“Gli occhi sono lo specchio dell’anima”, questa è la spiegazione che, delle opere che ritraevano poveri ragazzini dai grandi occhi imploranti, avrebbero potuto dare sia il sedicente artista Walter Keane [Christoph Waltz], che la loro reale autrice Margaret Keane [Amy Adams].
Tim Burton, alla sua seconda esperienza su un biopic, dopo l’apprezzatissimo Ed Wood, dedicato alla vita di quello che è stato definito come il peggior regista di tutti i tempi, sceglie di raccontare la davvero strana vicenda di “diritti d’autore” consumata tra le mura di casa Keane.
Fuggita da un matrimonio sbagliato assieme all’amata figlia, Margaret ritrova l’amore quando incontra il millantatore Walter, un pittore di stanza a Parigi fino a qualche anno prima, e ora ritornato in America per tentare di imprimere sulle tele la luce, le strade e la vita della capitale francese.
Mentre tentano di mettere in piedi la nuova baracca familiare, qualcosa di inaspettato sembra venire fuori proprio dalle tele della sfiduciata Margaret, da quegli strani ritratti di bambini tristi, dagli occhi esageratamente grandi e innaturali.
Quelle che erano state bistrattate, e tacciate di scarsa preziosità da galleristi poco attenti, si era rivelato in poco tempo un fenomeno di costume. Tutti, infatti, iniziano ad interessarsi a quei quadri e, in men che non si dica la produzione dei Big Eyes deve prendere dei ritmi di produzione industriale!
Un piccolo problema: il furbo Keane, infatti, approfittando del fatto che la moglie avesse firmato i quadri con il cognome di lui, non si fa tanti scrupoli, e inizia a spacciare quelle opere come sue, proponendo alla moglie uno strano patto. Da quel momento, lei dovrà essere una sorta di artista fantasma, realizzando a tempo record i quadri, mentre lui, dai modi molto più suadenti e abili per la vendita, sarebbe stato per il pubblico e i critici il vero autore degli “occhioni”.
Il successo porta la famiglia Keane a livelli insperati [sia economici, che a livello di fama], ma il loro castello è costruito sulla menzogna, e presto Margaret inizia ad accusare le scosse sismiche di quella fortuna sorretta dal nulla.
Dopo la commedia horror Dark Shadows, e mentre da tempo si mormora di un possibile seguito di Beetlejuice, Burton firma un biopic assai lontano dalle cifre autoriali che lo hanno reso uno dei maestri contemporanei più importanti del cinema fantastico.
Big Eyes si muove, infatti, su binari assai lontani a quelli di film come Il mistero di Sleepy Hollow e Edward mani di forbice, anche e soprattutto a livello estetico e, ancor più “visionario”: se si fa eccezione per alcune sequenze oniriche durante le quali Margaret ha l’illusione di vedere sui visi delle persone che incontra i grandi occhioni dei ragazzini ritratti nei suoi quadri, infatti, quello presentato da Burton è un film godibile e leggero, interessante per la vicenda trattata e sorretta da un cast in forma [che punta i piedi sulle solide spalle di un istrionico Waltz], ma, allo stesso tempo, che acquista senso unicamente per la storicità della storia che racconta.
L’ironia di scene come quella del grottesco tribunale, in chiusura, o del goffo richiamo a Shining, accrescono la godibilità di uno dei film minori di Burton.
Luca Ruocco
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BIG EYES
Regia: Tim Burton
Con: Amy Adams, Christoph Waltz, Krysten Ritter
Uscita in sala in Italia: giovedì 1 gennaio 1015
Sceneggiatura: Scott Alexander, Larry Karaszewski
Produzione: Silverwood Films, Electric City Entertainment, Tim Burton Productions, The Weinstein Company
Distribuzione: Lucky Red
Anno: 2014
Durata: 105’