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GLI UOMINI D’ORO di Vincenzo Alfieri

Torino, 1996. Luigi, impiegato postale con la passione per il lusso e le belle donne, ha sempre sognato la baby pensione e una vita in vacanza in Costa Rica. Quando il sogno si dissolve scopre di essere disposto a tutto, persino a rapinare il furgone portavalori che guida tutti i giorni. Un colpo grosso, un piano perfetto. Niente armi, niente sangue. Un disegno criminale per cui avrà bisogno del suo migliore amico Luciano, ex postino quarantenne insoddisfatto, e soprattutto dell’ambiguo collega Alvise, tutto casa e famiglia e con una vita apparentemente senza scosse. Nella banda anche un ex pugile, il Lupo, legato a Gina, una donna forse troppo bella e forte per lui, e a Boutique, un couturier d’alta moda con un’insospettabile doppia vita.

Si avverte da qualche anno un fermento nel cinema italiano, soprattutto da parte di giovani autori [Mainetti, Sibilia, i fratelli D’Innocenzo, Stasi e Fontana], che tende a smuovere le acque dei Generi, recuperando e arricchendo una tradizione o inserendone alcuni poco canonici per il nostro cinema.

Se pochi anni fa con Veloce come il vento Matteo Rovere aveva voluto vestire un dramma in piena regola da film sportivo all’americana, farcito con tutte le caratteristiche necessarie a quel Genere [il tema della seconda occasione, una sceneggiatura classica con tutti gli elementi al loro posto, una grande interpretazione molto fisica], quest’anno Vincenzo Alfieri, già regista de I peggiori, decide di tentare con l’heist movie, il film di rapina.

Gli uomini d’oro ha molte caratteristiche, tra cui la frammentazione temporale, il racconto in capitoli, la costruzione dei personaggi, la frenesia dei movimenti di macchina e del montaggio, che fanno pensare a due registi come Tarantino e Guy Ritchie. Se per il secondo non c’è un debito dichiarato, il regista di Pulp Fiction figura invece per stessa ammissione di Alfieri come una fonte d’ispirazione primaria, o meglio, come se fosse una caratteristica già insita nella storia: “Ho capito che avrei dovuto raccontare questa storia quando ho letto l’articolo del giornalista Meo Ponte del 1996 in cui diceva: Se ne facessero un film comincerebbe come I Soliti Ignoti e finirebbe come Le Iene di Tarantino”.

La prima parte del film è molto coinvolgente, immersiva e adrenalinica, i personaggi sono allo stesso tempo credibili ma anche “costruiti” e caratterizzati cinematograficamente, la posta in gioco sale di pari passo alla tensione. Oltre al racconto di una rapina, c’è anche il racconto di una mascolinità debole e quasi impotente attraverso i quattro protagonisti, tra cui spiccano Giuseppe Ragone e un inedito Fabio De Luigi.

Ed è un peccato che il film vada a calare nel terzo atto, quando i nodi vengono al pettine in un finale troppo leggero e con poco pathos rispetto a quanto visto in precedenza, con un cambiamento forse troppo repentino verso una tipologia di crime più cupo e disperato.

Non è un film perfetto ma è certamente un film coraggioso, con un proprio carattere e una propria personalità, dal quale traspare la passione sincera di un autore che speriamo possa continuare a migliorare.

Egidio Matinata

GLI UOMINI D’ORO

Regia: Vincenzo Alfieri

Con: Giampaolo Morelli, Fabio De Luigi, Edoardo Leo, Gian Marco Tognazzi, Giuseppe Ragone, Mariela Garriga, Matilde Gioli, Susy Laude

Uscita in sala in Italia: giovedì 7 novembre 2019

Sceneggiatura: Vincenzo Alfieri, Alessandro Aronadio, Renato Sannio, Giuseppe G. Stasi

Produzione: Italia International Film con Rai Cinema

Distribuzione: 01 Distribution

Anno: 2019

Durata: 110

InGenere Cinema

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