E non ci riferiamo soltanto al suo talento d’attore che non ha più bisogno di alcuna conferma. Ma soprattutto, a quella capacità di condividere con il pubblico un personale viaggio nel multiforme corpo della lingua italiana.
Dopo Gadda, Pavese e Pasolini, eccoci approdare a una nuova tappa di questo straordinario percorso con Fatalità della rima: Fabrizio Gifuni legge Giorgio Caproni, ipnotico reading che il Teatro Vascello ha proposto agli spettatori della Capitale.
Nato a Livorno nel 1912, morto a Roma nel 1990 ma profondamente legato a Genova e all’entroterra ligure, Giorgio Caproni è stato poeta, critico, narratore, a lungo maestro elementare, eccelso traduttore dal francese [sua la famosa versione di Morte a credito di Céline]. L’autore del Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee è ritenuto il poeta italiano più vicino a Fernando Pessoa e ai suoi eteronimi, per sensibilità e per l’adesione all’idea di poesia come finzione. Asciutta e musicale, la sua scrittura riduce al minimo il rumore delle parole, realizzando una metrica molto vicina alla compilazione di uno spartito.
Caproni è un musicista che suona il linguaggio e le parole, attraverso rime e assonanze concrete e potenti. La sua ricerca poetica colpisce e affascina ancor prima che per i suoi contenuti per il suono che le parole usate producono. Tutta la poesie andrebbe letta ad alta voce, ma in questo caso è un imperativo assoluto. Gifuni lo ha compreso molto bene proponendo un’ora di lettura intensa, affabulante e musicale.
Fatalità della rima alterna l’interpretazione di poesie estratte da vari momenti e periodi della produzione di Caproni raccolti in L’opera in versi, nonché riflessioni in prosa sul mestiere di poeta tratte dalla conferenza di Giorgio Caproni sulla poesia, tenuta il 16 febbraio 1982 al Teatro Flaiano di Roma. Quest’ultima risulta essere un’intuizione particolarmente vincente: Gifuni interpreta Caproni utilizzando voce e accento del poeta che si materializza sul palco davanti a un pubblico del futuro.
Emoziona e ipnotizza la simbiosi tra l’attore e il poeta, come se lo spirito e l’arte di quest’ultimo si fosse impossessato dell’interprete consentendo a chi osserva di godere di un momento che trascende quello presente. La poesia da sempre anela all’eternità e anche in un’epoca come questa che tutto consuma nel giro di pochi istanti, Fatalità della rima aggiorna questo alto proposito. Idee, parole e sentimenti sono ciò che rimangono e che ci rappresentano anche se quelle idee, parole e sentimenti non sono esattamente le nostre. Caproni descrive il poeta come uno speleologo che scava la propria anima raggiungendo profondità sconosciute e lì, in quegli abissi trova l’anima di tutti gli altri. Per questo la poesia non apparterrà mai a chi la scrive, ma solo a chi ne ha bisogno. Quindi, non ci resta che leggere le poesie di questo autore – ma anche di altri – ad alta voce e raggiungere l’eterno.
Questo Gifuni lo fa e continuerà a farlo. Per questo motivo è un gigante.
Paolo Gaudio
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FATALITÀ DELLA RIMA: Fabrizio Gifuni legge Giorgio Caproni
Regia: Fabrizio Gifuni
Con: Fabrizio Gifuni
Testo: Giorgio Caproni
Teatro e date: Teatro Vascello, Roma – dal 17 al 23 febbraio