C’è uno spettro che aleggia su ogni produzione firmata Carlo Verdone dal 2000 a oggi. Questo spettro non risparmia nessuno e avvolge le menti degli spettatori, dei collaboratori e, naturalmente, dello stesso regista. Per neutralizzare questo spettro si è fatto ricorso a qualsiasi tipo di modernismo tematico e drammaturgico. A idee di cast sprezzanti o più rassicuranti. A preti, disoccupati, separati e perfino a un investigatore privato, ma niente. Lo spettro resta lì a fissarci tutti dritto negli occhi.
Questo spettro è la nostalgia. Nostalgia di ciò che è stato, senza dubbio, di quanto il cinema di Verdone abbia significato per la nostra commedia e – diciamolo pure – per la crescita di molti di noi. Ma anche la nostalgia di non avere più strumenti per cambiare la situazione. Di aver perso l’attimo in cui reinventarsi e provare qualcosa di completamente diverso era possibile. Quando la follia era un’opportunità e rappresentava un veicolo essenziale per fare il cinema. Nulla di tutto questo è più possibile, ahimé. E la follia diventa ordinaria, prevedibile, stanca e benedetta.
Benedetta Follia segue le vicende di Guglielmo, uomo di specchiata virtù e dalla grande fede cristiana, proprietario di un negozio di articoli religiosi e alta moda per vescovi e cardinali. I valori su cui l’uomo ha fondato la sua esistenza crollano all’improvviso quando sua moglie Lidia lo abbandona dopo venticinque anni di matrimonio, proprio nel giorno del loro anniversario.
La vita però riserva ancora qualche sorpresa allo sfortunato Guglielmo, che in una giornata come tante nel suo negozio riceve la visita di un’imprevedibile candidata commessa: Luna, una ragazza di borgata sfacciatissima e travolgente, volenterosa ma altrettanto incapace, e adatta a lavorare in un negozio di arredi sacri come una cubista in un convento. Luna spingerà l’abbottonato datore di lavoro attraverso un mondo bizzarro di single allo sbaraglio, fatto di appuntamenti al buio, app di incontri come “Lovit” e rovinosi tentativi di trovare l’anima gemella.
Quando abbiamo letto che la coppia di sceneggiatori del momento, Nicola Guaglianone e Menotti, autori del grande successo Lo chiamavano Jeeg Robot, avrebbero scritto il nuovo film di Carlo Verdone, le aspettative hanno raggiunto vette notevoli. Ma, sfortunatamente, quello spettro ha colpito ancora. Già, perché fatta eccezione di un paio di scene inconsuete per il regista di Un Sacco Bello, tra le quali una sequenza onirica degna del Grande Lebowsky con omaggio involontario ad Hunter Thompson, Benedetta Follia si rivela assolutamente in linea alla filmografia più recente del nostro amato Carlo. Anzi, si potrebbe scorgere anche il tentativo deludente di omaggiare una carriera che ha raggiunto i quarant’anni di attività. Non a caso la scena d’apertura propone un Verdone ringiovanito digitalmente – manco fosse un supereroe Marvel – e riportato indietro nel tempo al 1993. In sella a una moto da cross, in perfetto stile Troppo Forte, corteggia sfacciatamente e goffamente la signorina malcapitata di turno che lo osserva perplessa, ma divertita.
Il taglio di montaggio ci riporta ai giorni nostri, Verdone, o meglio il personaggio che sta interpretando, è invecchiato e in una sartoria sta preparando l’abito talare di un cardinale con qualche problema di peso. Bene, il film è appena all’inizio e quello spettro appare già trionfante e fiero. E ancora il meglio deve arrivare. Subito dopo il primo colpo di scena – la moglie lo lascia per la commessa del suo negozio – Verdone s’imbatte in maniera casuale, ma un tantino forzata, nella giovane coatta ed esuberante che lo spingerà a vivere situazioni lontanissime dal suo quotidiano. Alla mezz’ora è definitivamente chiaro che nonostante gli autori della sceneggiatura siano due innovatori – almeno così pare – Benedetta Follia si colloca assolutamente nel solco e nel ricordo di quel cinema che ha fatto la fortuna di questo cineasta. Sfortunatamente, da troppo tempo, la ricerca di una tematica attuale o meno rappresenta l’unico spunto che sembra incuriosire o scuotere Carlo Verdone, il quale, pellicola dopo pellicola, appare sempre più stanco e disincantato.
Quasi come se il cinema non lo divertisse più, o semplicemente, angosciato da un sentimento nostalgico che gli ramenta di non essere più quello di una volta. Si percepisce nettamente il terrore di essere inadeguato alla contemporaneità, di inseguirla e di non riuscire a restituirne un autentico punto di vista. L’ossessione per il racconto di un fenomeno sociale, sia esso la diffusione delle app per incontri romantici o la condizioni dei padri separati, sta riducendo drasticamente la spontaneità e il genio di colui il quale è riconosciuto da molti come l’erede di Alberto Sordi. D’altronde, affrontare la vecchiaia per i grandi artisti è sempre molto faticoso, e forse per Verdone lo è ancora di più. I suoi personaggi, i film e perfino le battute presenti in essi, hanno formato tre generazioni di spettatori italiani, ai quali solo il faccione del buon Carlo ricorda momenti del passato, dell’infanzia e dell’adolescenza. Momenti che difficilmente torneranno.
Purtroppo, la nostalgia è uno spettro difficile da esorcizzare, perfino al cinema, perfino alla commedia, perfino per Carlo Verdone.
Paolo Gaudio
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BENEDETTA FOLLIA
Regia: Carlo Verdone
Con: Carlo Verdone, Ilenia Pastorelli, Maria Pia Calzone, Lucrezia Lante della Rovere, Paola Minaccioni, Elisa Di Eusanio, Francesca Manzini
Uscita sala in Italia: giovedì 11 gennaio 2018
Sceneggiatura: Carlo Verdone, Nicola Guaglianone, Menotti
Produzione: Aurelio De Laurentiis & Luigi De Laurentiis
Distribuzione: Filmauro
Anno: 2018
Durata: 109’