La 15esima edizione del RIFF, Rome Independent Film Festival, è stata l’occasione, più unica che rara, per incontrare e fare una chiacchierata con uno dei maggiori direttori della fotografia hollywoodiani. Phedon Papamichael, già candidato al premio Oscar per la splendida fotografia in bianco e nero di Nebraska, nella sua lunga carriera ha collaborato con registi del calibro di Wim Wenders, Alexander Payne, Oliver Stone, Judd Apatow, Gabriele Muccino e George Clooney, solo per citarne alcuni. Al RIFF ha presentato il suo primo cortometraggio da regista, A beautiful day e noi c’eravamo.
Qui di seguito la nostra intervista, ma dobbiamo avvertirvi che la formalità e il distacco che di solito si percepisce con personaggi di questo livello, sono svaniti in fretta. Aspettatevi, dunque, una chiacchierata amabile tra due innamorati del cinema che saltano da argomento in argomento, attraversando la malinconia del bianco e nero, la passione per il grandangolo, le nuove tecnologie di proiezione, l’IMAX e perfino Wolverine!
[Paolo Gaudio]: Ciao Phedon, sei al RIFF per accompagnare il tuo primo cortometraggio..
[Phedon Papamichael]: Esatto! Il titolo è A beautiful day. Non avevo mai diretto un cortometraggio prima e in tutta onestà devo ammettere che non mi ero mia interessato ai corti, prima di questo. Ho sempre pensato che ci fosse troppo poco tempo a disposizione per fare evolvere i personaggi e la storia e per coinvolgere al meglio gli spettatori. Tuttavia, quando ho ricevuto questo script, sono rimasto molto colpito dal contenuto e ho compreso come questa storia fosse perfetta per essere raccontata in poco tempo. Pensa che girammo in tre giorni, lo montammo in due, uno per il compositing e il mix audio e il film era bello che pronto. Un’esperienza molto bella e rinfrescata, paragonata ai tempi lunghissimi dei lungometraggi.
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[PG]: Mi incuriosiscono molto le scelte tecniche: quale macchina da presa e quali lenti hai usato per questo tuo primo corto?
[PP]: Adoro le lenti degli anni settata. Mi piacciono molto per il taglio che hanno e per la grana che restituiscono. Ho scelto delle high-speed montate su Arri Alexa.
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[PG]: Tu ami molto questo tipo di lenti, la serie C della Primo Lens, l’hai usate anche per “Nebraska” e sempre montate su Alexa, vero?
[PP]: Assolutamente sì. Mi piace moltissimo questo look da pellicola realizzato in digitale… con tutti i vantaggi che il digitale può darci. Purtroppo, non ci sono rimasti molti laboratori a Los Angeles che possono garantirci il Digital Intermidiate, quindi lavorare in pellicola è sempre più complesso se non ci sono i mezzi adatti a disposizione. Credo che ci sia rimasto un solo laboratorio a fare questo tipo di lavoro dalle mie parti.
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[PG]: Quindi, preferisci girare in digitale piuttosto che in pellicola?
[PP]: In realtà, non m’interessa molto. Ormai, pure se scegli di girare in pellicola, le sale vogliono il DCP per proiettare, dunque dovrai per forza di cose digitalizzare tutto. Gli spettatori non si accorgono della differenza, credimi. Inoltre, se tu lavori bene sul set e hai a tua disposizione un buon colorist, puoi raggiungere risultati sorprendenti in digitale. A volte vedo delle immagini che mi sembrano troppo digitali e questo, a me personalmente, non piace tanto. Anch’io cerco definizione e pulizia, ma il look del cinema ha bisogno della grana. Ha bisogno del ‘film-look‘, mi capisci.
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[PG]: Certo. Ma per raggiungere questo risultato, giri ‘flat‘, ovvero lasciandoti grande margine di lavoro in post-produzione o prendi tutte le scelte sul set?
