P.O.E. – Pieces of Eldritch è il terzo capitolo della saga P.O.E., ideata da Domiziano Cristopharo e Giovanni Pianigiani. Il progetto è un contenitore di diverse opere cinematografiche, sei corti per la precisione in questo terzo capitolo, realizzate da altrettanti registi.
Anche questa volta, come per le altre due, si tratta di un horror ad episodi ispirato alle opere di Edgar Allan Poe. Ad introdurci nelle storie è Venantino Venantini che, in uno studio tv, racconta al pubblico gli incipit delle sei storie da brivido.
I sei corti che compongono P.O.E. – Pieces of Eldritch sono: Il Barile di Amontillado dello stesso Domiziano Cristopharo; Ombre di Edo Tagliavini; Morella di Ricky Caruso; Re Peste di Alessandro Radaelli; Mai scommettere la testa col diavolo di Mirko Virgili; Sei tu il colpevole di Francesco Campanini. Sia Domiziano Cristopharo che Edo Tagliavini hanno partecipato anche agli altri due capitoli di P.O.E. [Poetry of Eerie e Project of Evil].
P.O.E. – Pieces of Eldritch è stato proiettato in anteprima alla XXXIV edizione del Fantafestival di Roma.
I sei cortometraggi qui presentati sono delle rielaborazioni di alcuni racconti di Edgar Allan Poe che i sei registi hanno realizzato in base alla propria visione dell’originale. I racconti di Poe sono delle opere senza tempo, attualissimi anche ai giorni nostri, proprio come le storie rielaborate in P.O.E. 3, tutte ambientate nel nostro mondo contemporaneo, fatto probabilmente di orrori ben peggiori di quelli raccontati dallo scrittore americano.
Ci si trova così di fronte a diversi temi, soprattutto quello della vendetta, protagonista del primo episodio, Morella di Ricky Caruso. Protagonista è una donna alle prese con i ricordi; ricordi d’infanzia che riaprono ferite mai del tutto guarite; ferite che spingono la protagonista ad una caccia all’uomo, per la verità durata il tempo di una ricerca online, e alla successiva vendetta; una vendetta consumata lentamente, asfissiante. Episodio a tratti duro, esplicito ma ben realizzato.
Del secondo episodio, se non fosse per le didascalie sullo schermo, non ci si immaginerebbe mai la location. Poi tutto si fa chiaro quando si arriva alla corte di Re Peste. E’ questo il titolo del secondo episodio, opera di Alessandro Redaelli. Il regista ci catapulta davanti al palcoscenico, siamo di fronte ad una rappresentazione teatrale. I protagonisti, dopo essere riusciti a scappare da una locanda, senza pagare il conto, si ritrovano ospiti non invitati ad un banchetto di appestati. Per salvarsi, dovranno lottare duramente.
Un episodio è davvero molto interessante a livello visivo e registico, il tutto però risulta molto difficile da decifrare, soprattutto sul finale.
Il terzo episodio è opera di Domiziano Cristopharo. Un uomo, crocifisso e murato dentro una stanza, nudo e con il corpo martoriato. Probabilmente una vendetta. In questo episodio lo spettatore non sente sussurrare una sola parola, solo gemiti, immagini e musica; al tempo stesso lo spettatore non sa nulla di quello che è avvenuto prima e, quello che succede dopo non si capisce se sia reale o meno. Nonostante alcuni elementi facciano supporre vicende precedenti, grosso modo lo spettatore si trova inerme ad assistere al corso degli eventi, ignaro di tutto. Bello, bella la fotografia, bella soprattutto l’idea di raccontare non raccontando.
Con il quarto episodio, Sei tu il colpevole di Francesco Campanini, andiamo dritti al thriller. Come ci dice l’incipit di questa storia, raccontato da Venantini, non si sa né dove, né in che periodo siamo. Proprio come le storie di Poe, senza tempo, anche questo episodio è ambientato non si sa quando. Nel 1800? 1900? 2000? Sappiano solo che siamo in estate, in un casale nel bosco; un vecchio e abbandonato istituto di igiene mentale, un manicomio. Poi un omicidio, una scomparsa. Strane presenze e strani avvenimenti. Un morto che torna in vita. Una messa in scena per arrivare a smascherare il colpevole. Un thriller ben realizzato nonostante alcune pecche, soprattutto riguardo l’inglese dei personaggi.
Insieme all’episodio di Cristopharo, questo è quello maggiormente riuscito: Ombre di Edo Tagliavini è una storia horror che fa davvero paura. Qui viene raccontato il rapporto particolare tra una bambina e la sua migliore amica, la sua ombra. Ombra che diventa una cosa reale, gelosa e vendicativa. Uccide dei cani, rei di essere stati accarezzati dalla bambina, uccide la nonna, presenza a dir la verità più morta, davanti alla tv, che viva già da prima. Ma quello tra la bambina è la sua ombra è un legame troppo forte. La piccola riuscirà alla fine a controllarla e ad usarla per vendicarsi. Tra tutti i corti presenti in P.O.E. – Pieces of Eldritch è certamente il più particolare. Un corto che rasenta la perfezione. Ambientazioni cupe si alternano ad ambientazioni solari, creando un meraviglioso contrasto. Bravissima la bambina [figlia del regista] per la sua interpretazione. Accattivante la fotografia.
Mai scommettere la testa col diavolo di Mirko Virgili è il sesto e conclusivo racconto di P.O.E. 3. In questo corto troviamo la miglior interpretazione dell’intero film. Tutti gli attori danno il loro meglio, arrivando ad un risultato eccellente. La troppa avidità, la troppa superbia e la bramosia di successo spingono il protagonista a sfidare niente po po di meno che il diavolo in persona. Il risultato non può che far perdere la testa.
P.O.E. – Pieces of Eldritch è un film che nel complesso piace, composto da ottimi lavori singoli. Alcuni elementi sono di notevole rilievo, come la fotografia o le interpretazioni di alcuni episodi. Tutti mostrano una certa originalità, chi più chi meno. Certo, alcune cose sarebbero da rivedere, ma nel complesso è un film che convince e, soprattutto, non annoia lo spettatore.
Filippo Pugliese
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P.O.E. – Pieces of Eldritch
Regia: Domiziano Delvaux Cristopharo, Edo Tagliavini, Ricky Caruso, Alessandro Redaelli, Francesco Campanini, Mirko Virgili
Con: Venantino Venantini, Frank Laloggia, Wayne Abbruscato, Arian Levanael, Federico Ivan Biagioli
Sceneggiatura: AAVV
Anno: 2014
Durata: 90’
Nazionalità: Italia