Trovare il proprio sguardo è un’operazione assai difficile. Distinguersi mostrando un punto di vista personale e autentico che possa rappresentare la cifra stilistica ed espressiva di un vero autore, non è cosa da tutti. Ne sa qualcosa Hiromasa Yonebayashi, allievo del gigante Hayao Miyazaki, giunto al suo terzo lungometraggio e costretto a mettersi in proprio a seguito della chiusura della casa di produzione di capolavori come La Città Incantata o La Principessa Mononoke. Costretto nel perpetuare lo spirito dello Studio GhibliMary e il fiore della Strega, racconta la storia di un singolare fiore azzurro, che sboccia una volta ogni sette anni tra gli alberi di una foresta incantata. E della piccola Mary Smith, che trascorre le vacanze in campagna, nei pressi di quella magica foresta, esattamente nel periodo della miracolosa fioritura.
Pur di sfuggire all’ennesimo pomeriggio sonnolento in compagnia della vecchia prozia Charlotte, la sconsiderata Mary insegue un gattino randagio nel folto di una foresta minacciosa. Perse immediatamente le tracce del fuggiasco, l’attenzione della ragazzina viene catturata da un bellissimo fiore azzurro che risplende tra le erbacce. Il fiore conferisce a Mary incredibili poteri magici: per un po’ vola a cavallo di un manico di scopa imbizzarrito, prima che il legno dispettoso la scaraventi sull’uscio di un’importante scuola di magia. L’istituto chiamato Endors College, diretto dall’esuberante Madama Mumblechook e dal brillante Dottor Dee, non convince l’astuta Mary, che per sopravvivere nell’universo sconosciuto abitato da maghi e creature fantastiche, decide di rubare un libro molto speciale.
L’esordio del neonato Studio Ponoc pone un grande interrogativo: quando gli artisti orfani del Ghibli riusciranno a emanciparsi dal lascito creativo del loro Maestro? Ogni scelta in Mary e il fiore della Strega appare come un’assordante eco del lavoro di Miyazaki: il tratto del disegno, la scelta delle palette di colore, nonché il flow dell’animazione, ma non solo. Anche il contenuto ricorda la poetica dell’ultimo genio vivente dell’animazione nipponica. Il mondo fantastico posto dietro casa, l’ordinario che si rivela straordinario, l’avventura favolistica che concede la maturazione e la crescita di una giovane bimba curiosa e solitaria. E ancora, gli animali quali amici fedeli, le creature bizzarre e minacciose, la famiglia disfunzionale, la magia e perfino il volo, vero marchio di fabbrica del creatore di Totoro. Un lungo déjà-vu che sfortunatamente non incanta, ma ahimé, fa emergere il desiderio di rivedere gli splendidi cartoni animati di Miyazaki.
Un disastro penserete voi. Assolutamente no. Il cinema d’animazione, infatti, ha un pubblico di riferimento molto specifico e Yonebayashi lo sa molto bene. Sotto quest’ottica Mary e il Fiore della Strega è un film godibile, dal ritmo gradevole e dall’inaspettata morale umanista. Sorprende come la magia e la possibilità di esercitarla perda di fascino nel cuore della nostra protagonista, la quale, nel momento cruciale della pellicola troverà la forza per rinunciare all’arte magica a favore della normalità genuina e autentica. Lontanissimo dalle avventure di Harry Potter, Mary e il fiore della Strega è una favola sulla lentezza di alcune giornate estive, che a undici anni, possono apparire come un’enorme opportunità d’avventura.
Paolo Gaudio
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MARY E IL FIORE DELLA STREGA
Regia: Hiromasa Yonebayashi
Uscita sala in Italia: giovedì 14 giugno 2018
Sceneggiatura: Hiromasa Yonebayashi
Produzione: Amuse, Chukyo TV, D.N. Dream Partners
Distribuzione: Lucky Red
Anno: 2018
Durata:103’