms proiettati. Il film, del 2008, ruota intorno al tema della creatività come elisir di lunga vita. Attraverso un salto nel passato, neanche poi così tanto lontano nel tempo, Marco Wilms ci riporta nella Germania est e ci racconta il fenomeno Chic, Charmant und Dauerhaft, etichetta della stilista Sabine von Oettingen, e della natura anticonformista di coloro che gravitavano intorno a questo fenomeno. Il fine era quello di provocare per poter conquistare quella libertà personale limitata dalle severe regole del sistema sosialista.
Il secondo documentario di Marco Wilms presentato è Art War. Il film è una anteprima italiana e, per l’occasione, era presente anche il regista. Art War è un incredibile viaggio nel cuore della rivoluzione egiziana, dalla caduta di Mubarak fino agli eventi del 2013, attraverso la street art e la musica. Il regista ha seguito per le strade del Cairo, da piazza Tahir al quartiere di Zamelek, diversi artisti tra i quali Ammar, uno street artist, la cantante electro-punk Bosaina, il graphic designer Ganzeer e il cantautore Ramy Essam.
E’ stato lo stesso Marco Wilms a raccontare della nascita casuale del documentario. Inizialmente il regista era interessato a documentare gli avvenimenti politici quando, ad un certo punto, si è accorto del fatto che gli artisti partecipavano diversamente alla rivoluzione; lo facevano attraverso quello che sapevano fare meglio, soprattutto attraverso i graffiti che, come ha detto Wilms, sono lo specchio della rivoluzione, realizzati nei luoghi della rivoluzione.
Marco Wilms ha rivelato come e perché, verso la fine delle riprese, ha deciso di fermarsi: ad un certo punto, il regime che ha sostituito quello di Mubarak ha iniziato a prendere di mira gli artisti che non si sono scoraggiati e anzi erano ancora più motivati nel portare avanti la loro forma di protesta, a costo della vita. Più volte hanno provato a rubare la camera e almeno in tre occasioni il regista è stato bersaglio di sparatorie nel quale, ci dice Wilms, non puoi mai sapere se sono usati proiettili veri o di gomma. In quel momento il regista ha deciso di fermarsi.
A chiudere la prima delle tre giornate del Road to Ruins, due documentari italiani: Viva le Rock di Alessandro Valenti e Situazione di Alessandro Piva.
Viva le Rock è una sorta di fiction presentata come documentario; Alex, il protagonista, ha trentacinque anni e sta per uccidersi. A salvarlo la proposta di seguire una indie-rock band brasiliana scelta per aprire il concerto di Lou Reed. E’ grazie a questa possibilità concessagli che Alex riesce a rivivere un mondo immaginario anni ’70. Un viaggio costellato da Sex Pistols, Sid Vicius e Johnn Thunders. E’ la musica, il rock, che alla fine salverà Alex.
Diverso il documentario di Alessandro Piva. Situazione, presentato al BIF&ST, racconta di un fenomeno culturale e musicale che prende vita nel 2002 in Salento, il Farfly. Un fenomeno che da essere una sorta di raduno per pochi si è trasformato ed evoluto in quello che è tutt’ora, un rave, una festa che riunisce tantissimi giovani che si ritrovano a vivere una situazione diversa da quella che è la realtà quotidiana meridionale. Con Situazione, Alessandro Piva conferma il suo feeling con la Puglia; dopo La capa gira e mio cognato, ambientati entrambi a Bari, l’autore di Pasta nera torna a parlare pugliese.
Tra una proiezione e l’altra ci sono state le presentazioni di due libri, entrambi editi da Rave Up Books, Noi conquisteremo la luna di Federico Guglielmi nel quale sono riproposti tutti gli articoli, le recensioni e le interviste, firmate dall’autore del libro, che riguardano il post-punk italiano nel periodo 1980-1985 e Lo stivale è marcio di Claudio Pescetelli, che affronta in maniera approfondita gli eventi che hanno caratterizzato il periodo punk-rock che va dal 1977 al 1980. Oltre ai libri, apazio anche alla musica con i live set di Christian Rainer, Holiday Inn e Transonus che hanno poi lasciato lo spazio a Dj Alexeief e a Dj Incubation.
Il sotto tema della seconda giornata potrebbe essere facilmente identificato quello dell’identità: in My name is Janez Jansa tre artisti decidono, nel 2007, di cambiare ufficialemente il proprio nome e di assumere quello di Janez Jansa, in un gesto a metà tra arte concettuale e attivismo politico.
