L’imminente uscita del suo nuovo film Mommy, ha portato il giovane regista canadese Xavier Dolan nella nostra Capitale, ghiotta occasione per incontrarlo e chiedere ad uno dei più promettenti e prolifici autori contemporanei, la sua idea di cinema, le sue influenze e le aspettative per gli Oscar 2015.
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[InGenere Cinema]: Dal matricidio alla riabilitazione della figura materna: quale percorso separa il suo ultimo film dal suo precedente “I killed my mother”? E perché in entrambi non ci sono figure paterne?
[Xavier Dolan]: Per me questi due film sono completamente opposti. Hanno soltanto in comune me ed il protagonista. Nient’altro. Il primo si svolge all’interno di quella borghesia che si confronta con conflitti quotidiani e banali. In I killed my mother provo a raccontare una crisi adolescenziale, mentre in Mommy una maggiormente profonda ed esistenziale. A primo sguardo questa mia ultima pellicola potrebbe apparire un film in cui una madre e un figlio non si sopportano, non si amano, ma in realtà si amano troppo. Tutto quello che c’è in questo film è decisamente più reale e selvaggio.
Per passare alla domanda sulla figura paterna, beh, che dire: io sono cresciuto con attorno solo figure femminili. Mio padre ha lasciato presto mia madre e non l’ho frequentato molto. Anche quando dovevo stare con lui, in realtà stavo con mia nonna o con una prozia paterna. Dunque, questo mio vissuto mi consente e mi costringe ad analizzare con maggiore interesse e verità le donne ed il rapporto che ho con loro nei miei film. Inoltre, devo ammettere che non mi è mai capitato di osservare degli uomini lottare per conquistarsi cose come il lavoro o la famiglia. Tante donne si, dunque è per me naturale occuparmi di loro.
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[InG]: Sua madre è la sua fonte d’ispirazione? E dopo “Mommy”, possiamo intendere conclusa questa sua panoramica sulla figura materna?
[XD]: Sì, potrei dire che mia madre è la mia maggiore ispirazione, ma ciò non vuol dire necessariamente che in ogni film parlo di lei. In realtà, solo nella mia opera prima ho affrontato il rapporto con lei ed il personaggio femminile del film è al 100% mia madre. Tuttavia, anche nel resto del mio lavoro c’è tanto del rapporto con mia madre, ma la mia intenzione non è quella di analizzare il nostro rapporto attraverso il cinema. Piuttosto, direi che sto cerco di capire il mondo e gli altri. Ciò che mi ispira, dunque, non è mia madre, ma il concetto stesso di madre e ciò che rappresenta. Inoltre, per rispondere alla seconda parte della domanda, devo dire che per me i personaggi femminili rimangono un veicolo di sceneggiatura maggiore e continuerò a portarli sullo schermo.
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[InG]: Il suo approccio estetico è davvero forte: quando scrive ha già in mente l’idea visiva o che tipo di colonna sonora utilizzerà?
[XD]: Spesso per me la musica arriva prima del film. A volte ascolto una canzone alla radio e mi vengono in mente delle immagini. Tutto per me in un film è musica, anche il dialogo o i silenzi. Un po’ come una partitura per piano. Nel caso di Mommy, sapevo da subito che avrei usuto 1:1 come aspect ratio, ma in realtà è stata l’unica volta in cui sono stato così deciso. Solitamente, mentre scrivo mi concentro su altro come ad esempio il montaggio: come se dopo la scrittura ci fosse il montaggio e poi la regia. Tuttavia l’improvvisazione e davvero importante sia per me che per gli attori.
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[InG]: A questo proposito, come lavora con gli attori?
