Dal 16 al 24 ottobre, la Fondazione Cinema per Roma riaprirà le porte della festa romana dedicata al cinema a pubblico, addetti ai lavori e interessati.
Il cambio di timoniere, che vede Antonio Monda vestire i panni di nuovo direttore artistico dell’evento, porta con sé tanti cambiamenti che cercano di modificare l’identità dell’evento [di donarne una, per i più maliziosi], a cominciare dall’eliminazione dei premi, ad eccezione di quello del pubblico. Un passo per riportare il festival ad essere una festa, la Festa del Cinema di Roma.
Continuiamo ad analizzare i cambiamenti con le parole di Monda:
“La mia prima decisione è stata quella di trasformare il Festival in Festa, come peraltro era stata concepita quando fu fondata, dieci anni fa. Può apparire un gioco formale e lessicale, ma in realtà si tratta di una differenza sostanziale: intendo la Festa non solo come un momento di gioia e aggregazione, ma soprattutto di celebrazione del cinema.
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Un altro elemento che caratterizza i festival, e rispetto al quale ho voluto dare un segno forte di discontinuità, è quello delle anteprime. Sono felice e orgoglioso di poter dire che la Festa avrà una maggioranza assoluta di anteprime europee e mondiali, ma presenterà anche alcune anteprime italiane.
Ritengo assurdo e persino ridicolo che il pubblico che affollerà la Festa di Roma debba essere privato della possibilità di vedere un film solo perché è stato proiettato in precedenza a New York o a Parigi. Non credo che la qualità di un evento si misuri dall’essere riuscito a strappare una pellicola ad una rassegna rivale, o dall’anticiparne la programmazione di qualche giorno, ma dal grado di emozione e condivisione che i film riescono a generare tra il pubblico.
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All’inizio del nostro lavoro mi sono limitato a dare ad ognuno dei selezionatori un’indicazione, sulla quale ci siamo intesi immediatamente, e che si riassume in tre parole: discontinuità, varietà e qualità.
La ricerca della qualità ci ha costretto a pronunciare dei “no” dolorosi e a volte inaspettati, ma credo di poter dire a nome di tutti di essere estremamente soddisfatto di aver tenuto alta l’asticella. La Festa che abbiamo organizzato è inclusiva per il pubblico, ma esclusiva per gli invitati nella lista finale dei 37 film della selezione ufficiale. Sono molti i titoli di cui siamo sinceramente entusiasti: alcuni dei registi sono estremamente affermati e di culto, ma ad essi se ne affiancano altri, più giovani o ancora poco conosciuti, destinati ad un sicuro avvenire. Ritengo che la mescolanza tra celebrazione e scoperta rappresenti uno degli scopi principali della Festa.
Sono felice di aggiungere che nessuno dei selezionatori ha mai avuto la tentazione di suggerire un film per l’opportunità di conquistare qualche pagina di giornale grazie da un tema pruriginoso, o per la presenza di una star: non esiste un brutto film che trovi redenzione con un bel red carpet o per un articolo che parli del tema affrontato. È uno dei segni con cui ho voluto caratterizzare la Festa: troppo spesso, ultimamente, si sono confusi festival, rassegne e persino premi planetari con sfilate di moda.
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Per quanto riguarda la varietà, il sottoscritto, come tutti coloro che hanno lavorato alla selezione, crede fermamente nei “generi”, e ritiene che non ce ne siano di più o meno nobili: esistono semplicemente film belli e film brutti. Chi parteciperà alla Festa potrà immediatamente accorgersi dei frutti di questa impostazione: negli otto giorni di programmazione saranno presentati musical, documentari, thriller, melodrammi, commedie, animazioni, film d’azione che a volte sconfinano nel sovrannaturale, serie televisive e opere di ricerca personale.
Riguardo alla discontinuità, determinante per rendere possibile la rinascita della Festa, credo che oltre agli esempi già fatti sia esemplare il disegno che ho voluto dare alla struttura della Festa, divisa in tre fasce: i 37 film della selezione ufficiale; le retrospettive, ed una serie di incontri, ai quali vanno aggiunti gli omaggi a grandi maestri del cinema contemporaneo e del passato.
