On The Milky Road è il nuovo, bellissimo film di Emir Kusturica. Dopo il passaggio in concorso alla 73esima Mostre d’Arte Cinematografica di Venezia, il film arriva finalmente anche nelle sale italiane. Il regista, tra i pochi vincitori di ben due Palme d’Oro, ha presentato questa sua ultima fatica alla stampa nostrana in compagnia di Monica Bellucci. Noi eravamo lì.
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[InGenere Cinema]: Com’è nata l’idea che ha portato a “On The Milky Road”? So che sono stati necessari quattro anni di lavorazione…
[Emir Kusturica]: Tutto è iniziato da tre storie che mi vennero in mente, ma non nello stesso momento. L’uomo che trasportava il latte l’ho ascoltata a Mosca: andava avanti e indietro per portare il latte e nel suo cammino dava da bere ad un serpente. Poi quello stesso serpente gli salvò la vita, proprio come succede nel mio film. La seconda proviene dalla Croazia: una ragazza ucraina che visse a Roma, torno all’inizio della guerra e lavora come spia. Una donna bellissima che fece innamorare il generale inglese che uccise sua moglie per lei. Ho messo insieme queste due storie insieme ad una terza ovvero quella di un uomo che si salva grazie ad un gregge di pecore. Ho messo tutto insieme e sono partito per questo viaggio durato molti anni.
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[InG]: Com’è stato lavorare con un autore come Emir Kusturica?
[Monica Bellucci]: È stata una prova che mi ha cambiato la vita. Lavorare con un grande artista ti ispira e ti fa fare cose difficili, dure ma sempre con entusiasmo. Abbiamo girato per quattro anni e in momenti differenti, tuttavia mi sono sempre divertita. Questo film è una storia d’amore adulta, tra persone adulte. L’amore, la sessualità non sono legate alla giovinezza: un uomo che resta in vita perché la morte non lo vuole e una donna che fugge alla ricerca del suo posto. Una favola magnifica.
[EK]: Monica è in una forma molto più smagliante rispetto a Sandra Bullock e quando non voleva fare le cose assurde che le chiedevo di fare, le ricordavo che Sandra l’avrebbe fatto. In fondo, Il vero James Bond sono io, non quello con cui hai lavorato lei [ride].
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[InG]: Tre storie vere per una favola: c’è anche mitologia. Omero ma anche Esópo. C’è attenzione per la cultura greca?
[EK]: In realtà è un esigenza, quella che ho, di lavorare sugli archetipi. Conosco la mitologia, ma ho anche idee folli: ho sempre creduto che l’arca di Noé non avrebbe dovuto fare ciò che ci hanno raccontato. Ma mi sarebbe piaciuto vederla sbarcare nella New York contemporanea. In un autentico inferno moderno. In questo modo riesco a connettermi con la modernità, attraverso gli archetipi, la religione e la mitologia. Inoltre, voglio ringraziare la distribuzione italiana, perché ha deciso di correre questo rischio. Scegliendo di distribuire questo mio film, hanno combinato l’amore per il cinema e la voglia di cambiare le cose. Questa pellicola è una di quelle da grande schermo, non adatta ai tablet o ai telefono. Il futuro del cinema ci riserverà cose differenti: faremo moltissimi film, molti di più di quelli che facciamo oggi e quelli da sala li tratteremo come oggi trattiamo l’opera. I giovani fruiscono il cinema attraverso la rete perdendo il suo senso. Il cinema segue molto la TV oggigiorno, non ci sono più grandi film e per questo sono molto grato a questa distribuzione che mi ha garantito la sala anche nel vostro paese.
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[InG]: Una battuta del film recita: “la bellezza è la mia condanna”, sei d’accordo? Inoltre, il brano che canti in italiano, lo hai scelto tu?
[MB]: Emir, che ha scritto il film, conosce molto bene le donne e le ama profondamente. Quella battuta mi ha colpito molto e temo che sia un po’ vera: la bellezza provoca tanta curiosità, ma spesso tale curiosità si trasforma in desiderio di distruggerla. Fu Gaspar Noé a dirmi questa cosa mentre giravamo Irreversible. Questa violenza è molto attuale e, ahimè, quotidiana. Tuttavia, il grande cinema di Emir riesce a raccontare questo con tutta la ferocia e il ribrezzo necessari ma anche con poesia e tenerezza.
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[InG]: Gli ultimi film ai quali hai partecipato sono tutti stranieri: cosa sta succedendo tra te e il nostro cinema?
[MB]: È un momento molto delicato per il nostro cinema. Sono molto legata alla mia terra e spesso all’estero mi chiedono cosa succede in Italia e alla nostra cinematografia. Rispondo solo che il problema è politico. Si fanno troppe poche opere prime e questo ci castra e non fa emergere i nuovi talenti. Per quanto riguarda me, io scelgo progetti interessanti che mi stimolano e mi consentono di crescere come attrice e come donna, poco importa da quale nazione provengano.
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[InG]: Kusturica ha senza dubbio una grandissima passione per gli animali: in questo film si nota un legame molto forte con un falco pellegrino. Come hai raggiunto questo livello di complicità e confidenza?
[EK]: In realtà anch’io sono un animale, quindi sono uguale ai miei collaboratori. Il mondo esisteva da molto prima della nostra comparsa e oggi a causa nostra vive un momento davvero complesso. Non siamo i proprietari della Terra, ma al contrario è lei che ci possiede. In fondo finiremo sotto terra presto o tardi. Abbiamo desiderato la perfezione ma non siamo mai riusciti ad essere migliori. Un grande filosofo americano disse: in cinquemila anni abbiamo migliorato due concetti, la protezione delle donne e della Terra. In effetti stiamo prendendo coscienza di questi due problemi. Tuttavia, credo che anche gli animali rappresentino un valore da difendere. Bisogna curarli e amarli. Il falco che avete visto nel film stava sempre con me, Monica lo ricorderà. All’inizio della nostra relazione mi graffava e mi pizzicava, ma con il tempo, ci sono voluti tre anni, si è affezionato a me. Siamo diventati amici molto stretti e ho goduto di tutta la sua fiducia e credo che nel film si veda.
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[InG]: “On the Milky Road” uscirà in Italia in trenta copie e solo in sale d’essei, nessun multisala. Non temo che questa scelta possa allontanare il pubblico più giovane?
[EK]: Prima di essere un cineasta, credo di essere un contadino, coltivo cibo biologico, quindi 30 copie vanno benissimo. Detto questo, il mio prossimo film sarà cinese e dovrebbe essere distribuito in 40000 sale! Ma la Cina è la Cina! Non mi interessa il mainstream… quindi 30 copie vanno più che bene.
Paolo Gaudio
Roma, maggio 2017