In Peaches does herself è portata in scena la sconvolgente electro-rock opera in cui la musicista canadese [Peaches] ma berlinese d’adozione, mette in scena un doloroso percorso alla ricerca della propria reale identità. Il risultato è un opera che abbatte i generi per essere ciò che si vuole e che più si desidera.
Gli anni 80 hanno visto, in poco tempo, emergere, esplodere ed alla fine implodere quella che è definita la band inventrice della musica Techno, i Fraktus. Fraktus [il documentario] riunisce dopo trent’anni il gruppo. Attraverso episodi seri ed altri al limite della comicità, il gruppo va alla ricerca della propria identità perduta, alla ricerca, nel mondo attuale, di un mondo ormai superato ma che è il loro mondo.
Che il mio grido giunga a te invece racconta, attraverso le testimonianze di esperti e protagonisti, il fenomeno, diffusosi in tutta Italia, delle Messe Beat. Un fenomeno curioso che ha coinvolto, e coinvolge ancora oggi, un pubblico estremamente eterogeneo. Al termine della proiezione è poi andata in scena l’esibizione del gruppo de Gli Illuminati.
Frank e il resto del mondo è il titolo del libro [edito da Armando Curcio Editore] che Alassendra Izzo ha presentato in occasione del Road to Ruins. Un volume su Frank Zappa che, attraverso una serie di interviste, vuole svelare il lato umano di Zappa. Non vuole quindi essere solo un omaggio al musicista ma anche e soprattutto all’uomo Frank Zappa e alle sue relazioni con gli altri, inclusa l’autrice.
Prima della chiusura con il live set del Dj Silver boy, è andata in scena la serata tributo a Roberto Freak Antoni con I contro, Toaf the leather Experience, Laser Cobra e Donatella Mei che hanno voluto rendere omaggio all’artista scomparso lo scorso 12 febbraio.
Nella giornata di chiusura, a farla da padrone è stato soprattutto You are god, film polacco di Leszek Dawid campione d’incassi nel 2013 in Polonia. Il film porta sul grande schermo la vera storia del gruppo hip-hop Paktofonika [PFK] che negli anni ’90 ha caratterizzato la scena musicale polacca. Il gruppo nato nel 1998 ha all’attivo un solo album, Kinematografia, uscito poco prima del suicidio del leader del gruppo, Magik. Nel 2003 il gruppo, senza Magik, si esibisce per l’ultima volta prima di sciogliersi. La grande accoglienza riservata dal pubblico polacco era in un certo senso scontata visto il grande amore dei fan che hanno fatto della giovane band una leggenda nazionale. Qualche problema, ci dice il regista presente in sala per la proiezione, è stata riscontrata negli altri paesi a causa della lingua.
A mio parere You are god è un film che meriterebbe una distribuzione più ampia in modo che il grande pubblico, al di là delle proprie preferenze musicali, possa in primis conoscere un pezzo di storia musicale e poi assistere ad un gran bel film.
Prima di You are god sono stati presentati altri due film, Anvil! The story of Anvil e Biografreak. Il primo racconta il breve periodo di popolarità avuto dal gruppo canadese Anvil negli anni 80 che, dopo lo straordinario successo avuto con l’album Metal on Metal vengono completamente dimenticati. Sacha Gervasi, regista del film, gioca sullo struggente contrasto fatto da un passato glorioso e un presente di debiti, lavori umili e ricordi.
Biografreak è un ritratto intimista di Roberto Freak Antoni, il racconto del personaggio ma anche di un intero periodo storico e del movimento demenziale.
Buone le premesse ma, purtroppo, non la resa di questo documentario che in realtà non si capisce cosa voglia raccontare, lasciando la narrazione in una sorta di limbo, accennando ma non approfondendo. Peccato!
Il connubio cinema-libri-musica continua, e non poteva essere che così, anche nell’ultima giornata del festival: è Militant A, componente del gruppo underground rap romano Assalti Frontali, a presentare il suo libro Soli contro tutto [edito da Editori Riuniti], che in un romanzo-diario parla di emarginazione e di lotta in una Roma diversa da quella idealizzata dalle cartoline, una Roma vera, nascosta e commovente, meticcia e interculturale, racchiusa in una scuola elementare in cui si incrociano mondi diversi. Una storia di periferia, con una strada, la casilina, che divide due realtà, quella di una scuola occupata da un lato e quella dei rom nascosti ai margini della società dall’altra. Due realtà che si fondono in una sola nella lotta contro i potenti per un unico diritto, quello della dignità.
La parte musicale è stata invece affidata al live set di Er Piotta con Le Mura e al live set di Dj Pol G.
Vista la ricchezza culturale di questo festival, ci auguriamo di poter assistere anche ad edizioni future del Road to Ruins.
Filippo Pugliese