Le retrospettive, che saranno curate da Mario Sesti, offrono un altro segno di varietà: un grande autore italiano troppo spesso dimenticato come Antonio Pietrangeli, un cineasta tra i più significativi dell’attuale panorama internazionale come Pablo Larrain, e la Pixar, che ritengo una delle realtà più importanti e rivoluzionarie degli ultimi anni.
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Un ennesimo segno di discontinuità con il passato è offerto dalla diffusione degli eventi nella città: oltre all’Auditorium, che rimane il centro della Festa, ci saranno proiezioni organizzati all’interno di alcune tra le più prestigiose istituzioni della città, a cominciare dal Maxxi e la Casa del Cinema. È il momento di ringraziare Giovanna Melandri e Giorgio Gosetti, ricordando parallelamente che alcuni eventi verranno organizzati in aree finora inedite, come ad esempio il Pigneto: si tratta di un altro modo di ribadire l’idea di condivisione che è alla base della filosofia della Festa.
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Infine abbiamo voluto firmare l’immagine della Festa e il catalogo che state leggendo con una foto di Virna Lisi, una magnifica attrice che è riuscita ad essere nello stesso tempo profondamente italiana, anzi romana, e internazionale: credo che anche questo offra un segno di cosa voglia essere la Festa.”
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Ecco alcuni titoli del programma: Alaska di Claudio Cupellini, con Elio Germano, un melodramma, una storia d’amore tra due persone che non possiedono radici né un posto dove sentirsi a casa, che s’incontrano sul tetto di un albergo parigino.
Angry Indian Goddesses, di Pan Nalin, il primo buddy movie indiano al femminile; Dobbiamo parlare di Sergio Rubini, la storia di Vanni, uno scrittore cinquantenne di successo e di Linda, la sua ghostwriter; Eva no duerme, in cui Pablo Aguero racconta quello che accadde al corpo di Eva Peròn dopo la sua morte.
Experimenter di Michael Almereyda, che racconta le gesta dello psicosociologo Stanley Milgram che nel 1961 condusse dei controversi esperimenti su gente comune per misurarne il livello di condizionamento di fronte all’autorità; Hiso Hiso Boshi, di Megumi Kagurazaka, che fotografa il mondo del futuro, in cui l’80% della popolazione mondiale è costituita da robot e gli umani sono una specie in via d’estinzione.
Junun, di Paul Thomas Anderson, un viaggio in musica che il regista compie insieme all’amico Jonny Greenwood, il Chitarrista dei Radiohead; Legend di Brian Helgeland, la storia vera dei gemelli Kray, due dei gangster più famosi della storia d’Inghilterra; Lo chiamavano Jeeg Robot, di Gabriele Mainetti, con Claudio Santamaria nei panni di un pregiudicato di borgata che acquista una forza sovrumana dopo essere entrato in contatto con del materiale radioattivo.
Il documentario The Propaganda Game, di Alvaro Longoria, ambientato nel sinistro e sconosciuto mondo politico della Corea del Nord; The confessions of Thomas Quick, la storia di un presunto serial killer svedese; Hurricane, un documentario in 3D con incredibili riprese di un distruttivo; Ville-Marie con protagonista Monica Bellucci; The Walk 3D, di Robert Zemeckis, la storia vera di Philippe Petite, un funambolo francese che attraversò su una fune d’acciaio la distanza tra le due torri del World Trade Center di New York.
Tra gli eventi speciali, per i più coraggiosi, una proiezione speciale della versione estesa de La grande bellezza che contiene ben 40 minuti di scene inedite! Che sommate al malloppo già conosciuto è una roba da suicidio davvero non male… Da non perdere, invece, la sezione “Incontri ravvicinati”, di cui imperdibile è senz’altro l’incontro-dialogo tra William Friedkin e Dario Argento.
Luca Ruocco