Oggi vi presentiamo un giovanissimo autore di cinema fantastico, Fulvio Risuleo: abbiamo avuto il piacere di ospitarlo per due anni di seguito al Fantafestival. Nel 2013, con l’onirico Theremin, e durante l’ultima edizione con Lievito madre, cortometraggio vincitore del Pipistrello d’Oro come Miglior Corto Italiano. Lo stesso lavoro è stato, sempre nel 2014, premiato al prestigioso Festival di Cannes.
Incontriamo Fulvio per parlare del suo ultimo lavoro: un reportage in 20 parte sulla Parigi bizzarra da lui vissuta in prima persona… o per lo meno immaginata!
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[Luca Ruocco]: Cominciamo prendendola alla larga, ti va? Fulvio Risuleo è un giovane regista e fumettista. Tanti cortometraggi e qualche opera a fumetti alle spalle, diversi anni di attività attoriale in teatro… Poi il Centro Sperimentale di Cinematografia, a Roma. Ma chi è il Fulvio Risule Bizarre?
[Fulvio Risuleo]: Nella mia testa, ogni giorno, si formano delle idee. Spesso arrivano dalla realtà che mi circonda e dai discorsi della gente, altre volte il processo è più irrazionale. Io mi limito a capire di che si tratti; alcune possono diventare storie disegnate, altre invece hanno bisogno di suono e movimento, quelle più astratte necessitano di più tempo per assumere la forma che desidero. Le migliori le dimentico. Se si parla di film le idee sono state lavorate, condivise, manipolate, evolute e hanno assunto forme complesse, tridimensionali. In Reportage Bizarre, per esempio, alcune idee le ho mostrare così, appena nate.
[LR]: Prima di arrivare a “Reportage Bizarre”, parliamo dei tuoi ultimi lavori, in particolare di “Lievito madre”, cortometraggio che ti sta regalando parecchie soddisfazioni…
[FR]: Lievito madre è il corto di Diploma del Centro Sperimentale di Cinematografia. Il risultato di tre anni di studio. Ho passato questo ultimo periodo a calibrare la mia voglia di lavorare con il fantastico irrazionale e la necessità di inserirlo in una storia cinematografica di tipo narrativo. Lievito madre è la sintesi di tutto questo lavoro e sono contento che tanti festival in giro per il mondo lo stiano proiettando. Mi fa capire che il lavoro è comprensibile e universale. Così adesso posso dedicarmi a qualcosa di diverso, che possa andare oltre.
[LR]: In tutti i tuoi lavori, del passato e del presente, è sempre visibile una venatura di irreale, di onirico, di grottesco quasi sognato, che permea la realtà…
[FR]: E’ vero, è sempre presente. Questo deriva dal fatto che io è così che ragiono, anche nelle situazioni quotidiane… mi viene naturale. A scuola quando mi facevano un po’ di problemi per questo ho provato a scrivere qualcosa di diverso, ma proprio non mi sentivo a mio agio.
Quando ero bambino mi divertivo a far ridere con personaggi e storie strampalate una platea composta da mia sorella e i miei cugini. Loro mi stavano a sentire, io ero soddisfatto e quindi continuavo a farlo. Ho passato tante domeniche così. Ora per me gli spettatori sono come loro, io sono felice se la gente riesce a seguire i miei discorsi e magari riesce a farli propri.
[LR]: Chi sono i tuoi registi di riferimento? E quali i tre film che più ti hanno fatto innamorare di quello che poi è diventato il tuo lavoro?
[FR]: Per semplificare la risposta e non nominare sempre il classici del cinema americano anni ’70 scrivo tre film che mi hanno colpito quando li ho visti al cinema: Appuntamento a Belleville, L’arte del Sogno e In Bruges [come extra metterei anche Il grande capo]. Sono film in cui tanti trovano difetti, ma per me sono dei punti di riferimento. I registi che seguo sono quelli che non cedono a compromessi, o che usano il compromesso dell’industria cinematografica per sperimentare. Quelli onesti con se stessi e con gli spettatori.
[LR]: Travalicando dal cinema alle altre arti da te frequentate: quali sono i fumettisti/fumetti e gli autori/drammaturgie che senti parte del tuo bagaglio?
[FR]: C’è Tintin, Altan, Burns nel fumetto. I primi album di Vinicio Capossela e le sue atmosfere da bar in chiusura. Roland Topor come artista a tutto tondo e Giulio Perri, che conosco personalmente e non è famoso come questi autori qui, ma spesso si dimentica che le persone che influenzano di più sono quelle vicine, con cui si può parlare, discutere e avere uno scambio reale.
[LR]: Passiamo alla Francia: come nasce e come definiresti il tuo “Reportage Bizarre”?
[FR]: Nasce dalla voglia di fare un progetto differente da quelli della scuola. Lavorare sul “processo creativo” e su una narrazione diversa, con schemi meno definiti. Un progetto più solitario, in cui ho avuto modo di indagare anche su me stesso. Per me si può definire un’installazione per il web.