[XD]: La mia maggiore priorità nel mio lavoro è la recitazione, sia se sono coinvolto solo come regista che, ovviamente, quando ricopro anche quello d’attore. Direi addirittura che la recitazione per me è più importante del cinema stesso. Cerco di studiare e comprendere i diversi stili di acting e di come utilizzarli, inoltre, quando scrivo i dialoghi provo subito a recitarli poiché cerco di dare a chi ci si confronterà con essi un testo reale e fluido. Per esempio con la protagonista di Mommy, Anne Dorval, siamo soliti leggere lo scrip e tra una bottiglia di vino e una sigaretta, analizzando quanto scritto come una partitura musicale, valutando dove aggiungere una nota di più o dove toglierne una di meno. Tuttavia, non faccio molte prove con gli attori, preferisco fare molte letture: per me questo è davvero un momento molto bello ed importante, poiché per la prima volta vedo come lo scritto prende vita. Le prove, invece cerco di limitarle alle riprese: sul set guardo tutto sul monitor e cerco di trovare un particolare efficace, come uno gesto o uno sguardo, proponendo agli attori di replicarlo. In un certo senso, recito anch’io con loro, parlo moltissimo durante le riprese e mi concentro moltissimo sulla qualità della loro performance. La recitazione è tutto in un film, è con l’attore che il pubblico si identifica, non di certo con la moquette del pavimento o con la luce che fine dalla finestra.
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[InG]: Possiamo dire che nei suoi primi film c’è una costante ricerca, da parte dei suoi protagonisti, della propria identità sessualità?
[XD]: Non saprei, o almeno non la metterei in questi termini: nei miei film i caratteri non sono alla ricerca di un’identità sessuale, ma piuttosto della identità più in genere o più semplicemente del loro posto nel mondo. L’omosessualità non è il centro di nessuno dei miei film, anche in Laurance Anyways che oggettivamente si concentra sul sesso, faccio fatica a definirlo come un film “queer” ma piuttosto come un triangolo amoroso particolare o differente, un po’ come Jules e Jim. Ecco, se proprio devo trovare un centro narrativo nelle mie pellicole, questo potrebbe essere ricercabile nell’accettazione delle differenze e questo che mi interessa maggiormente. La società non tollera la diversità o le differenze, questo poiché mette in discussione la società stessa. Eppure, la diversità si trova alla base di ogni grande scoperta dell’umanità sia nell’arte che nella scienza: l’evoluzione si basa sulla differenza.
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[InG]: Quali sono le influenze che caratterizzano il suo lavoro? Penso a Fassbinder o Cassavetes.
[XD]: È un po’ difficile da stabilire: in realtà non ho nessun tipo di formazione, né cinematografica né di recitazione. Ho lasciato la scuola a 16 anni e mi definisco uno che non conosce. Non vedevo nemmeno molti film da bambino. I miei coetanei andavano a scuola, io stavo a casa da solo: ho passato un lungo periodo di solitudine. Tuttavia, è stato positivo poiché ho conosciuto un’amica di mio padre, una sceneggiatrice che mi ha iniziato al cinema di autore come quello di Jane Campion o Won Kar Wai. Due anni di ricerca molto, molto affascinanti. Comunque, per rispondere alla sua domanda, direi che i miei referenti sono più commerciali: Titanic, Batman Returns o Mamma, ho perso l’aereo. Può apparire assordo, ma per me non esistono film d’autore o commerciali, esistono solo film buoni e film non buoni. Ad esempio: Titanic è un film incredibile! Tutto è al posto giusto, così come in Lezione di Piano o Happy Toghrter. Solo ottimo cinema. Inoltre, mi dispiace deluderla, ma non ho mai visto un film di Cassavetes né di Fassbinder, non ne ho avuto il tempo per farlo! Forse sono stato più ispirato da fotografi o pittori. Però credo che si più corretto definire ispirazioni e non influenze.
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[InG]:Per concludere ci può parlare della corsa agli Oscar del suo ultimo film?
[XD]: Beh, che dire: Mommy rappresenta il Canada come miglior film straniero, è tutto molto eccitante, ma non vi posso nascondere di sentirmi molto distante da Hollywood. Comunque, ho già scritto uno script da realizzare in USA, The death and Life of John Donovan, speriamo bene, anche se devo ammettere che se non dovessi ricevere la nomination non ne farò un dramma poiché avrò da lavorare ugualmente.
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[InG]: Di cosa parla questo suo prossimo progetto?
[XD]: È un film sul cinema e su di un attore americano e su come questo stia affrontando la sua ascesa verso la celebrità. Tutto questo però da un punto di vista molto più intimo, attraverso uno scambio epistolare tra questo attore ed un bambino di 11 anni. Inoltre, se tutto va come previsto, uno dei personaggi sarà interpretato da Jessica Chastain.
Paolo Gaudio
Roma, novembre 2014