[PP]: Prendo tutte le mie decisioni sul set. Preparo ciò che voglio vedere insieme al mio DIT [digital imaging technician, un tecnico che fornisce al DOP assistenza tecnica per le riprese in digitale. Ad esempio, pre-visualizza la correzione colore e i possibili cambiamenti in termini fotografici. Ndr.] che mi assiste sul set e vedo già sul mio monitor gli eventuali parametri di colore che applicheremo in post. Nulla si può modificare dopo e nulla si può improvvisare. Ad esempio per Nebraska ho preparato una LUT – una sorta di pre set da tenere in memoria nella camera – che mostrava il risultato in B/N che volevo raggiungere. Tutti sul set potevano vederlo, anche Alexander, naturalmente. Quindi quando illuminavo la scena utilizzavo quella LUT, mi stai seguendo?
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[PG]: Assolutamente…
[PP]: Bene [ride]. Ricordo la prima volta che ho utilizzato il digitale ho combinato un disastro. Non conoscevo questo mezzo e ho illuminato come facevo solitamente con la pellicola, poi mi sono messo al monitor e ho detto: “Mio dio, è assolutamente orribile!”. Una volta comprese le differenze e fatti i dovuti accorgimenti, il mio lavoro resta lo stesso… che è fatto per lo più di comunicazione con il regista. Cerco di mostrargli quello che ho in mente, scena dopo scena e gli chiedo di scegliere. Una volta fatto ciò, non si torna più indietro.
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[PG]: A proposito di questo: ho letto una dichiarazione di Christopher Doyle, il quale descriveva con un certo disappunto, l’attitudine di Jodorowsky, con cui ha lavorato di recente, a voler fare molti cambiamenti in fase di correzione colore.
[PP]: Capisco il suo disappunto! Questo è davvero un grosso problema. Io dico sempre ai registi con cui lavoro: “Ti piace questa idea? Ti senti a tuo agio se illumino in questo modo? Perché altrimenti cambiamo.” Pensare di poter fare tutto in post è una vera follia. Molti registi sul set ti approvano qualsiasi decisione, mentre durante la correzione colore vorrebbero mettere mano a tutto il tuo lavoro, ma cambiare lo schema della luci è davvero difficile… devi credermi.
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[PG]: Ci credo. Tu hai lavorato con moltissimi importanti registi come, Oliver Stone, Wim Wender o James Mangol…
[PP]: Domani rientro a Los Angeles e mi vedo con James [Mangol]. Dobbiamo girare delle riprese aggiuntive del suo ultimo film.
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[PG]: Aspetta: l’ultimo film di Mangol è “Logan”. Il nuovo film su Wolverine, o sbaglio?
[PP]: Non sbagli affatto. E’ proprio quello. Dobbiamo girare degli esterni e il programma è di un paio di giorni.
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[PG]: Ci puoi dire qualcosa in merito al film? Cosa dobbiamo aspettarci?
[PP]: Non posso dirti granché, solo che si tratta di un film molto scuro, con atmosfere molto dark. Molto controverso per essere un cinecomic.
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[PG]: Tu sei un maestro del B/N. Ti è capitato di vedere il trailer di “Logan” su Youtube virato in bianco e nero?
[PP]: No, ma chi l’ha fatto?
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[PG]: Dei fan del film, credo e il risultato è sorprendente.
[PP]: Immagino. Questo film avrà dei neri molto contrastati, quindi una versione in B/N sarebbe magnifica. Tuttavia, lo Studio non farà mai un film del genere in bianco e nero. E’ molto difficile non usare il colore a Hollywood. Sai quanti film sarebbero stati migliori in bianco e nero? Centinaia.
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[PG]: Uno dei tuoi, ad esempio?
[PP]: Beh, Biancaneve e il Cacciatore sarebbe stato fantastico!
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[PG]: Sei influenzato dal lavoro degli altri tuoi colleghi?
