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THE PROGRAM: Conferenza stampa con Ben Foster e il regista Stephen Frears

 the-program-conferenza1[InGenere Cinema]: Sig. Frears, come si è avvicinato alla storia di Lance Armstrong?

[Stephen Frears]: All’inizio ne sapevo pochissimo di questa storia, quasi nulla. Ho letto il libro di Tyler Hamilton, che ha partecipato alle gare insieme a Lance Armstrong e si è anche dopato con lui. L’ho trovato estremamente interessante, soprattutto l’idea di un tizio che per sette anni consecutivi ha rubato il titolo del Tour de France.

[InG]: Avete avuto modo di incontrare Lance Armstrong? Poteva essere interessante sapere direttamente dal protagonista di questa vicenda le motivazioni psicologiche che l’hanno spinto a comportarsi così.

[SF]: No, non ho cercato di contattarlo e non ho voluto sapere le sue motivazioni personali… d’altronde è un bugiardo. È un po’ complicato tentare di indagare su quali siano state le sue motivazioni psicologiche. Orson Welles diceva che non tutto si può ricondurre a una spiegazione. Possiamo dire che la tentazione si è frapposta sul suo cammino? Non lo so. Sicuramente lui ha abbracciato questo tipo di reato, lo ha portato avanti. Si può soltanto tentare di speculare, di ipotizzare quali siano le vere motivazioni.

[Ben Foster]: Io invece ho cercato di contattarlo, andando contro i desideri di Stephen. Per me era importante raccogliere il maggior quantitativo di informazioni. Attraverso un consulente che lavorava al film ho trovato il modo di contattare Armstrong, ma non aveva alcuna intenzione di parlare con me.

[InG]: Lance Armstrong ha visto il film? Quali sono state le sue reazioni?

[SF]: Non ho idea se l’ha visto o meno. Da quello che so, è una persona che tende molto a controllare le cose e le persone, quindi sicuramente non avrebbe gradito il film così com’è stato realizzato.

the-program-conferenza2[InG]: Sig. Foster, è vero che ha fatto uso di sostanze dopanti per prepararsi a questo ruolo, in modo da capire realmente cosa si prova?

[BF]: Ho avuto solo sei settimane per prepararmi a questo film e ho dovuto imparare a correre in bicicletta come un ciclista professionista. C’era molto da apprendere, tipo gli aspetti legati alla nutrizione e tutto quello che poteva aiutarmi ad assomigliare molto a Lance.  Comunque sia, sì, è vero. L’ho fatto per un mio interesse privato e l’ho fatto sotto stretto controllo medico, attraverso un programma di doping monitorato attentamente. Ho voluto capire al meglio il mondo che dovevo rappresentare.

[InG]: E come reagiva il suo corpo, man mano che seguiva questo programma? Si sentiva anche lei pronto per vincere sette Tour de France?

[BF]: Obiettivamente queste sostanze… funzionano. Hanno cambiato il mio corpo molto rapidamente e, insieme ad un programma di alimentazione e allenamento, sicuramente mi hanno permesso di andare più velocemente, di andare oltre. La cosa difficile non è tanto prendere queste sostanze, ma fermarsi, smettere di prenderle. E in quel momento la cosa è diventata un po’ più insidiosa, ho avuto bisogno di un controllo medico molto più accurato. C’è voluto un po’ per smettere. E poi… come ho già detto non sono un ciclista, non credo di poter vincere il Tour de France in questo modo.

[InG]: Frears, qual è la sua opinione su Michele Ferrari, il medico preparatore che ha aiutato Armstrong ad assumere sostanze dopanti?

[SF]: Non so niente di lui… a parte che lo chiamavano “Nosferatu”.

the-program-conferenza3[InG]: Armstrong, nel film, sembra quasi dipinto come un eroe machiavellico.

[SF]: Beh… non ho mai letto Il Principe di Machiavelli e di questo mi scuso. Posso solo dire che Armstrong era estremamente intelligente e al contempo estremamente stupido, ha avuto entrambe queste due anime. È riuscito a sconfiggere il cancro, ha fatto molte attività di beneficenza e da questo punto di vista è stato un santo, ma doveva fare i conti anche con la sua parte negativa. Soltanto Machiavelli ha scritto di persone buone e cattive allo stesso tempo? Io non credo.

[InG]: Sig. Foster, ha trovato delle difficoltà morali ad interpretare un personaggio così negativo?

