Era il mese di giugno del 1982, quando Blade Runner di Ridley Scott uscì nelle sale per la prima volta. Il film fu un fiasco al botteghino e la critica, inizialmente, fu decisamente tiepida nell’accogliere l’adattamento cinematografico di un racconto di Phillip Dick, che rese celebre il cyberpunk in tutto il mondo. Ne è passato di tempo d’allora – 35 anni, per l’esattezza – e ben sette versioni della medesima pellicola che, ad oggi è riconosciuta all’unanimità come un capolavoro assoluto. Nel corso di questi anni, nessuno si sarebbe mai immaginato che Hollywood avrebbe realizzato un sequel da quel capolavoro, appunto. Ma l’attualità ci sta dimostrando come ormai gli Studios non possono più permettersi iniziative come quella di Scott del 1982. Non è più possibile non “serializzare”, non concepire ogni progetto come un grande contenitore da riempire con diversi film da distribuire ciclicamente anno dopo anno. Quindi, ciò che sembrava impossibile, è diventato possibile.
Per farlo, questo seguito, s’intende, è stato scelto Denis Villenueve, un autore 2.0, che si propone di realizzare film personali attraverso il linguaggio più mainstream del cinema di Genere. Ed ecco a voi, Blade Runner 2049, il sequel di un capolavoro.
Dopo una serie di violente rivolte avvenute nel 2020, i replicanti prodotti dalla Tyrell sono stati messi al bando. Nello stesso anno, un grande black out che ha distrutto quasi completamente ogni dato digitale del pianeta, e gravi cambiamenti climatici hanno dato il via a una stagione di carestie, cui si è sopravvissuti solo grazie alle colture sintetiche della Wallace, una società con a capo il misterioso Neander Wallace che – grazie a quei profitti – ha poi acquisito anche le tecnologie della Tyrell, sviluppando così una nuova serie di replicanti completamente ubbidienti all’uomo e dalla longevità indefinita. Nel 2049 a Los Angeles regna quindi un ordine apparente: o almeno fino quando l’Agente K, uno dei Blade Runner incaricati di ritirare i vecchi modelli che ancora vivono in clandestinità, fa una strana scoperta nel corso di una missione, dissotterrando così un segreto rimasto tale per anni, la cui rivelazione potrebbe rivelarsi un evento catastrofico.
Diciamolo subito: era davvero molto difficile non farsi male con questo seguito. Troppe aspettative, troppa ambizione, troppo desiderio di mostrare le proprie capacità e di essere all’altezza del film originale.
La strada era stretta e decisamente scivolosa, dunque. Tuttavia, quella di Villenueve non è stata una scelta casuale, ma anzi, molto ponderata e intelligente. Addirittura furba, per certi aspetti, in quanto, l’amore del regista canadese per un cinema estremamente estetico e raffinato, ha permesso di evadere molti di questi problemi. Blade Runner 2049 accresce l’esperienza cinematografica, espandendone a dismisura l’aspetto visivo e immaginifico. Tale esperienza è più simile a quella che si può fare quando si visita una cattedrale o un monumento, ciò che si ha davanti agli occhi lo si scopre e lo si visita nello stesso momento. Così, la pellicola di Villenueve, si lascia ammirare per oltre due ore e cinquanta, restituendo la sensazione di aver attraversato un percorso, un territorio, piuttosto che aver assistito al dipanarsi di una vicenda. Infondo, i temi trattati sono i medesimi di quelli del film dell’ottantadue – di cui non parleremo per espressa richiesta da parte del regista – così come le implicazioni sentimentali, etiche e spirituali. Ciò che è davvero sorprendente è il lavoro di sintesi estetico che questo cineasta è riuscito a fare, che si allontana da quella di Scott, eppure gli somiglia terribilmente.
In Blade Runner, il futuro veniva immaginato, mostrato, descritto e vissuto. Appariva lontanissimo, eppure possibile, eccitante nel suo essere eccentrico, ma anche temibile e violento. Questi elementi mescolati insieme, rendevano il futuro un posto oscuro ma erotico, piovoso ma caldo. Molti lo hanno sperato un nuovo millennio cyberpunk come quello, ma non si è verificato.
Oggi, che nel duemila ci viviamo, quella espressione del futuro, appare decadente, come i ruderi di una antica civiltà. Villenueve fa proprio questo sentire e costruisce la Los Angeles del 2049 rispettando la visione proposta all’epoca, spogliandola, tuttavia, di sex appeal, impoverendola, o più semplicemente, invecchiandola. Il futuro osservato dal 1982, visto dal 2017, restituisce la stessa sensazione che da un mangia-nastri: è stato all’avanguardia, ora non più. Osservare gli ologrammi della pubblicità della Coca-Cola o i cartelloni luminosi dell’Atari fare bella mostra di sé in una LA del ‘futuro-passato’, cattura e incanta. Poco importa se l’empatia con i personaggi o con la storia non fa perfettamente centro.
Blade Runner 2049 ci abbaglia con una fantascienza decadente, fragile e ricoperta di neve. Ci mostra l’età adulta di questo Genere e rende magnifico, uno sbaglio enorme, come quello di sequel di un capolavoro.
Paolo Gaudio
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BLADE RUNNER 2049
Regia: Denis Villenueve
Con: Ryan Gosling, Harrison Ford, Ana de Armas, Jared Leto, Sylvia Hoeks, Robin Wright, Mackenzie Davis, Dave Bautista
Uscita sala in Italia: giovedì 5 ottobre 2017
Sceneggiatura: Hampton Fancher, Michael Green
Produzione: Alcon Entertainment, Scott Free Productions, Thunderbird Films
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Anno: 2017
Durata: 152′