Che si tratti di documentari o di lungometraggi di finzione, Vittorio Moroni rimane saldamente ancorato ai temi a lui cari come la famiglia, con i legami e le dinamiche che la caratterizzano, ma anche la diversità nelle sue diverse accezioni, il rapporto con l’altro e l’integrazione. Temi, questi, che non possono non fare capolino nella sua ultima fatica dietro la macchina da presa di fiction, ossia quel Se chiudo gli occhi non sono più qui che a quasi un anno di distanza dalla presentazione al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione “Alice nella città” approda finalmente nelle sale a partire dal 18 settembre, grazie allo sforzo congiunto di Maremosso e Lo Scrittoio.
Raccontando l’incontro non casuale tra un adolescente di origini filippine e un aziano che nasconde un tremendo segreto, Moroni porta sul grande schermo un romanzo di formazione che intreccia il proprio dna drammaturgico con tematiche di forte attualità [l’abbandono scolastico, la crisi economica, l’immigrazione e il lavoro in nero] e con il classico dramma a sfondo familiare; ed è soprattutto su quest’ultimo che lo script firmato a quattro mani con Marco Piccarreda punta più di ogni altra cosa.
C’è spazio ovviamente anche per il tradizionale rapporto generazionale, per i concetti di scelta e redenzione, che permettono alla storia e ai personaggi che la animano di svilupparsi e muoversi in più direzioni e registri, trasferendo alla platea di turno un messaggio chiaro e preciso, ossia che le radici dell’essere genitori non sono soltanto nei legami di sangue e di natura. In tal senso, il giovane protagonista non ha più padri ne maestri che lo aiutino a sognare e per questo si vede costretto a imparare da solo a farlo. In questo percorso di scoperta, sempre costantemente in salita, troverà lungo la sua strada un uomo che gli aprirà gli occhi sul futuro, facendogli mettere una volta per tutte una pietra sopra quel passato di dolore e sofferenza che fino al momento del loro incontro non era riesciuto e non voleva dimenticare.
Come in Tu devi essere il lupo, il regista e sceneggiatore valtellinese alterna momenti vibranti a passaggi di lirismo mai fini a se stessi [vedi la dilatazione temporale ottenuta attraverso l’uso poetico del ralenti nella sequenza della partita a ping pong a scuola], con cui lega il paesaggio agli stati d’animo dei personaggi. La naturalezza della recitazione, il buon disegno delle figure principali [il terzetto formato dall’esordiente Mark Manaloto, Giorgio Colangeli e Giuseppe Fiorello, funziona benissimo] e secondarie, unite al minimalismo nella messa in quadro che richiama a un approccio di natura documentaristica [torna alla mente Io sono Li di Andrea Segre], consentono alla pellicola di navigare in acque tranquille al di sopra della superficie della sufficienza.
A non convincere, invece, sono le punte di buonismo gratuito, ma in primis i non pochi passaggi a vuoto e le digressioni disseminate qua e là nella timeline, che interrompono e destabilizzano il flusso emozionale che dallo schermo si riversa in maniera discontinua sulla platea. Ciò frena bruscamente il decollo definitivo di un film che aveva tutte le carte in regola per colpire lo spettatore al cuore; un cuore che Se chiudo gli occhi non sono più qui finisce solo con lo sfiorare.
Francesco Del Grosso
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SE CHIUDO GLI OCCHI NON SONO PIÙ QUI
Regia: Vittorio Moroni
Con: Giorgio Colangeli, Giuseppe Fiorello, Mark Manaloto, Hazel Morillo, Elena Arvigo
Uscita in sala in Italia: giovedì 18 settembre 2014
Sceneggiatura: Vittorio Moroni, Marco Piccarreda
Produzione: 50N, Rai Cinema
Distribuzione: Maremosso, Lo Scrittoio
Anno: 2013
Durata: 100′