[PP]: Certo. Inconsciamente, immagino di subire moltissime influenze. Mentre quando ero più giovane adoravo il lavoro di Robert Muller e di Vittorio Storaro. Sono un fotografo prima di essere un direttore della fotografia, quindi per me la composizione e la luce naturale è molto importante. Ogni fotogramma è importante. Non trascuro mai questo aspetto e ciò fa di me un tipo classico. Ad esempio, ho rivisto Fargo dei Fratelli Coen in aeroplano mentre venivo a Roma e che dire: assolutamente brillante. In Nebraska abbiamo provato ad ottenere lo stesso risultato.
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[PG]: Adoro il modo in cui in “Nebraska” tu, e naturalmente Alexander Payne, avete raccontato lo spazio, inquadratura dopo inquadratura.
[PP]: Grazie. Noi non usiamo storyboard o una lista di inquadratura. Non abbiamo un approccio estetico in questo senso. Osserviamo come gli attori si muovono durante le loro prove e poi piazziamo la macchina da presa. Ed è quasi sempre il posto giusto. Tuttavia, questo lavoro funziona con Alexander. Con Mangol non sarebbe mai possibile farlo.
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[PG]: Neanche con Oliver Stone, temo.
[PP]: Assolutamente. Oliver vuole utilizzare tutti i gadget possibili, quindi la preparazione è tutto. Ho lavorato anche con Gore Verbisky per The Wather Man e anche lui cercava un’estetica molto precisa, tutto il resto era condizionato da questa ricerca. Ma per me va benissimo, che sia chiaro. L’unica cosa che m’interessa è fare del buon cinema.
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[PG]: Quindi apprezzi anche i blockbuster e i film di Genere?
[PP]: Se sono buoni mi piacciono eccome! Ho amato molto The Lone Ranger, oppure The Ring. Apprezzo anche i film di Chris Nolan, per farti un altro esempio, ma non molto quelli della Marvel. Intendiamoci, tecnicamente sono perfetti, ma è il lato emotivo che mi lascia perplesso… non so. C’è gente che dice che Batman ha un grande script, io avrei qualche dubbio in merito. Io preferisco la realtà e i rapporti umani e cosa accade in relazione a questi. Non m’importa se si tratta di una piccola produzione o meno.
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[PG]: Hai parlato di Nolan, lui ama moltissimo l’IMAX. Tu cosa ne pensi?
[PP]: Mi fai ripetere, Paolo… come ti ho detto, se funziona per la storia ogni cosa va bene. Ad esempio, ricordo di aver visto Avatar in IMAX 3D: stupefacente. Ma non tutte le storie hanno necessariamente bisogno di immagini di quella grandezza.
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[PG]: Ma l’hai visto in digitale o con la proiezione 70mm?
[PP]: Non lo so… non riesco a ricordarmelo.
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[PG]: Per caso eri al teatro IMAX di New York in Lincoln Center?
[PP]: No. Mi trovavo a LA negli Studi Universal. Probabilmente era in digitale. Comunque, visto che sei appassionato di queste cose, posso dirti che ho assistito alla proiezione di Revenant con il sistema Laser della Dolby. Una cosa da togliere il fiato! I neri sono incredibili e la definizione è perfetta. Purtroppo è molto caro, infatti credo che solo un paio di cinema a Los Angeles proiettano in Laser. El Capitan senz’altro.
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[PG]: Forse anche il Chinese Theathre?
[PP]: Può darsi, ma temo che non molte persone possano permetterselo.
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[PG]: Ultima domanda Phedon: ti piace usare il grandangolo? Io l’adoro.
[PP]: Certamente. Anche a me piace molto. Ma lo uso quando necessita il suo utilizzo. Non faccio primi piani con il 10mm. A te piace quello, vero?
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[PG]: Esatto…
[PP]: Lo sapevo. [ride molto]. Però posso dirti che il mio prossimo film lo farò con un aspetc ratio poco usato al cinema, ma che va fortissimo su Instagram: l’1:1. Sarà magnifico, vedrai.
Paolo Gaudio
Roma, novembre 2016