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I DUE PAPI: La Conferenza Stampa

Roma, mercoledì 11 dicembre 2019 – Conferenza stampa del film I due papi, con l’attore Jonathan Pryce, il regista Fernando Meirelles e i produttori Dan Lin e Tracey Seaward.

 

Qual è stato il rapporto con lo Stato Vaticano durante la realizzazione del film?

[Tracey Seaward]: I rapporti con il Vaticano sono stati molto stretti e di enorme collaborazione. Ci hanno dato grandissimo sostegno e pieno accesso agli archivi della televisione vaticana. Credo che sia successo per la prima volta, perché in passato ne avevano consentito l’accesso solo per documentari, mai per il cinema.

[Dan Lin]: Abbiamo avuto un enorme rispetto per la Chiesa e i due Papi sono stati trattati con estremo equilibrio nel rapporto tra di loro.

C’è qualche alto prelato che ha visto il film? Si prevede di farlo vedere al Papa?

[TS]: Il team di Netflix ha organizzato una proiezione per la sala stampa del Vaticano e sappiamo che la reazione al film è stata molto positiva.

[Fernando Meirelles]: Non è ancora prevista una proiezione per il Papa, ma abbiamo dei contatti con un cardinale molto vicino a lui, e speriamo tramite sua intercessione di poter convincere il Santo Padre a vedere il film.

[TS]: Quando ho terminato di lavorare alla produzione di The Queen – La regina, mi sono chiesta se la Regina Elisabetta avesse visto il film. Poi ho saputo, tramite una delle sue assistenti, che la Regina lo aveva visto e che lo aveva molto apprezzato, quindi è probabile che il Papa veda il nostro nuovo film e che ne verremo subito a conoscenza.

Il segreto a cui si allude nel film, ovvero la confessione che Ratzinger fa a Bergoglio: si tratta dello scandalo di Maciel, dei Legionari di Cristo? È quello il segreto?

[FM]: Quando era cardinale, Ratzinger era certamente in possesso di alcuni dossier al riguardo, quindi questo è veritiero. Tutte le informazioni che vengono date nel film sono state enormemente ricercate. Abbiamo girato molto materiale su Padre Maciel, sugli abusi nei confronti dei bambini. C’erano molti più dialoghi riguardanti questa situazione e l’analisi andava molto più a fondo. Poi abbiamo visto che, in qualche modo, questo sbilanciava il film. Si sarebbe incentrato di più sui peccati della Chiesa, mentre invece volevamo che si incentrasse sui due Papi, che fosse un film sul perdono, sulla riconciliazione. Perciò abbiamo deciso di non approfondire e se lo avessimo fatto sarebbe diventato un’altra cosa. Un buon film, certo, ma non quello che avevamo intenzione di realizzare.

Sig. Meirelles, una parte molto importante del film riguarda l’ombra che avvolge Bergoglio, ovvero la questione dei desaparecidos in Argentina. Lei ha ricostruito molto bene quali furono le sue responsabilità, come andarono le cose. Quali tipo di ricerche ha svolto e come è arrivato a questa descrizione?

[FM]: La questione argentina è molto nota a tutti e non è stato difficile fare ricerche su un regime così brutale. Dovevamo solo decidere fino a che punto volevamo indagare sulla questione. Volevamo senz’altro riconoscere quello che aveva fatto la Giunta argentina e quello che era stato il coinvolgimento di Padre Bergoglio, anche perché lui si sente colpevole di tutto ciò, ed era un questione di cui volevamo indagare. Mi sono recato in Argentina e ho parlato con dei seminaristi, con tante persone che avevano lavorato con Bergoglio e la mia grande sorpresa è stata che a nessuno piaceva quando era cardinale. Dicevano che era un uomo molto sulle sue, che non sorrideva mai, molto diverso dall’immagine del Papa che conosciamo. Uno dei suoi consulenti mi ha detto che non gli piaceva per niente e poi quando l’ha visto uscire dal balcone di San Pietro e sorridere, una volta eletto, si è chiesto “ma chi è questa persona? È un uomo che non conosco! Ho lavorato con lui per anni, eppure non ne so niente”. Quindi quello che mi interessava era capire come, quando e perché era cambiato quest’uomo.

Sig. Pryce, lei si è ritrovato a recitare per la prima volta con Anthony Hopkins. Che tipo di rapporto si è stabilito fra voi due?

[Jonathan Pryce]: Il mio rapporto con Anthony si rispecchia in quello fra Bergoglio e Ratzinger nel film. Siamo partiti con un atteggiamento di sospetto, non sapevamo come trattarci l’uno con l’altro. Un po’ come due cani che si incontrano e cominciano ad annusarsi. Poi il rapporto è cresciuto, si è sviluppata un’amicizia. È stata una gioia lavorare con lui. Sul set, sul piano del giorno e in base alle varie scene dei personaggi, a ciascun attore veniva attribuito un numero. A fianco al mio nome c’era scritto “Numero 1” e al suo “Numero 2”. Quando ci incontravamo a colazione, lui mi diceva scherzando, in italiano, “Buongiorno, numero 1” e di conseguenza gli rispondevo “Buongiorno, numero 2”. Verso la fine delle riprese mi mandò delle mail, dove alla fine mi salutava con “Sir numero 2”. È stato molto divertente.

