Figlio di nessuno, titolo originale Ničije dete [No one’s child] è uno di quei film da non perdere. Si tratta dell’opera prima dello sceneggiatore serbo Vuk Rsumovic, un film d’autore finemente girato e scritto, un film di spessore che merita grande attenzione, la stessa che ha ricevuto da parte della critica e nei festival ai quali ha partecipato [tra cui la Biennale di Venezia]. Uscito al cinema il 16 aprile, Figlio di nessuno è compreso anche nella programmazione del Nuovo Cinema Aquila [qui], in lingua originale con sottotitoli in italiano.
1988. Un gruppo di cacciatori ritrova un bambino [Denis Muric], dell’età di circa 12 anni, in mezzo alla foresta. Il bambino, cresciuto in mezzo ai lupi, è un selvaggio: non parla, non cammina, ringhia come un animale feroce e assume sempre posizioni raccolte per proteggersi dagli uomini. Ad occuparsi di lui un’equipe di medici, che gli taglia i capelli, le unghie, lo lava, prova insomma a dargli un aspetto umano.
In breve tempo il bambino viene portato in un istituto per ragazzi in difficoltà a Belgrado, e gli viene dato il nome di Hariz Puciuriza, soprannominato poi Pucicke.
Il “selvaggio”, chiuso in una stanza, spiato dai suoi coetanei che lo prendono in giro, ha paura e voglia di sfogare la sua rabbia, finché non riesce a entrare in contatto con l’insegnante Vaspitav Ilke [Milos Timotijevic], che con grande pazienza prova a gestire la sua aggressività, ad insegnargli a camminare eretto con la schiena dritta, soprattutto con le scarpe ai piedi, e a gestire le sue ansie dovute al traumatico cambiamento che sta vivendo.
L’integrazione sembra impossibile, ma grazie alla presenza dell’adolescente Zika [Pavle Cemerikic], Pucicke comincia ad affacciarsi al mondo e ad averne meno paura. Di strada da fare ce n’è tanta, ma Pucicke pare volerla percorrere tutta, seppur con i suoi tempi e le sue rigidità. Ma la guerra dei Balcani è alle porte, pronta a portare via con sé quel briciolo di umanità che ancora pervade nell’ormai ex Jugoslavia. Rsumovic dirige e scrive un film toccante, nel quale i personaggi, nessuno escluso, sono alla ricerca della loro identità, e soprattutto alla ricerca di un angolo di serenità, dopo un passato e un presente amaro: pensiamo a Zika, che, bisognoso di cure paterne, lascia l’istituto per poi pentirsene dolorosamente.
Dopotutto, l’istituto è un luogo che, pur non garantendo affetto né sicurezza, gli ha sempre offerto cibo e comodità, che non può trovare altrove. La sua scelta di separarsi da Pucicke è sofferta, come quella di interrompere un amore sul nascere con Alisa [Isidora Jankovic].
Zika insegue i suoi sogni, e quando si rende conto che tutto gli è avverso, crede che sia troppo tardi, e si lascia andare. Nell’istituto si cresce troppo in fretta, e non c’è spazio né per l’infanzia né per credere in un possibile riscatto. Pucicke trova in Zika un amico fidato perché non si sente giudicato; poco importa se talvolta il ragazzo lo insulta; a lui concede tutto, perché è il suo unico appiglio, da difendere sempre.
Ed è principalmente da Zika che il trovatello viene stimolato ad integrarsi nel nuovo mondo nel quale è entrato senza volerlo, tanto da accettare di indossare un guinzaglio al collo e giocare ad essere venduto al primo acquirente disponibile. Tutti i personaggi hanno bisogno di sentirsi parte di un insieme, di un gruppo, Pucicke per primo; quando comprenderà che Zika non vuole più farne parte, non gli perdona l’affronto, nel momento in cui questi prova a tornare. Dopotutto, come i lupi che vivono in branco, anche Pucicke vuole costituire un nucleo familiare, e ci prova con l’aiuto del dottor Timotijevic e dei suoi coetanei. Ma il destino gli è avverso, e il suo desiderio di appartenenza gli sarà ancora una volta negato.
Figlio di nessuno è un film che non conosce stasi, perché è in continua evoluzione, tanto da sfociare in un finale inaspettato che tronca la narrazione e sorprende lo spettatore. La storia, che ha inizio nel 1988, fino ad arrivare al 1992, può essere considerata la storia di un viaggio evolutivo, prima che fisico [dalla Bosnia a Belgrado per poi tornare in Bosnia], che unisce la realtà selvaggia nella quale ha vissuto Pucicke con quella civilizzata, e l’aspetto curioso è che il ragazzo impara a relazionarsi con entrambe e a legarle insieme.
Incredibile l’interpretazione del protagonista, Denis Muric, in un ruolo difficilissimo. Impossibile non uscire interdetti dalla sala, dopo essere venuti a conoscenza che la storia narrata è vera, e che il malcapitato “selvaggio” non è stato seguito né da psicologi né da esperti, come se l’esperienza da lui vissuta non fosse poi così traumatica. Sullo sfondo c’è lo spettro della guerra dei Balcani, con i suoi migranti in fuga, con la sua crudezza.
Di umano rimane lo sguardo di Pucicke e la sua, conquistata, dolcezza.
Gilda Signoretti
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FIGLIO DI NESSUNO
Regia: Vuk Rsumovic
Con: Denis Muric, Milos Timotijevic, Pavle Cemerikic, Isidora Jankovic
Uscita in sala in Italia: giovedì 16 aprile 2015
Sceneggiatura: Vuk Rsumovic
Produzione: Art&Popcorn, Kinorama, BaBoon Production
Distribuzione: Cineclub Internazionale
Anno: 2014
Durata: 95′