Quando si è piccoli ognuno nasce con un dono, un talento particolare, che nel corso della vita ci si impegna a far crescere coltivandolo a prezzo di un duro sacrificio. C’è chi è portato per la musica, chi per le materie scientifiche, chi per le lingue… Checco è portato per “il posto fisso”.
Quello del posto fisso è un mito tutto italiano che ci portiamo dietro, come retaggio culturale, dai tempi del boom economico degli anni ’60/’70, anni in cui ogni padre ha cercato in tutti i modi di provvedere al benessere proprio, della propria famiglia e della sua progenie.
Ovviamente tutto questo non ha fatto altro che creare i problemi attuali: una serie di persone impiegate in posti pubblici che devono essere tutelate, con le proprie garanzie irrinunciabili, a fronte di uno sterminato numero di precari, liberi professionisti e tutte quelle persone libere da vincoli contrattuali ma che sono condannate alla schiavitù del lavoro eterno.
Qualcosa, seppur con ampio ritardo rispetto al resto del mondo e dell’Europa, sembra muoversi anche nel settore pubblico italiano, che è costretto a mettere in mobilità alcune figure professionali, infatti con l’abolizione delle Provincie, ad esempio, molti posti di lavoro sono stati tagliati ma, come sempre succede in Italia, la norma di base e la buona volontà di cambiamento ci sono, ma poi ci si scontra con tutta una serie di equilibri, pigrizie, ricatti psicologici che fanno in modo che non cambi mai nulla.
Fatta la legge trovato l’inganno tutte le categorie tutelate come chi ha famiglia e i portatori di handicap non sono state toccate dalla nuova riforma, per quelle rimaste si propone una sorta di ricatto psicologico vale a dire che o si accetta una sorta di buona uscita oppure si sarà soggetti a trasferimenti in punti improbabili dell’Italia o dell’Europa.
Checco non rientrando in nessuna di queste categorie miracolate è costretto a girovagare per posti improbabili, pur di non rinunciare all’ultimo baluardo della Prima Repubblica perché, come recita il senatore Binetto [Lino Banfi], “Il posto fisso è sacro”.
Siamo sicuri che il colpaccio riuscirà anche quest’anno a quella vecchia volpe di Pietro Valsecchi e del buon Luca Pasquale Medici in arte Checco Zalone, perché anche stavolta sono riusciti nel difficile gioco di equilibri utile a creare una storia tutta Italiana che non fosse stucchevole e ricca di cliché sull’italianità fine a se stessi, una comicità non volgare ma allo stesso tempo irriverente e uno sparuto segnale di speranza verso il finale. Forse quest’ultima nota farà storcere il naso ai fanatici della commedia all’italiana dei vari Risi, Monicelli e via di seguito, che sono stati sempre molto cinici nel giudicare l’italiano, non lasciando mai intravedere nei loro film un segnale di speranza, mirando bensì a gettare lo spettatore nello sconforto e nel nichilismo più puri.
Forse è lo strascico dell’aria natalizia, forse un po’ di buonismo gratuito che serpeggia nell’aria visto che il personaggio di Checco Zalone negli anni è diventato un vero e proprio fenomeno nazionalpopolare, l’importante è che in questo film si rida e che si faccia del buon intrattenimento.
Promosso a pieni voti.
Paolo Corridore
–
QUO VADO
Regia: Gennaro Nunziante
Con: Luca Pasquale Medici, Lino Banfi, Ninni Bruschetta, Ludovica Modugno, Maurizio Micheli, Azzurra Martino, Eleonora Giovanardi, Sonia Bergamasco, Giuseppe Ansaldi
Uscita in sala in Italia: venerdì 1 gennaio 2016
Sceneggiatura: Luca Medici
Produzione: Taodue Film in collaborazione con Mediaset Premium
Distribuzione: Medusa
Anno: 2016
Durata: 86′