A volte il cinema sembra ricordarci quanto divario ci sia tra la potenzialità e l’atto nel mondo dell’arte.
La creatività è perennemente schiacciata da tale distanza, soprattutto al cinema, nel quale moltissime variabili condizionano il risultato finale.
Un cineasta – più di qualsiasi altro artista, dunque – convive perennemente con l’ambizione o la condanna di provare a ridurre questo divario che a volte appare incolmabile. Un esempio evidente è l’ultima fatica del regista olandese Anton Corbijn, Life, passata in concorso all’ultimo Festival di Berlino.
Il film vorrebbe raccontare il momento in cui il fotografo Dennis Stock fu capace di immortalare lo spirito di una icona cinematografica assoluta, l’attore James Dean, scomparso prematuramente a soli 24 anni. Ebbene, il desiderio dell’artista di riuscire a cogliere ed a raccontare l’atto stesso della creazione artistica, s’infrange sulla rigidità della struttura del cinema del regista di Control, pur restando un magnifico, poetico e commovente proposito.
Nel 1955 si incontrarono diventando amici due giovani sul punto di dare una svolta alla propria carriera artistica. Un momento complesso per loro, quello in cui dimostrare a sé stessi prima che agli altri di valere non solo per il proprio talento, ma anche per le scelte che avrebbero compiuto.
I due erano James Dean, il cui film La valle dell’Eden stava per uscire nei cinema, e il fotografo dell’agenzia Magnum Dennis Stock. A quest’ultimo venne commissionato un servizio fotografico sull’attore stella nascente di 23 anni.
Il servizio fotografico realizzato da Stock è un caso più unico che raro: le foto scattate a James Dean rappresentano l’attore nell’immaginario comune, forse ancor di più delle sue apparizioni sul grande schermo. Questi stessi scatti furono utilizzati nel corso del tempo per realizzare poster, t-shirt e cartoline. Sono davvero pochi coloro che non hanno ammirato almeno una volta il protagonista di Gioventù Bruciata passeggiare sotto la pioggia newyorkese di Time Square, o sbuffare seduto su di una vecchia sedia da barbiere. Queste foto hanno avuto lo straordinario merito di restituire a chi osservava, l’animo irrisolto e malinconico di Dean, uno stato d’animo che anche il film dell’olandese vorrebbe indagare, ma sfortunatamente non riesce a comprendere a fondo.
Un malessere che il servizio di Stock pubblicato su Life – ecco il perché del titolo – sembra aver catturato e presentato al mondo intero che lo ha amato immediatamente.
Capire – o semplicemente mostrare – l’incapacità del giovane attore di sentirsi adatto a ciò che gli stava accadendo, ad Hollywood ed alla fama e restituirlo ai lettori dell’importante rivista era l’ambizione artistica del fotografo, mentre, quella di Corbijn è ricostruire il momento ed il contesto in cui questo desiderio è nato e si è concretizzato.
Proposito altissimo che – ahinoi – l’idea di cinema di questo regista – troppo statica, verbosa e fredda – mortifica, affievolisce, sbiadisce. La passione che muoveva Dean e Stock ricopre un ruolo decisamente marginale rendendo un momento così significativo per entrambi vuoto o troppo poco incisivo.
Lo scarto tra potenzialità ed atto in Life appare davvero grande, tuttavia, il tentativo di raccontare la creatività e come questa possa condizionare, motivare o rovinare la vita di un’artista non può non essere accolto positivamente.
Paolo Gaudio
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LIFE
Regia: Anton Corbijn
Con: Robert Pattinson, Dane DeHaan, Joel Edgerton, Ben Kingsley, Alessandra Mastronardi, Kelly McCreary, Kristen Hager
Uscita in sala in Italia: giovedì 8 ottobre 2015
Sceneggiatura: Luke Davies
Produzione: See-Saw Films, First Generation Films
Distribuzione: BIM
Anno: 2015