Esce il 24 marzo l’ultimo film dedicato a Pier Paolo Pasolini, per la regia di David Grieco. Il titolo, La macchinazione, racchiude il senso stesso dell’opera, che si muove in un periodo di tempo molto circoscritto: gli ultimi mesi di vita di Pasolini, nell’ormai lontano 1975, prima della sua tragica fine tra il 1 e il 2 novembre.
Grieco, giornalista e sceneggiatore, è qui al secondo lungometraggio, dopo il discusso Evilenko. La macchinazione è un thriller che, attraverso il materiale raccolto durante il processo sulla morte di Pasolini, segue la pista politica come base del complotto e del’omicidio dell’intellettuale bolognese. Il soggetto da cui parte il film è davvero interessante, ma è la sceneggiatura, scritta a quattro mani da Grieco con Guido Bulla, il primo elemento che non convince.
Si ha come la sensazione che sia tutto abbozzato e molto poco sviluppato, sia a livello scritturale che tecnico. Pensiamo, per esempio, al personaggio della madre di Pasolini, la maestra Susanna Colussi, interpretata da Milena Vukotic, che vediamo in due uniche sequenze che certamente non ce la raccontano, figura fondamentale nella vita del regista, come si ribadisce anche nel film stesso, e lo stesso avviene per gli altri personaggi, troppo frammentati, superficiali, appena accennati.
Massimo Ranieri si cala nei panni dell’intellettuale senza strafare, per non correre il rischio di rendere il personaggio troppo artificioso, e riesce a dimostrare molta naturalezza. Primissimi primi piani seguono l’attore, a volte fastidiosi e continui. Se è dunque affascinante assistere a quella che è un’interpretazione della sconvolgente fine di Pasolini, dall’altro il tutto viene smorzato da un mancato approfondimento che sfocia nel banale, in un crescendo di superficialità.
Eppure i ‘casi’ aperti e messi in luce nel film aprono varie ipotesi e ricostruzioni all’omicidio Pasolini, a partire dal furto della pellicola di Salò o le 120 giornate di Sodoma al possibile coinvolgimento dei servizi segreti.
L’interessamento di Pasolini verso Questo è Cefis, scritto Giorgio Steimetz – nome di fantasia del quale non è mai stata mai resa nota la reale identità, autore di un libro d’inchiesta scomodo, tanto da essere ritirato dalle librerie nel 1972, e di cui lo stesso Pasolini era riuscito ad averne una copia fotostatica – è al centro del film, poiché proprio le supposizioni fatte da Steimetz sul ruolo del presidente Eni e Montedison Eugenio Cefis – accusato di corruzioni in ambito politico e finanziario, e, tra le altre cose, di essere il mandante del disastro aereo nel quale perse la vita Enrico Mattei, fondatore e presidente dell’ENI – furono rielaborate in Petrolio, opera incompiuta del maestro, scomoda come le precedenti sue opere e ultimo atto d’accusa allo Stato e alle sue sfaccettature. Grieco immagina una conversazione tra Pasolini e Steimetz, e anche questo loro incontro si rivela solo una traccia accennata, in un film tuttavia confusionario e culminate in una purtroppo folcloristica sequenza nella quale ‘la banda’ responsabile della morte di Pasolini pare sfiorare il macchiettistico, con un Pelosi sempre più spaesato e componenti della banda impacciati e poco credibili.
Fastidiose sono le incursioni del bianco e nero e di scene volutamente solarizzate: inserti veramente gratuiti e inutili.
Dispiace che questo film, che indaga sul periodo precedente la fine di Pasolini e sulle possibili cause che hanno portato alla sua fine deluda su più punti, arrivando purtroppo a banalizzare il tutto. Rimane però l’interpretazione di Ranieri, molto bravo e calato nel ruolo.
Gilda Signoretti
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LA MACCHINAZIONE
Regia: David Grieco
Con: Massimo Ranieri, Libero De Rienzo, Matteo Taranto, Milena Vukotic, Alessandro Sardelli, Roberto Citran
Uscita in sala in Italia: giovedì 24 marzo 2016
Sceneggiatura: Guido Bulla, David Grieco
Produzione: Propaganda Italia Srl
Distribuzione: Microcinema Distribuzione
Anno: 2016
Durata: 115′