Che tipo di preparazione ha dovuto affrontare per diventare Bergoglio, un papa che tutti conosciamo e che è già nell’immaginario collettivo? Che idea si è fatto dell’uomo, del pontefice?

[JP]: Sembra proprio che fossi destinato fin dalla nascita a interpretarlo! Il giorno in cui è stato eletto Papa, internet si è riempito di immagini con lui di fianco a me nel ruolo dell’Alto Passero [personaggio de Il trono di spade]. Addirittura uno dei miei figli mi ha telefonato chiedendomi “Papà, sei tu il Papa?”. Questo ha fatto in modo che io mi sentissi, in un certo senso, già pronto. È stato il primo papa a cui ho prestato veramente attenzione, perché mi è sembrato che riuscisse a parlarmi, che avesse davvero qualcosa da dire a me e alle persone di tutto il mondo. Sono cresciuto come un cristiano di fede protestante. L’ho sempre visto non tanto come un leader religioso, ma come una figura politica. Quello che lui dice della società, sulla necessità di un cambiamento in relazione all’ambiente, all’economia, alla crisi dei rifugiati, sono cose che fanno appello alla nostra coscienza. Se andiamo a guardare quella che è la leadership degli Stati Uniti o quella futura del mio paese, di cui non riesco neanche a pronunciare il nome, ma solo le iniziali “B.J.”, direi che abbiamo bisogno di figure dall’intelletto superiore e che abbiano capacità di cui i nostri politici non sono dotati.

[FM]: Sono perfettamente d’accordo con quanto detto da Jonathan. Papa Francesco mi è piaciuto sin dall’inizio, quasi come se fosse una pop star. Mi piacciono i suoi progetti, in particolar modo quando ha pubblicato Laudato si’, l’enciclica sull’ambiente. Da quel momento è diventato una persona interessantissima su cui mi interessava indagare un po’ di più. È l’unico che affronta il tema sulla distruzione del nostro mondo, di cui sono estremamente pessimista al riguardo. Abbiamo superato una linea di non ritorno ed è l’unica grande voce che ci dice che dobbiamo iniziare a cambiare. È quasi buffo che un papa abbia scritto un’enciclica basandosi sulla scienza, mentre Trump e quell’idiota che abbiamo in Brasile scrivono cose basate sulle loro semplici convinzioni personali. Con gente del genere è bene che un papa di questo tipo parli al mondo.

[JP]: Non è stato facile interpretarlo. È una persona per il quale ho provato una profonda empatia. Ho guardato tantissimi video su YouTube per imparare il suo modo di parlare, la sua andatura. Ho imparato un po’ di spagnolo, un po’ di italiano, un po’ di latino. La ricerca mi ha portato anche a me studiare la Giunta militare in Argentina e quello che ha passato Bergoglio in quel periodo. Sono riuscito a vederlo in maniera diversa rispetto a quando si è affacciato a quel balcone in Vaticano, durante la sua elezione.

Sui motivi delle dimissioni di Papa Benedetto XVI si sono fatte molte teorie. Quella ufficiale è che lui non fosse più fisicamente in grado di andare avanti. Voi sollevate l’idea che il Papa non sentisse più la voce di Dio. A quale fonte avete attinto, visto che tutto ciò che ha scritto in seguito sembra dichiarare il contrario?

[FM]: L’idea era già nella sceneggiatura e a dire il vero non ne ho mai parlato con Anthony McCarten. Non so da dove l’abbia presa. Diciamo che si tratta di una sua creazione, perché aveva bisogno di trovare una ragione particolare per giustificare la rinuncia di Ratzinger. Quel momento viene definito come “l’oscura notte dell’anima”, ed è un’esperienza che fanno in molti. Ognuno di noi può perdere il contatto con la cosa in cui crede e questa perdita può durare molto, può durare settimane oppure anni. È proprio questo alla base del film e cioè il tema della spiritualità. C’è anche un bellissimo discorso fatto da Bergoglio nella sua sperduta parrocchia in Argentina, dove parla proprio del momento in cui perde il contatto con le cose in cui crede. Successivamente è Ratzinger a perdere questo contatto. Anche se probabilmente non è mai accaduto, è una cosa molto vera, indipendentemente dal fatto che tu sia un praticante di Yoga, oppure un buddista: si tratta comunque di una questione di spiritualità ed è questo il tema di fondo.

[DL]: In conclusione, questo film ci piace perché è un film diverso, estremamente complesso e stratificato. L’aspetto più interessante è che Fernando sia riuscito a umanizzare entrambi i Papi. Loro sono la voce di Dio, ma allo stesso tempo bevono Fanta, mangiano pizza e guardano le partite di calcio insieme. È stato proprio questo che mi ha toccato profondamente: sono uomini anche loro, vivono il dolore, la sofferenza e questo rende il film estremamente complesso.

[TS]: Il messaggio chiave del film è quello di “costruire ponti, non muri”. Impariamo ad ascoltarci l’uno con l’altro.

A cura di Luca Pernisco

Roma, dicembre 2019

InGenere Cinema

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