[LR]: “Parigi bizzarra in venti parti”, titolo e sottotitolo del tuo nuovo progetto sembrano voler rimandare alla tradizione dei mondo movies, ma anche in questo caso potrebbe trattarsi solo di una suggestione di chi guarda. Come per “Lievito madre”, che mi pareva guardasse a “Possession” di Zulawski, film che mi dicevi di non aver mai visto!..
[FR]: Mondo Cane e simili non sono stati film di riferimento, tutt’al più i documentari un po’ inventati di Herzog e il suo libro Sentieri nel ghiaccio.
[LR]: “Reportage Bizarre” è un cine-racconto che sguscia tra il vero e il falso, tra l’immaginario e il credibile… Ma come hai lavorato drammaturgicamente e a livello organizzativo, alla cosa?
[FR]: E’ stato un lavoro complesso. Sono partito con la decisione di fare 20 frammenti per venti quartieri da fruire sul web in maniera non cronologica. Non avevo però nulla di più. A Parigi, città che non conoscevo, mi sono fatto guidare dall’istinto e dai consigli di amici e sconosciuti che trovavo lì. La storia la scrivevo giorno per giorno. A volte ho rigirato gli stessi frammenti più volte. Spesso riprendevo qualcosa, la riguardavo la sera, capivo il significato e poi il giorno dopo tornavo a girare. Almeno 12 ore al giorno per un mese ho fatto questo, ho cercato di considerare Parigi, la città dai mille volti del turismo, come se fosse un paese esotico. Ho cercato di lavorare più come un fotoreporter che come un regista.
[LR]: Inserisci nella narrazione di “Reportage Bizarre” alcuni livelli di “mistero”: dall’indagine di polizia, al personaggio zoppo che ritorna a varie riprese… ai dinosauri rosa! Come hai messo insieme questi nodi?
[FR]: Le idee mi venivano da quello che trovavo. Parigi è la città dell’ispettore Maigret, questo si respira ovunque. Non poteva non esserci qualcosa che ricordasse il giallo. Il mistero genera curiosità quindi è necessario. Per quanto riguarda i dinosauri, che dire, Parigi ne è piena!
[LR]: A livello tecnico, come hai lavorato a “Reportage Bizarre”?
[FR]: Ho usato una macchina fotografica compatta Fuji x10 che mi ha permesso di passare inosservato e un piccolo microfono stereo. Due frammenti sono girati con il “biafòn”, un apparecchio che ho progettato per riprendere uno split screen “in diretta” con due I-Phone [Apple solo perché sono i supporti gemelli più facili da farsi prestare]. Per la scena al café è l’unica che ho scritto una traccia di sceneggiatura. Ed essendo l’unica “cinematografica” mi sono fatto aiutare da un fonico professionista. Tornato a Roma con la mia squadra di collaboratori fidati ho montato, lavorato il suono, colorato e manipolato a dovere. Una lavorazione durata in tutto circa sei mesi.
[LR]: Il tuo reportage sulla Parigi bizzarra è ora online sul sito www.reportagebizarre.com. Era già nei tuoi progetti sin dall’inizio realizzare un itinerario interattivo online, o il progetto si è evoluto durante la lavorazione?
[FR]: Il progetto si è evoluto nel senso che le idee e le storie le trovavo man mano. Ma tra i pochi punti chiari e fermi c’era il desiderio di sperimentare questa forma di “cinematografia diretta”.
[LR]: Toglici un po’ di preoccupazione… Come è la vera Parigi!? Quanto è simile a quella bizzarra che racconti nel tuo reportage?
[FR]: In Reportage Bizarre ho cercato di estremizzare le suggestioni misteriose e curiose. Racconta solo un aspetto di Parigi, ma per me è quello più interessante.
[LR]: Quali sono stati, in patria e a Parigi, i primi feedback a “Reportage Bizarre”?
[FR]: Difficile decifrare i pareri del Web. Alcuni mi hanno scritto che dopo averlo visto hanno iniziato a vedere dinosauri. Altri hanno voluto provare il Durian, il frutto spinoso. Altri ancora, da Roma, dicono che il reportage gli ha fatto venire il desiderio di andare a Parigi… Il bello del Web è che si può raggiungere tutto il mondo, è una grande soddisfazione constatare che ci sia gente che lo stia vedendo in Africa, Asia e Australia.
[LR]: Raccontaci i tuoi progetti attuali…
[FR]: Adesso sto terminando la sceneggiatura di un lungometraggio cinematografico. Con la Revok Film siamo alla ricerca di fondi. Si tratta di un road movie sui tetti di Roma, un viaggio dalla mattina alla notte di un giovane alla scoperta di una Roma un po’ vera, un po’ finta. In più ci sono una serie di corti più o meno complicati che dovrei girare a breve.
Luca Ruocco
Parigi, agosto 2014