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FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2019 – Report #03

Quarto giorno: il primo film italiano, l’incontro con un grande scrittore americano e un ottimo film macedone.

IL LADRO DI GIORNI di Guido Lombardi

Salvo, undici anni, vive con gli zii in Trentino. Il giorno della sua prima comunione, mentre gioca a pallone con gli amici, compare inaspettatamente suo padre Vincenzo. Salvo lo riconosce a stento, non vedendolo ormai da sette anni, quando due carabinieri lo portarono via dalla loro casa in Puglia.

Insieme partono per il Sud, in un viaggio che potrebbe diventare una pericolosa resa dei conti.

Il film è buono e si regge principalmente sul rapporto, le battute e le situazioni che si vengono a trovare tra i personaggi di Scamarcio e del giovane Augusto Zazzaro; anche dal punto di vista visivo la macchina da presa fa il suo dovere, ma c’è comunque qualcosa che non torna.

Prima di tutto, diventa difficile giustificare alcune scelte ed entrare in empatia con i personaggi in alcune svolte della trama e, soprattutto, c’è uno squilibrio tra come viene presentato il personaggio di Vincenzo e poi il suo modo di comportarsi in seguito.

C’era la possibilità di fare un film davvero cattivo e disperato, invece il finale si sposta verso una drammaticità esasperata e una sorta di moralismo deviato. Peccato.

INCONTRO CON BRET EASTON ELLIS

In occasione dell’uscita del suo nuovo lavoro, Bianco [Einaudi], Bret Easton Ellis si inserisce nella galleria di scrittori protagonisti [Donna Tartt, Jonathan Safran Foer, Palahniuk e altri ancora] degli incontri ravvicinati della Festa del Cinema sotto la guida di Antonio Monda.

Protagonista della letteratura mondiale contemporanea, Ellis ha firmato una serie di best seller difficilmente catalogabili, di cui American Psycho è certamente il più famoso. Ma in questo incontro il suo pensiero limpido, consapevole, violento e nichilista, si è messo al servizio non del racconto della sua carriera, ma del cinema che più ha amato: quello americano degli anni ’70.

In una lunga cavalcata che va da Novecento di Bertolucci a Il lungo addio di Altman, da L’ultimo spettacolo di Bogdanovich a Carrie di Brian De Palma, si avverte la grandezza e la portata di un periodo storico in cui il cinema è stato fatto in un modo mai visto prima e che avrebbe poi condizionato inevitabilmente tutto il cinema che sarebbe venuto. Unito a questo racconto macroscopico, si avverte il peso avuto da quel periodo dal giovane Ellis per la sua formazione umana e culturale. Uno degli incontri più belli e interessanti della Festa del Cinema.

WILLOW di Milcho Manchevski

Tre storie di maternità in Macedonia, una nel passato, due nel presente. Una donna anziana si offre di aiutare una coppia che non riesce a concepire, a patto che le lascino tenere il primogenito. Rodna e il marito non possono avere figli, finché non provano la fecondazione in vitro, ma si trovano davanti a una scelta difficile. La sorella di Rodna ha adottato un bambino di cinque anni. È molto intelligente, ma non dice una parola. E un giorno, improvvisamente, sparisce.

Si tratta di un film molto affascinante e anche spiazzante, con quel primo episodio ambientato in un mondo rurale e antico che ricorda, come effetto e stranezza, ma non per durata, l’incipit di A Serious Man dei fratelli Coen. Tutti i temi legati alla maternità, alla vita di coppia e alla voglia di diventare genitori sono raccontati con tatto, senza facile o inutile moralismo e con una certa semplicità legata al quotidiano, ma allo stesso tempo si ha la sensazione che per gli esseri umani non ci sia la possibilità di dominare il destino e che bisognerebbe rassegnarsi al volere di forze che agiscono su livelli superiori.

Egidio Matinata

 

InGenere Cinema

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