Una storia di amicizie perdute, amori perduti e umanità perduta raccontata nel bel mezzo di una misteriosa invasione aliena nella notte di Halloween.
Si terrà giovedì 14 luglio al Multisala Savoy di Roma (Via Bergamo, 25), alle ore 21.00, la proiezione di Alienween, film scritto e diretto da Federico Sfascia. Il film partecipa alla XXXVI edizione del Fantafestival [Mostra Internazionale del Film di Fantascienza e del Fantastico] nella sezione Panoramica Italia.
Alienween è la storia di 4 trentenni, diversi tra loro ma legati da una passata amicizia, che si ritrovano a passare la notte di Halloween nella vecchia casa della loro adolescenza per un festino a base di droga e prostitute. La “riunione di famiglia”, arricchita dall’inaspettato arrivo delle fidanzate gelose, prende una piega inaspettata quando una misteriosa pioggia di comete inizia a cadere dal cielo, portando con sé piccole creature aliene che infettano con il loro seme corrosivo e mutageno qualsiasi essere vivente, incluso uno dei ragazzi che porterà l’infezione nella casa. Sotto assedio sia fuori che dentro la casa, inizia la lotta disperata per la sopravvivenza e la speranza di fuga, tutti contro tutti in un’apocalisse il cui pericolo più letale sono i fantasmi del passato che i protagonisti portano dentro di loro.
Alienween è principalmente una storia di amicizie perdute, amori perduti e umanità perduta raccontata nel bel mezzo di una misteriosa invasione aliena nella notte di Halloween con humour nero, slapstick comedy e una forte stilizzazione nella fotografia, nella messa in scena e nel montaggio. L’umanità rappresentata è egoista, violenta, ignorante, autoreferenziale e completamente incapace di ogni tipo di empatia. Quindi drammaticamente comica.
–
NOTE DEL REGISTA
Alienween è principalmente una storia di amicizie perdute, amori perduti e umanità perduta raccontata nel bel mezzo di una misteriosa invasione aliena nella notte di Halloween. L’archetipo è molto classico: il legame tra invasione esterna che diventa interna, sfaldando il mondo a partire dal corpo ma soprattutto dal vissuto intimo. L’invasione è un virus di trasformazione viscerale che provoca la trasformazione dei rapporti umani. Segreti, rimorsi, colpe, amori perduti ed una visione della speranza che diventa creatrice di mostruosità piuttosto che salvifica. L’umanità che per ritrovare se stessa deve innanzitutto perdere qualsiasi speranza. L’estremizzazione visiva va verso un’ibridazione con l’animazione giapponese per raccontare la situazione sempre più assurda ed incomprensibile e spinge di più sul grottesco quando racconta le dinamiche dei rapporti umani, che sono principalmente basati sull’incomunicabilità, sulla stupidità e sulla demenza. Solo i personaggi in grado di provare o riscoprire empatia sono il gancio emotivo con lo spettatore, per questo ho voluto affidarmi ad attori dalle grandi capacità come Guglielmo Favilla, Raffaele Ottolenghi e Giulia Zeetti, in grado, con la loro interpretazione, di riportare l’atmosfera delirante e grottesca ad una dimensione molto intima ed emozionale quando la storia affronta e tocca corde melodrammatiche.
Il film si muove tra estremi all’apparenza inconciliabili (commedia grottesca, slapstick, splatter e melodramma) ma per quanto mi riguarda è la stessa curva di “toni” che ha la vita reale a seconda delle persone e delle loro interazioni. La stupidità porta alla risata amara e alla violenza; la rabbia porta conflitti; il rimorso, il rimpianto e l’amore portano al melodramma intimo. La storia passa da un registro all’altro in maniera narrativamente organica utilizzando tutto quello che serve per raccontare la storia di questi personaggi che sono meschini, bigotti, alcuni vili, altri rancorosi, altri distrutti dal dolore e dalla tristezza, egoisti e dilaniati dai sensi di colpa. Esseri umani, in tutta la loro deforme disumanità. Alla ricerca dell’empatia, che verrà fuori di pari passo con la fine di tutto. L’invasione aliena è un pretesto per queste dinamiche comiche e drammatiche.
L’altra cosa che mi interessava era raccontare l’invasione senza spiegare nulla se non quello che dei personaggi intrappolati potessero capire sulla loro pelle. Alla fine tutto si svolge quasi in tempo reale e mi piaceva l’idea di mettere lo spettatore nella stessa situazione di fuga sincopata e claustrofobia in cui si trovano i personaggi. In pratica è quello che succederebbe davvero se ci fosse un’apocalisse: non capiremmo motivi, cause e ragioni ma moriremmo urlando. E basta.
Altra caratteristica di “Alienween” è la completa artigianalità. Gli interventi in After Effects sono molto limitati e soprattutto volti a rifinire l’effetto speciale già presente in fase di ripresa o come intervento ottico. Mi affascina questo approccio perché finché si sovrappongono livelli di riprese reali, l’effetto speciale risulta più “verosimile” ed integrato all’immagine, anche nel caso della stilizzazione più estrema. Utilizzare modellini, luci, fumi d’incenso per le code delle comete, rende tutto più stilizzato e disegnato e, ai miei occhi, più coerente nel quadro d’insieme. Tutto quello che vedete nel film è frutto di effetti pratici o ottici. Tutto è reale e tangibile.
Last but not least, la colonna sonora. Composta da Alberto Masoni, la musica è un elemento fondamentale del film. Mi piaceva l’idea che l’intera storia fosse ritmata e musicale, come una litania per il mondo che muore.