Il film è una commistione di Generi e di istanze cinematografiche contemporanee, confinate entro il recinto delineato dalle logiche del cinema d’intrattenimento. Il primo lavoro di Joseph McGinty Nichol [McG] non girato negli Stati Uniti è un film d’azione intriso di cultura pop [di cui proprio McG è oggi uno degli esponenti più prominenti in campo non solo prettamente cinematografico, ma anche per quello che riguarda videoclip musicali, spot pubblicitari e musica] che risulta gradevole e a tratti suggestivo, pur presentando difetti tipici dell’action movie contemporaneo, fra i quali la fraintendibile pomposità della messa in scena e la stilizzazione a tratti forzata dei dialoghi e dei gesti [paradossalmente].
Per ampliare il discorso si potrebbe affermare che il cinema d’azione d’intrattenimento, incredibilmente ricco di effetti speciali e facente ricorso così massicciamente alla tecnologia in ripresa, pre- e post-produzione, forse oggi non è stato del tutto compreso dal pubblico in termini di possibilità artistiche e di intrattenimento.
E’ vero infatti che il pubblico di età più avanzata fatica ancora molto ad adattarsi al “nuovo“ cinema digitale, quello più giovane invece, cresciuto nell’era delle immagini numeriche e degli effetti speciali, non riesce ancora nel modo migliore a valutare in toto opere della tipologia del film preso in esame. Il divertimento tuttavia non verrà negato a nessuno.
Ethan Renner [interpretato da Kevin Costner, con alle spalle una lunga e variegata carriera come icona del cinema mondiale] è un agente della CIA in procinto di lasciare le pericolose mansioni in seguito alla scoperta di una grave malattia [arrivata dopo il fallimento di una importante missione in Serbia] e intenzionato a raggiungere la ex-moglie Christine [Connie Nielsen] e la figlia Zoey [Hailee Steinfeld, la Mattie Ross bambina in Il Grinta, dei fratelli Coen] a Parigi.
Proprio giunto in città riceve, dalla collaboratrice della CIA Vivi [Amber Heard], la proposta di tornare al lavoro per un’ultima missione [in realtà completamento e “ampliamento” di quella fallita a Belgrado], in cambio di una cura sperimentale [che ha per controindicazione un potentissimo effetto allucinogeno placabile solo grazie alla vodka] per il neoblastoma dal quale il protagonista è affetto, dando così a quest’ultimo la possibilità di trascorrere dei mesi in più con la propria famiglia [da sempre trascurata].
La sorte vuole che, proprio durante i tre giorni adibiti alla strenua caccia all’uomo [The Wolf] che si trova provvidenzialmente [per la CIA] a Parigi, la madre della figlia di Ethan sia all’estero per lavoro, e che all’uomo tocchi risanare, proprio in questo lasso di tempo, il rapporto di una vita con una ragazzina nel pieno di una crisi adolescenziale.
Il film così prende una piega comica e surreale, sviluppando la narrazione nel pieno del cuore pulsante di una metropoli “post-moderna” [in qualche modo coprotagonista dell’opera, come del resto lo è in molti altri film degli anni 2000 e non solo] popolata da personaggi vari [e anche variopinti] che edificano coralmente un mondo “pop” e parossisticamente teso al dinamismo.
La sceneggiatura di Luc Besson [in collaborazione con Adi Asak] non smentisce i canoni e i punti di riferimento del regista francese [forse uno dei più discussi degli ultimi tempi, alternando da sempre lavori innovativi e godibili ad altri piuttosto trascurabili o addirittura sconsigliabili].
Ethan dunque è un archetipico personaggio “americano” dalle maniere forti proiettato in una città straniera e popolata delle più disparate individualità [dagli squatters occupanti la casa del protagonista a improbabili venditori di automobili di lusso] che deve, per “salvare” la propria vita, uccidere per ordini di una femme fatale [mutuata dalla celeberrima Mia Wallace di Pulp Fiction] in una Parigi oscura quanto ridonante di colori fluorescenti e accecanti. Le intense scene d’azione [condite da rallenty mirabolanti e vaste panoramiche] si alternano a siparietti umoristici con altri personaggi e soprattutto con la figlia Zoey [con la quale finalmente riuscirà a riconciliarsi].
Da ricordare certamente la sequenza dell’inseguimento, fortemente ispirata a C’ètait un renne-zvous [1976] di Claude Lelouch e intensificata dai mezzi tecnologici di oggi.
Certamente temi del genere [per non parlare delle citazioni più disparate dal cinema francese e americano] non sono stati sviluppati esaustivamente, soprattutto da dialoghi [e sceneggiatura] che si sarebbero potuti scrivere con un approccio diverso [sembra di vedere altri film di McG come Charlie’s Angels – Più che mai o Terminator Salvation in location parigine così ben conosciute da Luc Besson in veste di solo sceneggiatore], ma certamente non manca quella sovrabbondanza di immagini coloratissime e suggestioni cinematografiche e non solo gettate nel gigantesco calderone del Pop e dell’attuale cinema mainstream [meriterebbe forse ancora un discorso a parte la fenomenologia e l’estetica particolarissima di questa tipologia di film, specialmente d’azione].
Tornando al film nello specifico, concludendo, gli amanti dell’action movie non verranno certamente delusi, e nemmeno coloro che apprezzeranno la fotografia curatissima e la stereoscopia [forse anche un po’ fine a sé stessa] e che non baderanno troppo all’articolazione della sceneggiatura [il cinema d’azione non la richiede in termini così perentori o “classici”]; certamente le mancanze sono molte e diversificate, non ultime quelle riguardanti la “sterilità” dei dialoghi e il poco significato che sorregge il tutto, facendo scadere il film nella parziale vacuità e nell’intrattenimento puro, anche se non privo di legittime quanto embrionali rivendicazioni quasi autoriali [per McG l’humour, non così sorprendente].
Marco Natola
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3 DAYS TO KILL
Regia: McG
Con: Kevin Costner, Hailee Stainfeld, Connie Nielsen, Amber Heard
Uscita in sala in Italia: giovedì 5 giugno 2014
Sceneggiatura: Luc Besson, Adi Asak
Produzione: Europacord, Relativity Media
Distribuzione: Eagle Pictures
Anno: 2014
Durata: 117’