Nella Roma del 1952, Furio Momentè, giovane funzionario del Ministero, viene mandato dai suoi superiori fino a Venezia per cercare di mediare una situazione di stampo politico delicatissima: dopo che un ragazzino ha ucciso un suo coetaneo convinto che fosse posseduto dal Demonio, la madre della vittima ha preso posizione contro la Chiesa e, di conseguenza, contro la Democrazia Cristiana.
Il giovane funzionario dovrà evitare che nel processo in corso venga in qualche modo coinvolto qualsiasi esponente della Chiesa, ma mentre attraversa l’Italia in treno per arrivare nella laguna veneta, scoprirà dai verbali degli interrogatori del giudice istruttore che le sinistre vicende nascondono ben altro: lo attenderanno, prima a Venezia e poi nel Polesine, in quell’entroterra al confine tra l’Emilia e il Veneto, una serie di eventi, incontri e situazioni che sfoceranno in un autentico incubo ad occhi aperti.
Pupi Avati ritorna al suo amato gotico con un film molto atteso, tratto dal suo omonimo romanzo, che non delude le aspettative ma anzi, le soddisfa appieno se non di più: Il Signor Diavolo è innanzitutto un gioiello di film, a partire dalla realizzazione tecnica, di alta eccellenza, fino al sublime cast artistico che impersona i personaggi che via via scorrono sullo schermo.
Tutto in questo film rasenta la perfezione: Avati narra come pochi sanno fare, la paura cresce lentamente fino a raggiungere un climax finale di rara tensione, quando meno te lo aspetti dietro l’angolo c’è il terrore. La sinistra e straordinaria fotografia di Cesare Bastelli riprende le vicende come una sequela di quadri terrificanti in una macabra galleria d’arte, gli attori feticcio di Pupi fanno il loro gioco interpretando preti, chierici, abati e giudici mentre la musica di Amedeo Tommasi – che torna a curare la colonna sonora di un film di Avati dal lontano 1978, anno de Le strelle nel fosso – suggella la pellicola attraverso una partitura densa di mistero e inquietudine.
Con Il Signor Diavolo, Pupi Avati è tornato ai fasti de La casa dalle finestre che ridono [1976] e Zeder [1983], e chi conosce bene questi due capolavori del thriller e horror italico sa bene di cosa stiamo parlando. Il nuovo film dell’autore emiliano consacra definitivamente il Genere apponendo una terza pietra miliare in quello che lui stesso ha definito “gotico” delle nostre terre: finalmente, dell’oscuro lato di Avati si sono accorti tutti, compresi i massimi esponenti della critica nostrana – andate a leggere le straordinarie parole di Canova e Caprara – e se qualcuno ha avuto il coraggio di dire – o meglio, di scrivere – che in questo Signor Diavolo vi ha visto solamente elementi e situazioni di un certo cinema degli anni Settanta, arrivando a paragonarlo al thriller-horror di Argento [parliamo di livelli alti, ma di tematiche, sviluppi e atmosfere completamente differenti], significa che di cinema non ha capito nulla.
Chapeau a Pupi Avati che in cinquant’anni di carriera ha cavalcato con sapienza e maestria quasi tutti i Generi, trovando nel tempo una sua cifra stilistica che si è riversata in ognuno dei suoi film: e se i suoi fantastici si contano sulle dita di una mano, rallegriamoci di questo e ricordiamoci sempre che son pochi, ma buoni.
Luca Servini
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IL SIGNOR DIAVOLO
Regia: Pupi Avati
Con: Gabriele Lo Giudice, Filippo Franchini, Cesare S. Cremonini, Massimo Bonetti, Lino Capolicchio, Chiara Caselli, Gianni Cavina, Alessandro Haber, Andrea Roncato
Uscita in sala in Italia: giovedì 22 agosto 2019
Sceneggiatura: Pupi Avati, Antonio Avati, Tommaso Avati
Produzione: Duea Film, Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Anno: 2019
Durata: 86’