Jacqueline Kennedy aveva solo 34 anni quando suo marito venne eletto Presidente degli Stati Uniti.
Elegante, piena di stile ed imperscrutabile, divenne immediatamente un’icona in tutto il mondo, una delle donne più famose di tutti i tempi. Il suo gusto nella moda, negli arredi e nelle arti divenne per molti un modello da imitare. Poi, il 22 novembre 1963, durante un viaggio a Dallas per la sua campagna elettorale, John F. Kennedy venne assassinato e l’abito rosa di Jackie si macchiò di sangue. Quando Jackie salì sull’Air Force One per tornare a Washington, il suo mondo – così come la sua fede – erano andati in pezzi. Sotto choc e sconvolta dal dolore, nel corso della settimana successiva fu costretta ad affrontare momenti che non avrebbe mai immaginato di dover vivere: consolare i suoi due bambini, lasciare la casa che aveva restaurato con grande fatica e pianificare le esequie di suo marito. Jackie capì subito però che quei sette giorni sarebbero stati decisivi nel definire non solo l’immagine e l’eredità storica di John F. Kennedy, ma anche come lei stessa sarebbe stata ricordata.
In un intervento al Bobbio Film Festival del 2014, Gianni Canova si è soffermato sul tema del potere, e in particolare sulle dinamiche che si innescano nel suo racconto, mettendo a confronto il cinema italiano e quello americano. Per Canova il cinema italiano, da sempre legato al “feticcio del realismo”, quando intende raccontare il potere giunge alla consapevolezza di dover forzare i limiti del linguaggio. Il cinema americano, quando racconta il potere o gli uomini di potere li chiama con nome e cognome [Nixon, JFK, Lincoln, J. Edgar]. Il cinema italiano, invece, ha bisogno di maschere [Il divo, Il caimano].
Partendo da questo presupposto, che non tocca Jackie e il suo regista ad un livello primario, ma in maniera più profonda, ci si può chiedere il tipo di ragionamento effettuato da Larraìn nel momento in cui si è trovato di fronte ad una figura come quella di Jaqueline Kennedy.
Larraìn viene da un contesto cinematografico molto diverso da quello americano e, inoltre, da un film da lui stesso definito ‘anti-biopic’ come Neruda; quindi è quantomeno curioso vedere come al suo primo film americano, il regista cileno debba confrontarsi con una figura realmente esistita e ormai divenuta icona.
Da un punto di vista, il film può essere considerato come un biopic di stampo americano nel suo voler prendere di petto una figura [e non Jaqueline Kennedy o la First Lady, ma Jackie] in un ristretto arco di tempo e spremerla per catturarne l’essenza, ma dall’altro si allontana da questo universo per provare a raggiungere, purtroppo non totalmente, le vette di Neruda.
E’ un’utopia, ma sarebbe stato bello vedere un racconto sul processo di ricostruzione della realtà [tema che interessava probabilmente di più a Larraìn] messo in atto da questa figura, e non sulla figura in sé e sul suo universo. E’ come se questi due temi viaggiassero su binari paralleli destinati a non incontrarsi mai.
Su un altro binario ancora vi è Natalie Portman, la quale è impeccabile, forse fin troppo. Si ha la sensazione che in alcuni punti la perfezione non lasci spazio all’emozione, alla profondità, al buio interiore del personaggio.
Ma tutto ciò è compensato dalla macchina da presa e dalle potenti immagini [e ce ne sono diverse che restano fisse in mente] che spesso riescono a raccontare più in profondità delle parole; che in fin dei conti è ciò che deve fare il grande cinema, ed è ciò che da sempre fa Larraìn, da cui forse ci si aspettava un ulteriore passo in avanti, un’ennesima rottura degli schemi e una ancor più profonda immersione nelle nebbie della realtà.
Egidio Matinata
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JACKIE
Regia: Pablo Larraìn
Con: Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Greta Gerwig, Billy Crudup, John Hurt, Richard E. Grant, John Carroll Lynch, Beth Grant, Max Casella, Caspar Phillipson
Uscita in sala in Italia: giovedì 23 febbraio 2017
Sceneggiatura: Noah Oppenheim
Produzione: Jackie Productions Limited, Protozoa, LD Entertainment, Fabula, Wild Bunch, Why Not Productions
Distribuzione: Lucky Red, 3 Marys Entertainment
Anno: 2016
Durata: 99’