Ermanno Olmi è uno di quei registi italiani come, per citarne alcuni, il compianto Ettore Scola, Franco Zeffirelli, o Francesco Rosi, di fronte ai quali ci si dovrebbe inchinare senza aprire bocca. Tale è stato il contributo dato al cinema che nulla si può loro obiettare, anche se, nella loro carriera, possono aver compiuto un passo falso.
L’ultimo lungometraggio di Olmi, Torneranno i prati, risale al 2014 ed ebbe una buona risposta da parte del pubblico grazie non solo alla risonanza del suo nome, ma alla poetica dei suoi film che tanto conquistano lo spettatore. Torneranno i prati, se debole dal punto di vista drammaturgico, dal punto di vista tecnico è invece perfettamente riuscito, merito in particolare di una suggestiva fotografia del figlio Fabio Olmi. Anche in Centochiodi, terzultimo film del regista, la fotografia di Olmi ha un ruolo chiave, e con essa i paesaggi.
Si è parlato di una relazione ‘visiva’ tra Centochiodi e L’albero degli zoccoli – uno dei film più belli e intensi della storia del cinema italiano e internazionale – almeno per quanto riguarda la descrizione delle scene di vita quotidiana della gente del luogo prima nella campagna bergamasca e poi nelle rive del fiume Po. I due film, però, non sono neanche lontanamente accostabili.
Centochiodi è un film debole. Non basta l’ambientazione, la fotografia, e neanche la musica ad aggraziare un film statico, noioso, freddo.
Un atto sacrilego viene compiuto all’interno della sala lettura della biblioteca universitaria di Bologna. La procura apre un’indagine, e i primi ad essere sospettati sono gli studenti, in particolare un ragazzo che porta sempre con sé la macchina fotografica. I sospetti, pian piano, si concentrano però sul professore di filosofia [Raz Degan], un uomo che fa della letteratura e dell’ossessione religiosa le sue uniche ragioni di vita. In seguito alla vicenda che lo vede indagato, l’uomo decide di cambiare e di condurre una vita semplice ispirandosi agli insegnamenti di Gesù, scegliendo un vecchio rudere sulle rive del Po come abitazione, e facendo amicizia con gli abitanti del luogo, i quali, affascinati dalla sua personalità e dalla sua istruzione, vedono in lui una guida da ammirare e seguire.
La componente documentarista del film è minuziosa: Olmi dedica parte delle sue riprese a seguire le abitudini e le attività quotidiane del professore di filosofia, così come degli abitanti di Bagnolo San Vito, impegnati a difendere le costruzioni abusive da loro costruite lungo gli argini del fiume e per le quali sono stati multati. I primi minuti del film rivelano sequenze molto affascinanti, con la sala lettura della biblioteca universitaria messa a soqquadro, con i manoscritti inchiodati uno per uno e sparsi sul pavimento. La sequenza ha un impatto visivo molto forte e Olmi sembra accanirsi su di essa catturando lo sgomento negli occhi del monsignore che scopre lo scempio compiuto. Terminate queste sequenze, però, nel momento in cui entra in scena il personaggio interpretato da Degan, il film segue una direzione documentarista che si focalizza attorno al professore e alla sua nuova vita da uomo libero, sulle persone che entrano in contatto con lui, perdendosi in dialoghi che hanno lo scopo di rivivere il Vangelo attraverso un uomo che parla come un profeta e che tutti chiamano scherzosamente Gesù, per via dell’aspetto fisico e soprattutto per via del suo modo di parlare, solenne e profetico. I ‘passi’ nel giallo che il film compie all’inizio si perdono clamorosamente, dando spazio al modo di vivere la religione dei compagni del professore e a quanto la religione influenza le loro vite, portandoli a discutere delle parabole del Vangelo con il professore che si erge a loro guida.
CG Home Video distribuisce il film in DVD, e ci regala, inserendola nei contenuti extra, una bella e lunga intervista, risalente al 2007, al maestro, in occasione dell’uscita del film nelle sale. Qui Olmi ha modo di discutere del film spiegando il suo rapporto con la lettura e ciò che cerca in un libro, il suo legame con il documentario, e il suo sostegno al cinema neorealista che fu, che considera non una moda, quanto una vera necessità di prendere possesso della realtà descrivendo dunque la vita vera senza artifici, ma così come è, nella sua spontaneità. Interessante seguire anche i ragionamenti del maestro sulla spiritualità presente nel film, sulla religione cristiana e sul forte messaggio anticlericale che sembra ricoprire il film nella seconda parte, nella quale il ricorso alla componente documentarista si defila per tornare al giallo e ad un finale dedicato alle invettive lanciate dal professore contro la chiesa e contro Dio, che definisce ‘massacratore del mondo’, e anche contro la letteratura, che considera lontana dalla vita vera e dall’amicizia, quell’amicizia che il professore ha modo di conoscere solo cambiando vita.
Degan, che non è un attore e dunque non sa recitare, fa male al film fino ad un certo punto, poiché il suo è un personaggio di contorno come gli altri, nonostante la sua presenza sia costante nel film; lo sentiamo parlare poco – peraltro doppiato. La sceneggiatura è il neo più grande di una storia in cui i personaggi risultano banali e non comunicativi, come banali sono le considerazioni del professore sull’umanità, l’amicizia, l’amore, la chiesa, e altro, fatte passare come note di saggezza.
All’intervista a Olmi seguono il trailer e lo storyboard.
Gilda Signoretti
Voto film
Voto DVD
Regia: Ermanno Olmi
Con: Raz Degan, Michele Zattara, Yuri Dini, Roberta Marrelli, Luna Bendandi
Durata: 90′
Formato: 16/9 1,85:1
Lingua: Italiano Dolby Digital 5.1
Distribuzione: CG Home Video [www.cgentertainment.it]
Extra: Trailer, Storyboard, Intervista ad Ermanno Olmi