[BF]: Non credo sia così negativo. Bisogna ricordare il periodo storico in cui ha gareggiato. Fra tutti i corridori, forse ce n’era solo uno del tutto pulito. Tutti potevano mentire, potevano essere tutti degli imbroglioni e avere un lato oscuro. Ho dei sentimenti complicati nei riguardi di Armstrong. In fondo ha raccolto più di mezzo miliardo di dollari a favore della ricerca contro il cancro e penso che questo l’abbia fatto sinceramente, quindi non tutto è stato negativo. Penso che questo film sia un atto d’accusa non contro una persona, ma contro una cultura. Siamo stati noi a creare Lance Armstrong.

[InG]: Sig. Frears, nel film viene raccontato poco della vita sociale di Armstrong. A malapena si vede il suo rapporto con la famiglia. Come mai ha fatto questa scelta?

[SF]: Non conosco molto della sua vita privata. So solo che si è sposato, ha avuto dei figli, ha divorziato, si è fidanzato con Sheryl Crow… tanti dettagli di tipo domestico non li conosco, ma sarebbe interessante chiedersi e capire se in realtà la moglie, le sue donne, sapessero della questione del doping. Questo potrebbe essere interessante, ma non mi sono interessato ai dettagli personali. Non ero interessato a realizzare un biopic, volevo raccontare una “crime story”, era questo che volevo fare.

the-program-conferenza4[InG]: Foster, quello che è successo ad Armstrong ha avuto un peso ancora maggiore in America, rispetto al resto del mondo? Che ruolo ha giocato nella sua preparazione?

[BF]: Conosco poco del ciclismo e non sono mai stato un fan di Lance Armstrong. Certo, sapevo che era un ciclista, che era sopravvissuto a un tumore e che ha raccolto dei fondi per la ricerca contro il cancro. Poi ho saputo del doping, ma all’epoca non ho prestato molta attenzione alla vicenda.

[InG]: Nel film sembra che ci sia un innamoramento dei media nei confronti delle belle storie, piuttosto che ai fatti veri e propri.

[SF]: No, non credo che ci sia. In questo film vediamo David Walsh, un giornalista: è scettico, non crede a quello che gli viene propinato, cerca di andare fino in fondo e di capire quello che è la realtà dei fatti. Io credo che l’investigare, il porsi e porre delle domande, il cercare di scavare a fondo e di essere scettici sia qualcosa di positivo, qualcosa che deve essere assolutamente fatto.

[InG]: Nel film c’è un largo uso di materiali d’archivio, che probabilmente avete studiato per ricreare fedelmente le scene con gli attori.

[SF]: Sì, è così. Ci siamo rivolti agli organizzatori del tour, che hanno concesso il materiale in base a quello che ci serviva. Possiedono tutte le inquadrature di ogni singola gara, hanno un archivio sterminato, enorme. Abbiamo utilizzato quel tipo di immagini, in particolare, per la parte della salita verso il Colle Sestriere. Siamo rimasti davvero sorpresi dalla quantità di materiale che hanno a disposizione.

[InG]: Sig. Frears, nella sua carriera ha sempre scelto con grande libertà i soggetti per i suoi film, saltando dagli argomenti più vari alle sensibilità più diverse dei personaggi. Continuerà in questo modo? A che cosa sta lavorando ora?

[SF]: Sto completando un film su Florence Foster Jenkins, la peggiore cantante che si sia mai esibita al Carnegie Hall, quindi niente che abbia a che fare col ciclismo. Quanto alla mia carriera, ho la grande fortuna di non considerarmi un autore.

[InG]: Lei infatti ha già raccontato la vita di personaggi reali, da Joe Orton alla Regina Elisabetta. In questo periodo della sua carriera, contando anche il film televisivo su Muhammad Alì e il prossimo su Florence Foster Jenkins, sarà al quarto film di seguito su un personaggio realmente esistito. È un caso o in questo momento li trova più interessanti rispetto a storie di fantasia?

[SF]: Ottima domanda. Solo che non saprei come rispondere. Se racconti una storia basata su qualcosa di vero e di reale, il pubblico riesce a empatizzare di più. Personalmente preferisco la fantasia, ma oggi la stragrande maggioranza dei film, o comunque di quello che viene raccontato in generale, parte da storie vere. E sono colpevole nel far parte di questa tendenza.

Luca Pernisco

Roma, settembre 2015

InGenere Cinema

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